Illecita detenzione di stupefacenti, concorso nel reato, autonoma fattispecie di favoreggiamento personale, discrimine

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, Sentenza n.4169 del 13/12/2022 (dep. 01/02/2023)

Pubblicato il
Illecita detenzione di stupefacenti, concorso nel reato, autonoma fattispecie di favoreggiamento personale, discrimine

In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Cassazione penale sez. IV, 13/12/2022, (ud. 13/12/2022, dep. 01/02/2023), n.4169

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma il 30 novembre 2021, in parziale riforma della sentenza, appellata dagli imputati, con cui il Tribunale di Roma il 19 febbraio 2019, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto C.P. e T.M. responsabili di detenzione illegale di MDMA e di hashish, condotte qualificate come violazione, rispettivamente, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, commi 4 e 5, ed il solo C. anche del delitto di evasione dagli arresti domiciliari, fatti tutti commessi il (Omissis), in conseguenza condannando ciascuno, senza attenuanti, alla pena di giustizia (due anni e otto mesi di reclusione e 10.000,00 Euro di multa, quanto a C., e due anni e sei mesi di reclusione e 8.00,00 Euro di multa, quanto alla T.), con l'aumento per la continuazione quanto a C. ed operata la diminuzione per il rito per entrambi, invece ha assolto gli imputati dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, limitatamente alla detenzione di MDMA, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ed ha rideterminato la pena per entrambi (due anni, sette mesi e dieci giorni di reclusione e 9.800,00 Euro di multa quanto a C. e un anno e dieci mesi di reclusione 6.000,00 Euro di multa quanto a T.) in relazione ai residui illeciti, concedendo a T.M. i benefici della pena sospesa e della non menzione.

2. Ricorrono per la cassazioné della sentenza entrambi gli imputati, tramite separati ricorsi curati da distinti Difensori di fiducia.

3. La Difesa di C.P. si affida a quattro motivi con i quali denuncia violazione di legge (tutti i motivi) e vizio di motivazione (il terzo ed il quarto motivo).

3.1. Con il primo motivo lamenta la violazione del divieto di reformatio in peius (art. 597 c.p.p.), per non avere la Corte di appello, pur assolvendo l'imputato da un segmento di condotta contestata al capo A) dell'editto, cioè la detenzione illecita di MDMA, proporzionalmente ridotto la pena inflitta all'imputato.

3.2. Con il secondo motivo censura violazione di legge in relazione qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A), non avendo ritenuto - si stima, illegittimamente ed erroneamente - il fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 in relazione alla detenzione di droga leggera. La motivazione reiettiva al riguardo che si rinviene alla p. 8 della sentenza impugnata, valorizzando la quantità in effetti non minimale (156,87 grammi lordi di hashish), tuttavia non terrebbe conto: che parte della sostanza era destinata al consumo personale; che nell'abitazione dell'imputato non è stato trovato denaro; che le modalità di occultamento erano rudimentali, peraltro poste in essere mentre era agli arresti domiciliari, controllato dalla polizia giudiziaria, quindi incompatibili con un'attività professionale; che la sostanza era droga leggera; che C. è giovanissimo.

3.3. Tramite l'ulteriore motivo si duole promiscuamente di violazione di legge (art. 385 c.p.) e di vizio di motivazione quanto all'affermazione di responsabilità penale in relazione al reato di evasione di cui al capo B), in quanto, essendo l'imputato salito sul terrazzo condominiale e, quindi, sul tetto, a ben vedere non si sarebbe allontanato dalle pertinenze dell'abitazione.

Si richiama giurisprudenza di legittimità stimata pertinente.

3.4. Oggetto dell'ultimo motivo di impugnazione è violazione degli artt. 62-bis e 133 c.p. e, nel contempo, difetto di motivazione quanto al diniego delle attenuanti generiche, basato esclusivamente sui precedenti penali dell'imputato, peraltro non in giudicato, trascurando il comportamento collaborativo, avendo l'imputato ammesso i fatti e chiesto il giudizio abbreviato, la giovanissima età ed il fragile contesto sociale. Peraltro, ad avviso del ricorrente, il riconoscimento delle attenuanti generiche avrebbe potuto "compensare" la mancata applicazione del minimo edittale.

4. Il ricorso nell'interesse di T.M. è articolato in due motivi.

4.1. Con il primo motivo lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in merito alla mancata riqualificazione della condotta concorsuale addebitata alla ragazza nel meno grave reato di favoreggiamento personale, come sostenuto tramite il terzo motivo di appello, con vero e proprio travisamento da parte dei decidenti del significato della ospitalità offerta dalla ragazza all'amico quale indice significativo di compartecipazione illecita.

In realtà, l'unica condotta addebitabile alla ragazza consiste nell'avere gettato la droga dalla finestra - ciò che dovrebbe valutarsi come favoreggiamento, mentre l'ospitalità all'amico - fatto neutro - era stata data non già dall'imputato, ma dalla di lei madre, come pure emerge dalla prima parte (p. 2) della sentenza impugnata.

4.2. Con l'ulteriore motivo denuncia violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e artt. 62-bis e 133 c.p. in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla complessiva determinazione del trattamento sanzionatorio, che si stima essere eccessivamente severo, giustificato in base all'atteggiamento non collaborativo della ragazza ed alla mancata emersione di elementi positivi (p. 9).

In realtà - si osserva - non si può addebitare alla ragazza la mancata ammissione dei fatti, che è concreto esercizio del diritto di difesa, e si è trascurato che la stessa è giovanissima (venti anni), priva di precedenti e che lavora, sia pure senza regolare contratto, circostanze che la Difesa aveva indicato.

I ricorrenti chiedono, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

5. Il P.G. della S.C. nella propria requisitoria scritta del 23 novembre 2022 ha chiesto rigettarsi i ricorsi.

6. La Difesa dell'imputata T. con memoria del 1 dicembre 2022, replicando alle conclusioni del P.G. del 19 settembre 2022, ha insistito nella configurabilità del reato di favoreggiamento anziché di concorso in detenzione di droga, ribadendo che la prima parte della condotta - la disponibilità all'accoglienza - dipendeva dalla volontà della madre di M., non già della giovane M., e che la droga era tutta in luoghi nella disponibilità di C.P..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono parzialmente fondati e devono trovare accoglimento, nei limiti e per le ragioni di cui appresso.

2. Si prenda le mosse dal ricorso nell'interesse di C.P..

2.1. Con il primo motivo, come si è visto, la Difesa lamenta la violazione del divieto di reformatio in peius, per non avere la Corte di appello, pur assolvendo l'imputato da un segmento di condotta contestata ai capo A) dell'editto, cioè la detenzione illecita di MDMA, proporzionalmente ridotto la pena inflitta all'imputato.

Il motivo è fondato.

Il P.G., che ha chiesto la reiezione del ricorso, alla p. 3 della requisitoria afferma che la detenzione di MDMA (fatto già qualificato come violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5) e di hashish non costituiscono segmenti di una unica condotta ma reati autonomi e distinti, già ritenuti avvinti ex art. 81 c.p. e che la Corte di appello (alla p. 9 della sentenza) ha eliminato l'aumento per l'ulteriore fatto di droga, residuando solo l'aumento per l'evasione.

L'assunto non è condivisibile.

Alla p. 9 della motivazione, infatti, la Corte territoriale manifesta espressamente perplessità sia circa i criteri con cui il primo Giudice ha calcolato la pena, criteri che definisce, alla lettera, "poco chiari" sia circa la portata dell'aumento operato dal Tribunale in continuazione e, ciononostante, pur "alla luce dell'assoluzione che oggi si pronuncia in relazione alla detenzione dell'extasy", ritiene, tuttavia, illogicamente, che "possa essere mantenuta ferma, per il C., la pena base individuata dal primo giudice nella misura di anni tre emesi nove di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa per il reato di cui all'art. 73, comma 4 TULS", pena di cui, tuttavia, non giustifica sufficientemente la severità.

2.2. Non fondato, invece, risulta il secondo motivo di ricorso (con cui si denunzia la mancata riconduzione della detenzione della droga leggera al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5); infatti, si legge alle pp. 3 e 4 della sentenza del Tribunale che si potevano ricavare dalla quantità rinvenuta 2.369 dosi medie singole, ciò che viene indicato come indice di una fiorente attività di spaccio, alla p. 8 della sentenza di appello; non senza trascurare che sono stati rinvenuti anche un bilancino e bustine di cellophane (come si legge alla p. 7 della sentenza impugnata).

Si tratta di ragionamento in linea con l'insegnamento di Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076, secondo cui l'accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione (con richiamo a Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, Rv. 216668).

2.3. Destituito di fondamento il terzo motivo (con il quale si lamenta l'illegittimità e l'ingiustizia della condanna per evasione, poiché l'imputato, secondo la Difesa, si trovava comunque in una pertinenza dell'abitazione): infatti, è di tutta evidenza che il tetto, pur appartenente al condominio, dove C.P. è stato visto arrampicarsi e nascondere parte della droga non è una parte dell'abitazione ove gli era stato ordinato di rimanere senza allontanarsi (come già correttamente ritenuto alla p. 8 della decisione impugnata, con richiamo di pertinente giurisprudenza, ed alla p. 4^ della sentenza di primo grado).

2.4. In relazione al terzo motivo (con cui si contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche), alle pp. 8-9 della decisione di appello ed alla p. V di quella del Tribunale si legge che non emergono elementi positivi per l'attenuazione di pena, che l'imputato ha confessato solo per scagionare la coimputata e che lo stesso ha precedenti specifici, sia pure non in giudicato.

Si tratta di motivazione nel complesso sufficiente ed immune da vizi sindacabili in sede di legittimità, oltre che genericamente contestata nel ricorso.

2.5. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di C.P., limitatamente al trattamento sanzionatorio.

3. Si passi al ricorso nell'interesse di T.M.

3.1. Con il primo motivo, come si è visto, si censura la mancata riqualificazione del concorso ex art. 110 nel reato di detenzione illecita di droga in quello di favoreggiamento.

Ebbene, dalle informazioni fornite dai Giudici di merito risulta che, quando la Polizia ha fatto irruzione nell'appartamento, la ragazza ha lanciato un sacchetto contenente droga ed un bilancino dalla finestra (p. 3^ della sentenza di primo grado e p. 5 di quella di appello).

I Giudici hanno ritenuto avere avuto la ragazza un atteggiamento attivo di nascondimento della droga (p. 4^ della decisione del Tribunale e pp. 6-7 di quella di appello) ed avere, prima ancora, offerto ospitalità al ragazzo (p. 7 della sentenza di appello).

3.2. Appare opportuno richiamare alcuni recenti precedenti di legittimità:

"In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso nel reato e l'autonoma fattispecie di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatasi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna a titolo di concorso per la detenzione di stupefacente, desumendo l'elemento soggettivo dalla condotta dell'imputata, tesa a disfarsi dello stupefacente mentre era sola in casa, sapendo dove la droga fosse custodita, e così dimostrando la sua autonoma disponibilità della sostanza)" (Sez. 4, n. 28890 del 11/06/2019, Merolla, Rv. 276751);

"In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra la condotta che costituisca concorso nel reato e la condotta che invece dia luogo all'autonomo reato di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatesi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione del reato. (Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per la detenzione di stupefacente a titolo di concorso, in ragione della mancata verifica dell'elemento soggettivo relativo alla condotta dell'imputata, integrata dall'aver gettato gli involucri contenenti lo stupefacente fuori dal veicolo in cui si trovava il coimputato, reo confesso, precisando la necessità di desumerlo da individuabili modalità pratiche, riferibili ad epoca antecedente all'attività elusiva)" (Sez. 4, n. 6128 del 16/11/2017, dep. 2018, Forgiarini, Rv. 271968);

"In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra la condotta che costituisca concorso nel reato e la condotta che invece dia luogo all'autonomo reato di favoreggiamento personale va rintracciato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto, per verificare se l'aiuto da questi consapevolmente prestato ad altro soggetto, che ponga in essere la condotta criminosa costitutiva del reato permanente, sia l'espressione di una partecipazione al reato oppure nasca dall'intenzione - manifestatesi attraverso individuabili modalità pratiche - di realizzare una facilitazione alla cessazione del reato. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto, sulla base dell'analisi delle contingenze di fatto così come emergenti dalla sentenza di merito, che entrambi gli imputati, ancor prima che si concretizzasse il tentativo - da parte del preteso favoreggiatore - di lanciare la droga dalla finestra, avessero concorso per un lasso di tempo non insignificante a detenere consapevolmente la droga medesima)" (Sez. 4, n. 12793 del 06/02/2007, Camera e altro, Rv. 236195).

3.3. Alla stregua dei - condivisibili - precedenti richiamati, la sentenza impugnata risulta carente quanto all'approfondimento del tema della sussistenza o meno dell'elemento soggettivo del concorso nella detenzione illecita ovvero nel favoreggiamento in capo all'imputa, con particolare - ma non esclusivo riferimento alla quaestio facti della concessione di ospitalità, se cioè avvenuta da parte della ragazza o della di lei madre. Infatti, ove, in ipotesi, all'esito dell'istruttoria, dovesse risultare la sola partecipazione, per così dire, "puntiforme" di T.M. al tentativo di occultamento della droga tramite il lancio della stessa dalla finestra, in assenza di elementi significativi della volontà di partecipazione al reato, dovrebbe concludersi per la sussistenza del dolo del reato di favoreggiamento.

3.4. Quanto al secondo motivo (circa il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la ritenuta severità della pena), si osserva quanto segue.

Alla p. 5^ della sentenza di primo grado si legge che non emergerebbero circostanze positivamente valutabili; lo stesso ragionamento si rinviene anche alla p. 9 della sentenza impugnata, ove si aggiunge anche che la ragazza ha avuto un atteggiamento non collaborativo, avendo negato nonostante il Carabiniere la abbia vista gettare l'involucro dalla finestra.

Ebbene, anche sotto tale profilo il ricorso è fondato: infatti, negare la responsabilità costituisce, a ben vedere, concreto esercizio del diritto di difesa; inoltre, nell'atto di appello (sesto motivo, pp. 8-9) la Difesa aveva già espressamente segnalato la assoluta incensuratezza della ricorrente e, anzi, la mancanza di qualsiasi segnalazione di Polizia, la giovanissima età della stessa (venti anni), la condotta sia extraprocessuale (svolgimento di attività lavorativa) che processuale (essendosi sottoposta ad interrogatorio), circostanze rispetto alle quali non si rinviene risposta da parte della Corte territoriale.

4. Discende la statuizione in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.P. limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Roma.

Annulla la medesima sentenza nei confronti di T.M. quanto alla qualificazione giuridica del fatto e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2023.

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472