Codice Civile > Articolo 5 - Atti di disposizione del proprio corpo

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Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrita' fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume.
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[1] La L. 3 aprile 1957, n. 235 ha disposto (con l'art. 1, commi 1 e 2) che "E' consentito il prelievo di parti del cadavere a scopo di trapianto terapeutico se il soggetto ne abbia dato autorizzazione.
In mancanza di disposizioni dirette della persona, il prelievo e' consentito qualora non vi sia opposizione da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado".

[2] La L. 26 giugno 1967, n. 458 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "In deroga al divieto di cui all'articolo 5 del Codice civile, e' ammesso disporre a titolo gratuito del rene al fine del trapianto tra persone viventi".

[3] La L. 3 aprile 1957, n. 235, come modificata dalla L. 2 aprile 1968, n. 519, ha disposto (con l'art. 1, comma 2) che il prelievo di parti di cadavere e' pure consentito su tutti i deceduti sottoposti a riscontro diagnostico a norma dell'articolo 1 della legge 1 febbraio 1961, n. 83, a meno che l'estinto non abbia disposto contrariamente in vita, in maniera non equivoca e per iscritto.

[4] La L. 22 maggio 1978, n. 194 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternita' comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e' avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a una struttura sociosanitaria a cio' abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia".

[5] La L. 14 aprile 1982, n. 164 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "La rettificazione di cui all'articolo 454 del codice civile si fa anche in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali".
Ha inoltre disposto (con l'art. 3, comma 1) che "Il tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con sentenza".

[6] La L. 16 dicembre 1999, n. 483 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "In deroga al divieto di cui all'articolo 5 del codice civile e' ammesso disporre a titolo gratuito di parti di fegato al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi".

[7] La L. 14 aprile 1982, n. 164, come modificata dalla L. 3 novembre 2000, n. 396, ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "La rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali".

[8] La L. 19 febbraio 2004, n. 40 ha disposto (con l'art. 4, commi 1, 2 e 3) che "1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e' consentito solo quando sia accertata l'impossibilita' di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed e' comunque circoscritto ai casi di sterilita' o di infertilita' inspiegate documentate da atto medico nonche' ai casi di sterilita' o di infertilita' da causa accertata e certificata da atto medico.
2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti principi:
a) gradualita', al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasivita' tecnico e psicologico piu' gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasivita';
b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.
3. E' vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo".

[9] Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 9 aprile - 10 giugno 2014, n. 162 (in G.U. 1ª s.s. 18/06/2014 n. 26) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3 della L. 19 febbraio 2004, n. 40 (che ha modificato il presente articolo) "nella parte in cui stabilisce per la coppia di cui all'art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilita' o infertilita' assolute ed irreversibili".

[10] Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 14 maggio - 5 giugno 2015, n. 96 (in G.U. 1ª s.s. 10/6/2015, n. 23) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1 della L. 19 febbraio 2004, n. 40 (che ha modificato il presente articolo) nella parte in cui non consente "il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravita' di cui all'art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternita' e sull'interruzione volontaria della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche".

[11] Il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 191 ha disposto (con l'art. 12, comma 1) che "La donazione di tessuti e cellule e' volontaria e gratuita".

[12] Il D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 16 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "Il presente decreto disciplina determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani, nonche' la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di:
a) tessuti e cellule umani, destinati ad applicazioni sull'uomo;
b) prodotti fabbricati, derivati da tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo, qualora tali prodotti non siano disciplinati da altre direttive".
Ha inoltre disposto (con l'art. 3, comma 1) che "Ad eccezione della donazione da parte di un partner di cellule riproduttive destinate all'impiego diretto, l'approvvigionamento di tessuti e cellule umani e' autorizzato solo qualora siano rispettate le prescrizioni di cui ai commi da 2 a 12".

[13] Il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 ha disposto (con l'art. 31, comma 4) che "Quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato. Il procedimento e' regolato dai commi 1, 2 e 3".

[14] La L. 19 settembre 2012, n. 167 ha disposto (con l'art. 1, comma 1) che "In deroga al divieto di cui all'articolo 5 del codice civile, e' ammesso disporre a titolo gratuito di parti di polmone, pancreas e intestino al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi".

[15] La L. 22 dicembre 2017, n. 219 ha disposto (con l'art. 1, comma 5) che "Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l'interruzione del trattamento. Ai fini della presente legge, sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l'idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici".

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.10423 del 15/04/2019

Il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, rinvenuti a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso e tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona, ovvero che non si tratti di trattamento sanitario obbligatorio. 
Tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l'intervento "absque pactis" sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale "deficit" di informazione, il paziente non è posto in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.11749 del 15/05/2018

Dalla lesione del diritto fondamentale all’autodeterminazione determinata dalla violazione, da parte del sanitario, dell’obbligo di acquisire il consenso informato deriva, secondo il principio dell”id quod plerumque accidit” un danno-conseguenza autonomamente risarcibile – costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso psichicamente e fisicamente – che non necessita di una specifica prova, salva la possibilità di contestazione della controparte e di allegazione e prova, da parte del paziente, di fatti a sé ancora più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.16503 del 05/07/2017

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, dal cui inadempimento deriva - secondo l'"id quod plerumque accidit" - un danno conseguenza costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal primo in ragione dello svolgimento sulla sua persona di interventi non assentiti, danno che non necessità di specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.9056 del 12/04/2018

In tema di attività medico-chirurgica, la manifestazione del consenso informato alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un diritto soggettivo del paziente all'autodeterminazione, cui corrisponde, da parte del medico, l'obbligo di fornire informazioni dettagliate sull'intervento da eseguire, con la conseguenza che, in caso di contestazione del paziente, grava sul medico l'onere di provare il corretto adempimento dell'obbligo informativo preventivo, mentre, nel caso in cui tale prova non venga fornita, è necessario distinguere, ai fini della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria proposta dal paziente, l'ipotesi in cui il danno alla salute costituisca esito non attendibile della prestazione tecnica, regolarmente eseguita, da quella in cui, invece, il peggioramento della salute corrisponda a un esito infausto prevedibile ex ante, nonostante la corretta esecuzione della prestazione tecnico-sanitaria che si rendeva comunque necessaria, nel qual caso, ai fini dell'accertamento del danno, graverà sul paziente l'onere di provare, anche tramite presunzioni, che il danno alla salute è dipeso dal fatto che egli, ove fosse stato compiutamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29548 del 14/11/2019

Lo jus eligendi sepulchrum rientra nella categoria dei diritti della personalità e, come tale, non può formare oggetto di trasferimento mortis causa.

Nel caso in cui la electio non sia stata esercitata dal defunto durante la sua vita, la scelta del luogo di sepoltura può essere fatta dai prossimi congiunti, senza alcun rigore di forme, con prevalenza dello ius coniugi, sullo ius sanguinis e di questo sullo ius successionis.

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