LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.V., elettivamente domiciliato in Roma, via G. Ferrari n. 2, presso lo studio dell’Avv. Patacchiola Luigi, dal quale è
rappresentato e difeso per procura speciale in calce a ricorso;
– ricorrente –
contro
A.G., elettivamente domiciliata in Roma, via Girolamo da Carpi n. 6, presso lo studio degli Avvocati Malfatti Letta Paola e Cristina Guerra, dai quali è rappresentata e difesa per procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3897/07, depositata in data 3 ottobre 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito, per la resistente, l’Avvocato Malfatti Letta;
sentito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso in senso conforme alla relazione.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con sentenza depositata in data 3 ottobre 2007, la Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da C. V. nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma, che aveva respinto la sua domanda di condanna della ex moglie a corrispondergli la metà del valore locativo dell’immobile del quale essi erano comproprietari pro-indiviso al 50% dal ***** (data della revoca della assegnazione dell’abitazione familiare alla sola A.) ovvero al risarcimento del maggior danno;
che per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso V. C., sulla base di due motivi;
che, con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione degli artt. 1102 e 2043 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e con il secondo motivo, violazione dell’art. 1364 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;
che resiste, con controricorso, A.G.;
che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.
Considerato che il precedente relatore designato, nella relazione depositata il 24 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“… Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, dovendo lo stesso essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5).
Ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), e, qualora – come nella specie – il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
Nella specie, i motivi del ricorso non sono conformi alle prescrizioni dettate dalla citata norma:
a) in relazione alla denunciata violazione di legge, manca la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che deve risolversi in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07);
b) per quel che concerne il riferimento ai vizi di motivazione, manca la separata e specifica indicazione del fatto controverso e delle ragioni in base alle quali la motivazione sarebbe viziata.
Nella sostanza, i motivi si risolvono in censure in ordine all’apprezzamento delle risultanze processuali che è evidentemente riservato al giudice di merito: in particolare, per quel che concerne la doglianza in ordine all’interpretazione della scrittura del *****, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare la violazione dei criteri di cui all’art. 1362 e ss. cod. civ. trascrivendo il testo delle relative clausole”.
che il Consigliere delegato, alla luce di tali considerazioni, ha ritenuto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile;
che la riportata relazione è stata notificata alle parti (che non hanno depositato memoria) e comunicata al Procuratore Generale (che nulla ha osservato);
che il Collegio condivide le ragioni e le conclusioni della relazione, nei confronti della quale non sono stati formulati rilievi critici;
che, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che, in applicazione del criterio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010