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Rapina: l'attenuante del vizio parziale di mente può prevalere sulle aggravanti

Corte Costituzionale, Sentenza n.130 del 25/07/2025

Con la sentenza n. 130 del 25 luglio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 628, comma 5, del codice penale, nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente l'attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 c.p.) rispetto all'aggravante prevista dall'art. 628, comma 3, n. 3-quater, relativa alle rapine commesse ai danni di persone che utilizzano sportelli automatici, istituti di credito o uffici postali.

Il caso concreto

La questione trae origine da un procedimento dinanzi al GUP del Tribunale di Macerata, che procedeva contro un imputato accusato di rapina aggravata e tentata rapina, per avere minacciato una persona con un coltellino e poi utilizzato spray urticante nel tentativo di sottrarle denaro subito dopo che la vittima aveva utilizzato uno sportello bancomat.

Dalla perizia tecnica disposta dal giudice emergeva che l'imputato, affetto da disturbo antisociale di personalità, era parzialmente incapace di intendere e volere al momento dei fatti. Tuttavia, l'art. 628, quinto comma, impediva al giudice di riconoscere come prevalente o equivalente l'attenuante del vizio parziale di mente, in presenza di specifiche aggravanti, tra cui quella del n. 3-quater.

Il dubbio di legittimità costituzionale

Richiamando la precedente sentenza n. 217 del 2023, il giudice rimettente ha rilevato una disparità di trattamento tra l'attenuante del vizio parziale di mente e quella della minore età (art. 98 c.p.), per la quale è invece espressamente consentita la prevalenza sulle medesime aggravanti.

Secondo il giudice, entrambe le condizioni rappresentano forme di ridotta colpevolezza e rimproverabilità e, quindi, meriterebbero un trattamento analogo anche in sede di bilanciamento con le aggravanti.

Il ragionamento della Corte

Riprendendo e rafforzando quanto già affermato nella sentenza n. 217/2023, la Corte ha evidenziato che la ratio della deroga prevista per i minorenni è fondata sulla loro minore meritevolezza di pena, legata a una ridotta capacità di intendere e volere, presunta per legge.

Questa stessa ratio è pienamente applicabile, anzi con maggiore forza, a chi sia affetto da vizio parziale di mente, poiché in questi casi la ridotta capacità è accertata concretamente caso per caso dal giudice. Si tratta, infatti, di condizioni patologiche rilevanti, come disturbi mentali o gravi disturbi di personalità, che incidono sulla capacità di intendere il disvalore della condotta e di controllare i propri impulsi.

La Corte ha inoltre sottolineato che la legislazione penale equipara già queste due categorie soggettive in diversi ambiti, tra cui quello del bilanciamento con aggravanti cosiddette "privilegiate" (art. 577, comma 3, c.p.).

La conseguenza, secondo la Corte, è che l'esclusione del vizio parziale di mente dalla deroga prevista per i minorenni viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Non ci sono motivazioni sufficienti per giustificare un trattamento differenziato tra soggetti con simile, se non più marcata, riduzione della colpevolezza.

La decisione

La Corte ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 628, comma 5, c.p., "nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 c.p., allorché concorra con l'aggravante di cui al comma 3, n. 3-quater".

Le ricadute pratiche

Grazie a questa pronuncia, il giudice potrà ora valutare caso per caso se la condizione di vizio parziale di mente dell'imputato giustifichi una pena inferiore, anche in presenza di aggravanti particolarmente gravi come quelle legate alle rapine presso sportelli automatici.

Si tratta di un importante passo avanti verso una personalizzazione della pena e un sistema penale più equo, attento al grado effettivo di responsabilità dell'autore del reato.


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L'art. 628, quinto comma, del codice penale, è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.

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SENTENZA N. 130

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata, nel procedimento penale a carico di A. A., con ordinanza dell’8 maggio 2024, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2025 il Giudice relatore Francesco Viganò;

deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza dell’8 maggio 2024, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, censurandolo nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante del vizio parziale di mente, prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.

1.1.– Il rimettente procede, con giudizio abbreviato, nei confronti di A. A., imputato, tra l’altro, di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice, per essersi impossessato della somma di quaranta euro, mediante minaccia consistita nel puntare un coltellino contro la persona offesa, che aveva appena fruito dei servizi di uno sportello automatico adibito al prelievo di denaro; nonché di tentata rapina, sempre aggravata ex art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice, per avere egli compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di ulteriori somme di denaro della medesima persona offesa, in particolare brandendo il coltello e successivamente spruzzando spray urticante all’interno dell’autovettura in cui questa si era rifugiata.

Dalla perizia disposta dal rimettente emerge che l’imputato era, all’epoca dei fatti, parzialmente incapace di intendere e di volere, a causa di un disturbo di personalità antisociale.

1.2.– Tanto premesso, il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nei termini sopra riferiti.

1.2.1.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il giudice a quo richiama estesi brani della sentenza n. 217 del 2023, con cui questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628.

Il rimettente riporta in particolare le motivazioni con cui questa Corte ha ritenuto che l’art. 628, quinto comma, cod. pen. violasse il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), perché – nel prevedere un generale divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti diverse dalla minore età rispetto a talune aggravanti, tra cui quella, allora rilevante, dell’aver commesso la rapina in un luogo di privata dimora – introduceva una deroga in favore dei soli condannati minorenni e non anche degli imputati affetti da vizio parziale di mente, benché per entrambe le categorie soggettive sussistesse una condizione di ridotta rimproverabilità e colpevolezza.

Ad avviso del giudice a quo, le considerazioni svolte dalla Corte sarebbero riferibili anche al caso di specie, in cui il testo vigente dell’art. 628, quinto comma, cod. pen. ancora prevede, al cospetto della circostanza l’aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater), una deroga al divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti riferita solo alla minore età e non anche al vizio parziale di mente.

1.2.2.– La questione sarebbe, infine, rilevante nel giudizio a quo, in cui il rimettente è chiamato a «valutare le conseguenze in ordine alla determinazione della pena a seguito del raffronto tra la aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater) e la attenuante di cui all’art. 89 cp, non implausibilmente riconoscibile all’imputato alla luce della CTU e del complessivo quadro emergente dagli atti».

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GUP del Tribunale di Macerata ha censurato – in riferimento all’art. 3 Cost. – l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 cod. pen.), allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), del medesimo art. 628.

La disposizione censurata recita: «[l]e circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti».

L’art. 628, terzo comma, numero 3-quater), cod. pen. prevede un’aggravante a effetto speciale a carico di chi abbia commesso una rapina nei confronti di una persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Tale aggravante, in forza della disposizione censurata, è sottratta all’ordinario meccanismo di comparazione con eventuali circostanze attenuanti stabilite dall’art. 69 cod. pen., con l’effetto che le diminuzioni di pena discendenti dalle attenuanti devono operarsi sulla pena (della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000) prevista dallo stesso art. 628, terzo comma, numero 3-quater), cod. pen.

2.– La questione è fondata.

2.1.– Con la sentenza n. 217 del 2023, questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628, ritenendo sussistente un’irragionevole disparità rispetto al trattamento riservato alla circostanza attenuante della minore età di cui all’art. 98 cod. pen., espressamente sottratta dal legislatore al divieto di equivalenza o prevalenza rispetto alle circostanze aggravanti elencate dall’art. 628, quinto comma.

Questa Corte ha in particolare osservato che, essendo lo scopo perseguito con il quinto comma dell’art. 628 cod. pen. quello di assicurare a talune ipotesi di rapina aggravata – ritenute dal legislatore produttive di particolare allarme sociale – una pena più severa di quella cui condurrebbe, nella generalità dei casi, l’applicazione dell’ordinario meccanismo di bilanciamento tra circostanze eterogenee del reato previsto dall’art. 69 cod. pen., la ratio della deroga a tale disciplina in favore dei condannati minorenni «non può che sottendere la valutazione, da parte del legislatore, di una più ridotta meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto essendo ancora minorenne, per quanto già giudicato imputabile dal giudice».

Ma tale ratio, fondata sulla ridotta rimproverabilità e colpevolezza, «non può […] non essere affermata» anche con riferimento a chi, essendo affetto da vizio parziale di mente, abbia agito trovandosi in «tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere» (art. 89 cod. pen.). Una simile condizione «sottende, infatti, un’anomalia psichica significativa, che comprende – in base alla consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità – le vere e proprie malattie mentali, nonché i disturbi della personalità “di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e di volere” […] (Cass., n. 9163 del 2005)»; e comporta «una rilevante compromissione della capacità di intendere e di volere dell’agente […] sì da determinare un “minore grado di discernimento circa il disvalore della propria condotta” e una “minore capacità di controllo dei propri impulsi” (sentenza n. 73 del 2020, punto 4.2. del Considerato in diritto)».

Identica, dunque, risulta la ratio delle due diminuenti, così come la conseguenza sulla commisurazione della sanzione collegata alle due situazioni poste a raffronto; situazioni del resto equiparate, nell’ordinamento penale, a vari altri fini, tra cui, precipuamente, la disciplina del bilanciamento eterogeneo con circostanze aggravanti cosiddette privilegiate (art. 577, terzo comma, cod. pen., come introdotto dall’art. 11, comma 1, lettera c, della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»).

Questa Corte ne ha tratto che la scelta del legislatore «non super[asse] lo scrutinio di legittimità costituzionale al metro dell’art. 3 Cost.» e che «un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema», imponesse l’applicazione della deroga prevista dall’art. 628, quinto comma, cod. pen. per gli imputati minorenni, anche a quelli affetti da vizio parziale di mente; imputati rispetto ai quali, anzi, «le ragioni dell’attenuazione di pena valgono a fortiori», dal momento che la notevole riduzione della capacità di intendere e di volere della persona è in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso da parte del giudice, mentre per il minorenne la minore colpevolezza è presunta in via generale dal legislatore.

2.2.– Questa Corte non vede ragioni per discostarsi, nell’esame della questione oggi sottopostale, da quanto affermato nella sentenza n. 217 del 2023.

La diversità tra la circostanza aggravante cosiddetta privilegiata che veniva allora in considerazione (commissione del fatto nei luoghi di cui all’art. 624-bis cod. pen. o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa: art. 628, terzo comma, numero 3-bis, cod. pen.) e quella oggi rilevante (commissione del fatto nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro: art. 628, terzo comma, numero 3-quater, cod. pen.) non giustifica infatti una soluzione di segno differente.

In effetti, quella pronuncia ha censurato la mancata estensione all’attenuante del vizio parziale di mente della deroga – invece contemplata per la diminuente della minore età – al meccanismo di “blindatura”, ex art. 628, quinto comma, cod. pen., dell’aggravante cosiddetta privilegiata di cui al terzo comma, numero 3-bis), del medesimo articolo, sulla base di considerazioni fondate non già sulla natura di tale aggravante, ma sull’equiparabilità tra la condizione dell’infermo parziale di mente e quella del minorenne; considerazioni che risultano pienamente trasponibili anche al caso di specie.

2.3.– Deve, dunque, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Francesco VIGANÒ, Redattore

Igor DI BERNARDINI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2025

Il Cancelliere

F.to: Igor DI BERNARDINI

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