Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.2796 del 04/02/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.F.C., rappresentato e difeso dall’avv. Costanzo Filippo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. 5^, n. 59, depositata il 27 marzo 2008.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per l’Agenzia resistente, l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale ATTILIO SEPE Ennio, che ha dichiarato di non aver nulla da osservare in merito alla relazione ex art. 380 bis c.p.c..

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che il contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia aveva proceduto, con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5, alla rideterminazione del reddito dichiarato per l’anno 1999, sulla base della disponibilità di alcuni beni (auto e due residenze) nonchè di esborsi per incrementi patrimoniali sostenuti nel periodo 1998 – 2003 attestati da atto di compravendita 5.8.2003;

– che, a fondamento del ricorso, il contribuente dedusse, in particolare, che l’atto 5.8.2003 non realizzava un’effettiva compravendita, bensì una mera divisione bonaria tra eredi, senza esborso di danaro, di beni già caduti in successione;

– che l’adita commissione tributaria rigettò il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello del contribuente, dalla commissione regionale;

che i giudici di appello rilevarono, in particolare, che, non risultando idoneamente smentita la circostanza dell’avvenuto versamento da parte del contribuente ai fini dell’atto 5.8.2003 della somma ivi indicata, non poteva ritenersi comprovata la tesi della “natura bonaria”, senza l’esborso di danaro fra le parti, di detto atto, sicchè ne risultava confortata la legittimità dell’accertamento;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi;

– che l’Agenzia si è costituita senza nulla controdedurre;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente deduce “violazione o falsa applicazione dell’art. 952 c.c., comma 1,” e formula il seguente quesito di diritto: “… se l’accordo, con il quale i comproprietari di un terreno, progettando la costruzione di un edificio sul medesimo, regolino la proprietà di tale edificio in deroga al principio di accessione di cui all’art. 934 c.c., comporta la costituzione di diritti di superficie, ed è, pertanto, soggetto al solo requisito della forma scritta ad substantiam”;

che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente lamenta “errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza”;

– che il ricorso va disatteso;

considerato:

che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve rilevarsi che i motivi di ricorso proposti dal contribuente sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.: il primo perchè, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); il secondo, perchè, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis, (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);

considerato inoltre:

– che il primo quesito ed il motivo ad esso sotteso non colgono o, comunque, non esauriscono la ratio decidendi della decisione impugnata, posto che questa ha affermato l’assenza di prove in merito all’asserito mancato versamento del corrispettivo indicato nell’atto 5.8.2003 e, con esso, del carattere meramente dichiarativo dell’atto medesimo; mentre il secondo motivo sembra risolversi in un’inammissibile sindacato di fatto, giacchè rimette, in realtà in discussione, contrapponendovene uno difforme, l’apprezzamento in fatto del giudice di merito, che, espresso con motivazione ancorata alle risultanze delle acquisizioni documentali ed in sè coerente, è sottratto al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03);

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011

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