Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23667 del 01/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4684-2016 proposto da:

S.M.A., in proprio e quale legale rappresentante della Società IDROLUX SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 20, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SALVATORI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERNESTO IANNUCCI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.M.A., in proprio e quale legale rappresentante della Società IDROLUX SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 20, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SALVATORI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERNESTO IANNUCCI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4277/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO

che la Corte d’appello di Roma dichiarava l’inammissibilità dell’appello proposto da S.M.A., in proprio e nella qualità di legale rappresentante e liquidatrice di Idrolux s.r.l., avverso la sentenza del Tribunale di Latina, pronunciata nei confronti del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale e della Direzione Territoriale del Lavoro di Latina, con la quale era stata rigettata l’opposizione a ordinanza ingiunzione che aveva irrogato alla predetta una sanzione amministrativa per violazione della L. n. 73 del 2002, art. 3, comma 3, in ragione dell’impiego di due lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture obbligatorie;

che la Corte territoriale, premesso che la S. aveva proposto appello con atto notificato il 9/10 luglio 2014 e che all’udienza del 5 novembre 2014, essendole stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge, aveva chiesto e ottenuto termine per rinnovare la notifica dell’atto di appello nei confronti della Direzione territoriale del lavoro, osservava che la richiesta di rinnovazione della notifica nulla era tardiva, essendo la S. già decaduta dal diritto di impugnare al momento in cui detta richiesta era stata avanzata, per avvenuto decorso del termine lungo di sei mesi ex art. 327 c.p.c. dalla sentenza impugnata, pubblicata il 9 gennaio 2014, con preclusione di qualsiasi effetto sanante della nullità della vocatio in ius;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S. sulla base di un unico motivo;

che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha resistito con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale, a sua volta resistito dalla S. con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

Che con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 163 c.p.c., n. 7, art. 163 bis, 327,342 e art. 359 c.p.c.. Osserva che dalla lettura della sentenza si evince che la decadenza dell’appellante dal diritto di impugnare per avvenuto decorso del termine di sei mesi ex art. 327 c.p.c. è ricondotta non già a un originario mancato rispetto del termine, atteso che, come riportato in sentenza, la notifica della citazione in appello era avvenuta il 9 luglio 2014 e la sentenza appellata, non notificata, era stata depositata il 9 gennaio 2014, ma alla inidoneità della rinnovazione della citazione per la data dell’udienza successivamente fissata per il 5 novembre 2014, rinnovazione cui era stata attribuita efficacia sanante ex nunc. Da ciò la denunciata errata applicazione dell’art. 164 c.p.c., comma 2, dovendosi attribuire alla sanatoria prevista dalla citata norma – che secondo la giurisprudenza di legittimità è applicabile anche in appello ed opera con efficacia ex tunc, quando, come nella specie, interviene a sanare un vizio della vocatio in ius – l’idoneità ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado;

che con ricorso incidentale parte resistente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 163 bis c.p.c. e art. 163 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che la rinnovazione della notifica disposta all’udienza del 5/11/2014 per l’udienza del 6/5/2015 era stata effettuata in data 10/2/2015, in violazione del termine di comparizione di 90 giorni previsto dall’art. 163 bis c.p.c.;

che in ordine al ricorso principale di osserva che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte la disciplina dettata dal nuovo testo dell’art. 164 c.p.c. è applicabile anche in appello in virtù del richiamo di cui all’art. 359 c.p.c.(Cass. n. 17474 del 09/08/2007, 17951 del 1/7/2008) con una distinzione quanto alle conseguenze della costituzione del convenuto, giacchè mentre i vizi afferenti alla “vocatio in ius” sono sanati con effetto “ex tunc”, quelli relativi alla “editio actionis” sono sanati con effetto “ex nunc”;

che, pertanto, nel caso in disamina, l’assegnazione del termine per la rinotifica ha comportato la sanatoria delle originarie carenze dell’atto con effetti ex tunc, che retroagiscono, cioè, alla data del ricorso tempestivamente depositato, talchè ha errato la Corte d’appello a dichiarare l’inammissibilità del ricorso per tardività;

che, una volta affermata la tempestività del ricorso, la sentenza va cassata, rimettendo al giudice del rinvio, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità, l’esame della questione posta con il ricorso incidentale, concernente le conseguenze della violazione del rispetto del termine di comparizione previsto dall’art. 163 bis c.p.c.. Di tale ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento di quello principale, va dichiarata l’inammissibilità per carenza di interesse, perchè proposto dalla parte rispetto alla quale non è ravvisabile soccombenza in relazione a questione implicitamente ritenuta assorbita dal giudice del merito nella pronuncia di accoglimento, riproponibile nel giudizio di rinvio (sul punto Cass. Sez. n. 3796 del 15/02/2008 e molte altre successive conformi: “Nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio”).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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