Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30637 del 27/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

– ORDINANZA sul ricorso 15186-2017 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE, n.72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO VOLTAGGIO, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati FACCIO ALESSANDRO, e ELENA PANATO;

– ricorrente –

contro

FL.OL., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI TRE OROLOGI n. 14/A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BELLINI, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELE MACCARRONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 730/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

RILEVATO

che:

è stata impugnata da F.G. la sentenza n. 730/2017 della Corte di Appello di Venezia con ricorso fondato su due ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata.

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale, rigettando il gravame interposto innanzi ad essa dall’odierno ricorrente, ha confermato la sentenza inter partes n. 3298/2015 del Tribunale di Verona.

Quest’ultima accogliendo la domanda dell’odierna controricorrente, ritenuta già perfezionatasi l’usucapione in favore della di lei proprietà, accertava e dichiarava l’intervenuto acquisto della servitù di passaggio pedonale e carraio di cui in atti.

Parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1.- Col primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e/o errata applicazione degli artt. 1142,1143,1146,1167 c.c. in relazione all’art. 832 c.c. e dell’art. 1102 c.c..

Nella sostanza parte ricorrente ripropone doglianze, già svolte innanzi alla Corte territoriale, relative alla pretesa mancata considerazione della volontà delle parti di cui all’originario atto di compravendita del 1912 e, quindi, alla identificazione della natura del “transito in comune attraverso il porticato” inteso come diritto di servitù o di proprietà.

1.1- Così ricostruita, in sintesi, l’essenza della svolta e non facilmente percepibile doglianza di cui al motivo qui in esame deve osservarsi quanto segue.

L’impugnata sentenza, facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie, ha correttamente valutato gli elementi in base ai quali andava inquadrato il diritto rivendicato dalla FL. e ritenuto l’intervenuta usucapione dell’anzidetta servitù.

Nell’ipotesi la Corte territoriale ha, peraltro, valutato la controversia giungendo alle medesime conclusioni già affermate dal Tribunale di prima istanza.

Al riguardo va affermato il principio per cui “in ogni caso non può ammettersi, anche attraverso la formale e strumentale deduzione di vizio di violazione di legge, una revisione in punto di fatto del giudizio di merito già svolto”, giacchè “il controllo di logicità del giudizio di fatto non può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608), specie quando non ricorre – come nella fattispecie- l’ipotesi di “un ragionamento del giudice di merito dal quale emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Il motivo è, quindi, infondato.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1142,1143,1146 e 1167 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c..

2.1.- La doglianza è inammissibile in quanto pretende una revisione della valutazione, sostanzialmente nel merito, già svolta nei precedenti gradi del giudizio e relativa alla attualità del possesso (ininfluente, come nell’ipotesi, giacchè la domanda viene qualificata come petitoria relativa ad una intervenuta usucapione già dapprima perfezionatasi).

In ogni caso va ribadito che non ricorre la lamentata violazione della invocata norma di cui all’art. 2697 c.c..

Tale violazione “si configura solo nella ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata, secondo le regole dettate da quella norma -, non quando – a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie- abbia viceversa ritenuto che la parte onerata abbia o meno assolto tale onere. In tale caso (ed, eventualmente, nella fattispecie in esame) vi è soltanto un erroneo apprezzamento dell’esito della prova sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c.” (Cass. 16 maggio 2007, n. 11216).

“Con la proposizione del ricorso per cassazione il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento dei fatti svolto dai giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi disponibili ed in sè coerente, atteso -per di più che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità” (Cass. civ., Sez. VI – Quinta, Sent. 7 aprile 2017, n. 9097).

Infine (ed ancor più decisivamente) va rilevato che la Corte territoriale aveva, correttamente, già escluso l’applicabilità dell’invocato art. 1142 c.c. poichè era già intervenuta l’anzidetta usucapione ed, ancora, aveva ritenuto inammissibile la pretesa applicazione dell’art. 1146 c.c. poichè tale norma è riferibile sola alla diversa ipotesi dell’unione di possesso.

3.- Per le considerazioni innanzi svolte il ricorso va rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

a) Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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