Truffa, diritto di querela, gestore dell'esercizio commerciale, commercializzazione di beni in nome e per conto dell'impresa, legittimazione

Corte di Cassazione, sez. II Penale, Sentenza n.37012 del 30/06/2016 (dep. 06/09/2016)

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Truffa, diritto di querela, gestore dell'esercizio commerciale, commercializzazione di beni in nome e per conto dell'impresa, legittimazione

Il diritto di querela per il delitto di truffa spetta anche al gestore dell'esercizio commerciale che, indipendentemente dalla formale investitura dei poteri di rappresentanza legale da parte dell'impresa fornitrice dei beni oggetto del reato, li abbia commercializzati in nome e per conto della stessa, assumendosi in prima persona la responsabilità di qualsivoglia operazione inerente alla vendita del prodotto medesimo.

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Cassazione penale sez. II, 30/06/2016, (ud. 30/06/2016, dep. 06/09/2016), n.37012

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con sentenza del 29/9/2015 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 22/2/2011 dal Tribunale di Parma, condannava Ma.Pa. e M.C., con la recidiva contestata, alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione ed Euro 200,00 di multa ciascuno, in ordine al delitto di truffa, esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 7, ritenuta dal primo giudice. 

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il difensore, nell'interesse dell'imputato M.C., chiedendone l'annullamento. Al riguardo, deduce, quale unico motivo, la violazione ed erronea applicazione delle norme processuali e sostanziali che regolano l'esercizio del diritto di querela. In particolare, per essere stata la querela presentata da soggetto non legittimato, in quanto privo dei poteri di rappresentanza legale dell'impresa che effettuò la fornitura degli alimenti oggetto del contratto (il Caseificio denominato "(OMISSIS)"), a nulla valendo che egli sia il responsabile dell'esercizio commerciale che contrattò con gli imputati. A conferma della fondatezza di tale eccezione il ricorrente cita le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza di primo grado, la quale ha escluso la procedibilità riguardo il delitto di falsità in scrittura privata originariamente contestato al capo b) della rubrica, proprio sul rilievo che mancava la querela della persona offesa, da individuarsi nel legale rappresentante del Caseificio, il quale assume forma societaria. 

3. Il ricorso è infondato. Invero, la Corte territoriale ha compiutamente evidenziato le rationes in forza delle quali al gestore dell'esercizio commerciale ove venne perpetrata la truffa (tale B.), al di là dell'assenza di formale investitura dei più ampi poteri per la rappresentanza legale della società, vada riconosciuta la qualità di persona offesa dal reato e, dunque, la titolarità del diritto di querela. 

Al riguardo, si è fatto riferimento alla circostanza che l'esercizio commerciale era direttamente gestito dall'offeso, il quale vendeva il parmigiano reggiano ivi prodotto in nome e per conto del predetto caseificio, ma assumendosi in prima persona la responsabilità di qualsivoglia operazione commerciale inerente alla vendita del prodotto. La circostanza, dunque, che anche il B. sia il titolare del bene interesse protetto dalla norma e non il semplice danneggiato dal reato, appare, del resto, altresì confermata dalla stessa puntuale ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, i quali hanno evidenziato come il querelante dovette poi risarcire il caseificio per la vendita effettuata agli imputati. 

Da ciò si ricava, dunque, che unico interlocutore e parte contrattuale del negozio di vendita fu proprio il B., tanto che fu proprio questi a ricevere, in pagamento, il falso assegno, così assumendo sulla sua esclusiva persona il rischio di impresa. La circostanza, poi, che fu il querelante ad informarsi presso la propria banca del buon fine del titolo, rivela un ulteriore particolare della vicenda, ossia che l'assegno non venne girato al caseificio, ma direttamente all'offeso, il quale si trovò così esposto verso l'azienda in ragione di una vendita, alla quale si era autonomamente determinato, di prodotti che già si trovavano presso il suo esercizio. Il diritto di querela risulta, pertanto, correttamente esercitato da soggetto legittimato. 

4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. 

5. La natura non particolarmente complessa della questione consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Sentenza a motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2016.

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