Abuso d’ufficio: l’abrogazione del reato non è incostituzionale

Articolo del 08/05/2025

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In esito all’udienza pubblica svoltasi il 7 maggio 2025, la Corte costituzionale ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali riguardo all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio ad opera della legge n. 114 del 2024 (riforma Nordio).

Le questioni sollevate, tra cui anche la Corte di Cassazione (ord. n. 9442/2025), si concentravano sul possibile contrasto tra la soppressione dell’art. 323 c.p. e gli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione ONU contro la corruzione (Convenzione di Merida).

La Corte ha dichiarato ammissibili solo le questioni che facevano riferimento alla Convenzione di Merida, escludendo gli altri profili.

Nel merito, la Consulta ha ritenuto che dalla Convenzione non deriva né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio né il divieto di abrogarlo se già previsto dall’ordinamento nazionale. La norma internazionale, infatti, invita gli Stati ad adottare misure efficaci contro la corruzione, ma non impone la criminalizzazione specifica dell’abuso di ufficio.

La Consulta ha quindi dichiarato infondate le questioni sollevate. Ha stabilito che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non viola né la Costituzione né gli impegni internazionali assunti dall’Italia. Il legislatore italiano ha mantenuto la sua discrezionalità nel modulare gli strumenti di contrasto agli illeciti nella pubblica amministrazione.

La motivazione della sentenza sarà pubblicata nelle prossime settimane.

La reazione del Ministro

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha espresso "massima soddisfazione per il contenuto del provvedimento della Corte Costituzionale, che ha confermato quanto sostenuto a più riprese in ordine alla compatibilità dell’abrogazione del reato di abuso di ufficio con gli obblighi internazionali".

Il Guardasigilli ha aggiunto: "Auspico che nel futuro cessino queste strumentalizzazioni, che non giovano all’immagine del nostro Paese e tantomeno all’efficacia dell’Amministrazione della giustizia”.


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