Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.17881 del 03/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15713-2015 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI COLLI DELLA FARNESINA 144, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CONTESTABILE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO TOSO;

– ricorrente –

contro

S.G. in qualità di Amministratore di Sostegno della madre MA.MI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PALMIERI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO DI MATTEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1111/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/03/2019 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO.

RITENUTO

che:

Con riferimento alla successione ereditaria di M.R., deceduto in *****, il Tribunale di Milano ha accolto la domanda di riduzione proposta dalla figlia del de cuius Ma.Mi., rappresentata dal proprio amministratore di sostegno, contro il fratello M.M., in riferimento a donazioni ricevute dal coerede con atto del 6 novembre 2001, avente per oggetto il 20% delle quote della Oram s.a.s.

L’azione di riduzione era stata inizialmente proposta anche con riferimento a donazioni che il de cuius aveva elargito in favore del nipote Ma.Ma., ma per questa parte l’azione è stata dichiarata inammissibile per difetto di accettazione con beneficio di inventario.

La corte d’appello ha ritenuto infondate le ragioni di censura svolte dall’appellante, intese a sostenere a) l’inammissibilità dell’azione per violazione dell’ordine di riduzione stabilito dall’art. 559 c.p.c., in presenza di donazioni più recenti che non avevano costituito oggetto della domanda; b) l’inammissibilità della domanda perchè l’attrice non aveva assolto al proprio onere di imputare una donazione che il de cuius aveva elargito a suo favore in occasione dell’acquisto di un immobile, fornendo i mezzi occorrenti per il pagamento del prezzo; c) l’inammissibilità dell’azione per una insufficiente indicazione dell’asse ereditario.

Contro la sentenza M.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui Ma.Mi., rappresentata dal proprio amministratore di sostegno, ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

1. Il Tribunale di Milano, con sentenza non definitiva, ha accertato che la lesione di legittima subita da Ma.Mi. ammontava a Euro 99.838,33; quindi ha disposto la riduzione, per l’importo corrispondente, della donazione effettuata dal de cuius a favore di del figlio M.M. con atto pubblico del 6 novembre 2011 a rogito del notaio D.R. di *****.

Contro tale sentenza non definitiva M.M. ha proposto appello, che è stato definito con la sentenza oggetto del presente ricorso.

E’ poi nel frattempo intervenuta la sentenza definitiva del Tribunale di Milano, che ha condannato il donatario al pagamento della somma sopra indicata.

Tale sentenza è divenuta definitiva in assenza di impugnazione.

In relazione a ciò la controricorrente eccepisce l’inammissibilità del presente ricorso, in considerazione del sopravvenuto giudicato sulla sentenza definitiva non impugnata.

L’eccezione è infondata.

Come già posto in luce dalla corte d’appello non è configurabile, nella specie, alcun conflitto di giudicati. E’ applicabile infatti il principio secondo cui “il passaggio in giudicato della sentenza definitiva sul quantum debeatur, essendo questa condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull’an, non fa venir meno l’interesse all’impugnazione già proposta contro quest’ultima sentenza” (Cass., S.U., n. 2204/2005; n. 13915/2014; n. 19745/2018).

Si osserva ancora che le vicende relative all’ulteriore giudizio pendente fra le stesse parti dinanzi al Tribunale di Milano, indicate dalla controricorrente nella memoria depositata in vista della trattazione camerale del ricorso, sono del tutto irrilevanti in questa sede.

In proposito la Corte non deve assumere perciò alcuna statuizione.

2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 559 c.c.

Il ricorrente M.M. evidenzia di avere tempestivamente eccepito l’improcedibilità dell’azione proposta dalla coerede Ma.Mi., perchè l’attrice non aveva seguito l’ordine inderogabile previsto dalla norma, secondo la quale “le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori”.

Egli rileva che non era stata attaccata la donazione più recente effettuata dal de cuius in data 6 novembre 2001, rep. n. 44.122 a rogito del notaio D. di Milano (quella con cui il M.R. donava al figlio M. il 25% delle quote sociali di Immobiliare Althea s.r.l.).

Da ciò, secondo il ricorrente, l’inammissibilità dell’azione proposta contro di lui con riferimento alla donazione ricevuta in pari data dal medesimo notaio, ma recante il precedente numero di repertorio 44.121.

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha affermato che non si potevano considerare le ulteriori donazioni effettuate in vita dal de cuius (inclusa quella più recente), perchè non correlate a “una domanda formulata in quel processo”.

Al contrario, secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto prima di tutto verificare se la donazione oggetto della domanda di riduzione fosse l’ultima in ordine di tempo e, in caso contraria, dichiarare inammissibile la domanda proposta contro la donazione anteriore.

2.1. Il motivo è infondato.

Se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (art. 555 c.c., comma 2). La norma trova il suo fondamento nel principio di irrevocabilità delle donazioni da parte del donante: se infatti la legge permettesse di ridurre la liberalità inter vivos prima di quelle testamentarie, tale principio potrebbe essere indirettamente violato, in quanto il de cuius, dopo aver compiuto un atto di donazione di per sè non lesivo della legittima, potrebbe renderlo riducibile disponendo di altri beni per testamento.

In caso di più donazioni queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (art. 558 c.c.), ma cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori” (art. 559).

Anche qui la legge vuole evitare indirette violazioni del principio di irrevocabilità delle donazioni: se infatti la legge ammettesse la riduzione proporzionale di liberalità fatte in date diverse, consentirebbe in sostanza al donante di revocare in parte la donazione precedente per mezzo di altra successiva. Per lo stesso motivo l’ereditando non può disporre nè in una delle donazioni nè nel testamento che una donazione posteriore sia ridotta solo quando il valore delle altre non sia sufficiente a integrare la porzione legittima (Cass. n. 13660/2017).

2.2. Per poter comprendere appieno il significato del sistema di riduzione è utile richiamare la giurisprudenza di questa Corte sull’art. 564 c.c., comma 1.

In base a tale norma, per poter agire in riduzione, il legittimario, quando convenga in giudizio un donatario o un legatario che non sia chiamato come coerede, deve avere accettato l’eredità con beneficio di inventario, mentre l’accettazione beneficiata non è richiesta quando il convenuto sia coerede, anche se abbia rinunziato all’eredità (Cass. n. 18068/2012; n. 1701/1968).

In questo secondo caso l’applicazione della regola di riduzione proporzionale, prevista dall’art. 558 c.c. per le disposizioni testamentarie, importa che, nel concorso fra legati fatti ad estranei e legatari fatti a chiamati come coeredi, la riduzione è ammessa limitatamente alla quota proporzionale per la quale i legati in favore dei coeredi superino la legittima, e non anche per la residua parte che il legittimario avrebbe potuto conseguire sui legati in favore di estranei, se avesse accettato l’eredità con beneficio d’inventario. Invero, le conseguenze sfavorevoli dell’inosservanza dell’onere, imposto dall’art. 564 c.c., debbono ricadere soltanto sul legittimario e non anche sui coeredi, cosicchè il primo non può chiedere la reintegrazione totale della propria quota solo a carico dei coeredi, se vi siano anche legatari non coeredi (Cass. n. 1562/1964).

Il principio, ovviamente, è applicabile anche alle donazioni, per le quali il criterio di riduzione non è quello proporzionale stabilito per i legati, ma quello graduale, nel senso che i donatari anteriori sono soggetti alla riduzione delle liberalità ricevute in quanto non siano sufficienti a reintegrare la legittima quelle posteriori. Pertanto, qualora il legittimario non possa aggredire la donazione di data più recente, effettuata a favore di donatario non coerede, per aver accettato l’eredità senza far ricorso al beneficio di inventario (che è richiesto come condizione per agire in riduzione contro donatari non coeredi), non può più aggredire la donazione meno recente a favore del coerede, se non nei limiti in cui risulti dimostrata la insufficienza della donazione più recente a reintegrare la quota di riserva (Cass. n. 3500/1975; n. 22632/2013).

Si ricorda che l’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, nè dal lato attivo, nè dal lato passivo (Cass. n. 8529/1996; n. 2174/1998 n. 2714/2005; 27770/2011).

L’azione può quindi essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario e spiegare effetto solamente nei suoi confronti in caso di accoglimento (Cass. n. 2006/1967). Ma appunto l’azione, esperita contro solo alcuni dei potenziali legittimati passivi, va mantenuta nei limiti in cui i convenuti siano tenuti a contribuire all’integrazione della legittima, secondo i principi stabiliti negli artt. 558-559 c.c.

Le norme sul modo di integrazioni della legittima e sull’ordine di riduzioni delle disposizioni lesive sono certamente inderogabili (Cass. n. 4721/2016), ma la inderogabilità va intesa nel senso che il legittimario non può far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto dispongono gli artt. 555,558 e 559 c.c.

Il legittimario che non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive non potrà recuperare, a scapito degli altri, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia potuto o voluto convenire in riduzione. Analogamente, se abbia proposto l’azione contro un donatario anteriore, la misura della riduzione si determina comunque al netto di quanto il legittimario avrebbe potuto recuperare dal donatario posteriore.

Consegue da tali considerazioni che l’azione proposta contro il donatario anteriore non è in quanta tale inammissibile, ma si tratterà di stabilire, in esito al calcolo generale della legittima imposto dall’art. 556 c.c., la misura della lesione eventualmente imputabile a questa in modo da contenere la riduzione nei limiti imposti dalla regola della riduzione cronologica stabilita dall’art. 559 c.c.

L’errore che il ricorrente imputa alla corte di merito, di non aver fatto discendere dalla mera esistenza di donazioni posteriori rispetto a quella oggetto della domanda l’inammissibilità dell’azione, è inesistente.

2.3. C’è da aggiungere che, nella prospettiva seguita dalla corte di merito, le deduzioni relative a donazioni ulteriori oltre a quella oggetto della domanda furono introdotte non dal convenuto, ma dall’attrice in riduzione. Si legge testualmente nella sentenza impugnata che l’attrice, dopo avere fatto presente di avere recentemente scoperto altre due donazioni fatte in favore del figlio M. nell’anno 2001 nell’ambito della società Althea s.r.l e Autoservizi M. s.r.l., aveva chiesto che “il c.t.u. già nominato svolgesse indagini anche con riferimento a queste ulteriori donazioni al fine di “facilitare eventuali intese conciliative””. La sentenza prosegue rilevando che il “difensore di M. e Ma.Ma., sul punto, si rimetteva e il giudice rilevava che la richiesta di estensione dell’indagine, non essendo correlata a una domanda formulata in quel processo, veniva ammessa “al solo fine di facilitare la conciliazione fra le parti”. D’altro canto è la stessa difesa dei M. ad affermare, nella memoria di replica alla comparsa conclusionale (…), che oggetto di quel giudizio era “solo ed esclusivamente la donazione delle quote di Oram s.a.s. e non delle altre società””.

Insomma nella prospettiva seguita dalla corte – e fermo restando che la domanda di riduzione di una donazione anteriore in presenza di donazioni posteriore non di per sè inammissibile, ma al limite infondata, perchè non lesiva della legittima – le ulteriori donazioni di cui si discute, pur sempre elargite in favore M.M., avevano trovato ingresso nel giudizio al solo fine di facilitare la conciliazione, in conformità alla richiesta della parte che ne aveva denunciato l’esistenza. Secondo la corte di merito tale richiesta dell’attrice non aveva incontrato l’opposizione del donatario convenuto con l’azione di riduzione.

Tale statuizione, costituente la sola ratio decidendi, non ha costituito oggetto di specifica censura, sotto il profilo di una errata interpretazione dell’atteggiamento processuale dei litiganti, ma è censurata in linea di principio, in quanto contrastante con le regole di determinazione della legittima e sull’ordine della riduzione.

Ma a tale obiezione, in aggiunta a quanto già rilevato sul reale significato dell’art. 559 c.c., occorre aggiungere che il legittimario dopo la morte del donante, così come può rinunciare all’azione di riduzione nei confronti del singolo donatario, potrà astenersi dal chiedere che la singola donazione sia compresa nella riunione fittizia (cfr. Cass. n. 1913/1962). Analogamente, dopo la morte del donante, sono configurabili accordi per sottrarre una specifica donazione dalla riunione fittizia e dalle sue conseguenze (Cass. n. 2034/1963). Ma è chiaro che, anche in questi casi, rimane ferma la regola, ricavabile dalla inderogabilità dell’ordine di riduzione, che le scelte del legittimario non potranno mai pregiudicare i diritti dei terzi, in particolare dei destinatari di altre liberalità disposte dal defunto, la cui riducibilità dipenderà pur sempre dalle regole di calcolo della legittima.

Consegue dalle considerazioni che precedono che, in presenza della deduzione di ulteriori liberalità da parte di Ma.Mi., il donatario avrebbe dovuto immediatamente manifestare la propria opposizione rispetto alle scelte della legittimaria, nella parte in cui questa aveva inteso limitarne la rilevanza ai soli fini di una conciliazione, e chiedere che di quelle stesse liberalità si tenesse conto per ogni effetto.

Tale reazione era tanto più essenziale nel caso in esame, posto che le ulteriori liberalità erano state pur sempre elargite in favore del medesimo donatario. E’ chiaro che tale coincidenza soggettiva non basta a escludere l’interesse del donatario a che l’ordine della riduzione fosse osservato ugualmente, ma, appunto, l’opposizione doveva avere questo specifico contenuto.

Il donatario, invece, senza avere manifestato nell’immediato alcuna opposizione, pretende di prendere a pretesto le norme sull’ordine di riduzione per farne derivare, ex post, l’inammissibilità dell’azione, in quanto proposta contro il donatario anteriore in presenza di una donazione posteriore elargita pur sempre in suo favore.

Occorre ancora aggiungere che il tribunale aveva compiuto analoga scelta con riferimento alle donazioni fatte in favore del nipote Ma.Ma., nei cui confronti l’azione fu dichiarata inammissibile per difetto di accettazione con beneficio di inventario.

Tale statuizione, in linea di principio, è contraria alle regole di determinazione della legittima, che impongono che, in sede di riunione fittizia, siano conteggiate tutte le donazioni, incluse quella fatte in favore di estranei e in concreto non assoggettabili a riduzione in difetto di accettazione con beneficio di inventario.

Essa tuttavia non ha costituito oggetto di impugnazione.

3. Il secondo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo della controversia e violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancata corrispondenza fra richiesto e pronunciato.

La corte non ha valutato l’esistenza di una donazione stipulata lo stesso giorno di quella oggetto di riduzione, ma con un numero di repertorio successivo e, quindi, da ritenere stipulata successivamente rispetto a quella oggetto della domanda.

Il motivo non coglie la ratio decidendi.

La corte ha operato la riduzione della donazione del 6 novembre 2011, rep. n. 44.121 non perchè l’abbia ritenuta l’ultima in ordine cronologico, ma perchè ha ritenuto di non poter considerare, per le ragioni già viste, la ulteriore donazione di pari data, conteggiata dal consulente tecnico solo ai fini di una eventuale conciliazione.

Si deve aggiungere che se più donazioni sono state stipulate lo stesso giorno con atti distinti, l’art. 559 c.c. rimane applicabile quando i vari atti siano datati con ore diverse. Se manca l’indicazione dell’ora, nessuno dei donatari è in grado di reclamare una priorità del suo titolo, a meno che risulti con certezza che l’uno ha preceduto l’altro (tale certezza non deriva dalla priorità del numero di repertorio).

Si applicherà allora la regola della riduzione proporzionale stabilita dall’art. 558 c.c. Quando più donazioni lesive siano state fatte contemporaneamente, esse debbono essere ridotte in proporzione al loro valore come le disposizioni testamentarie.

4. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 564 c.c., comma 2, artt. 747 e 759 c.c.

La decisione è oggetto di censura nella parte in cui ha ritenuto di non poter apprezzare le risultanze delle prove raccolte in merito alla donazione che il genitore avrebbe elargito in favore della figlia Mi., in quanto oggetto di pretese contraddittorie e incompatibili.

Il motivo è fondato.

Come risulta con chiarezza dai passi degli scritti difensivi ripostati nella stessa sentenza, M.M., convenuto con l’azione di riduzione, aveva dedotto che l’attrice aveva acquistato un immobile con denaro del genitore, manifestando l’esigenza che della relativa circostanza si dovesse tenere conto per verificare se vi fosse stata lesione di legittima.

La corte ha ritenuto equivoca la deduzione solo perchè colui che l’aveva proposta aveva contemporaneamente qualificato la fattispecie come donazione diretta del denaro e come donazione indiretta della casa, invocando contemporaneamente l’istituto della collazione.

Ma è chiaro che gli elementi di contraddizioni inerivano non alla fattispecie, dedotta in termini chiari e univoci (acquisto di beni in nome del beneficiario, con denaro fornito dal genitore), ma al criterio di computo della donazione nella riunione fittizia e ai fini della imputazione ex se, e cioè se si doveva considerare il valore nominale dell’investimento, secondo la regola applicabile alle donazioni di denaro, o il valore dell’immobile acquistato al tempo dell’aperta successione, in applicazione delle norme sulle donazioni di immobili.

E’ noto, quanto alle donazioni di denaro, che è applicabile anche alla riunione fittizia l’art. 751 c.c. relativo alla collazione del denaro (anche se non richiamato dall’art. 556 c.c.) nella parte in cui, in ossequio al principio nominalistico, prevede che la collazione abbia luogo “secondo il valore della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca dell’aperta successione”.

E’ altrettanto noto che la giurisprudenza ha sottratto a questa regola l’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intende in tal modo beneficiare: in tal caso la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario e, quindi, integra donazione indiretta del bene stesso e non del danaro, con la conseguenza che si riunisce alla massa il valore del bene al tempo dell’aperta successione, quale oggetto di donazione indiretta, non il valore della somma sborsata dal donante (Cass. n. 9282/1992; n. 5310/1998; n. 13619/2017).

In relazione a tale fattispecie la Suprema Corte ha chiarito che non è applicabile il principio della quota di legittima in natura (connaturata all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria di immobile ex art. 560 c.c.), poichè l’azione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l’acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell’imputazione (Cass. n. 11496/2010).

Tanto chiarito sulla natura giuridica della fattispecie, il fatto che il convenuto avesse contemporaneamente parlato di donazione di denaro e di donazione indiretta dell’immobile non introduceva alcun elemento di equivocità, ma poneva solo il problema della disciplina applicabile, che spettava al giudice risolvere, indipendentemente dalle indicazioni di parte (Cass. n. 30607/2018).

L’applicazione del principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, importa la possibilità per il giudice di porre a fondamento della sua decisione le norme e i principi di diritto che ritenga pertinenti, non incontrando vincoli nelle indicazioni di parte (Cass. n. 8645/2018), che non sono neanche necessarie (Cass. n. 777/1987).

Analogamente nessuno equivoco poteva ravvisarsi nel fatto che il convenuto avesse invocato, con riferimento alla donazione che assumeva elargita dal de cuius in favore della sorella, contemporaneamente la collazione e l’imputazione ex se.

Ex art. 564 c.c., comma 2, il legittimario, il quale sia donatario o legatario, qualora assuma di essere stato leso nella legittima e pretenda la riduzione di donazioni fatte ad altri, coeredi o estranei, deve imputare nella sua quota legittima le donazioni e i legati che abbia ricevuto dal defunto.

L’onere di imputazione importa che le disposizioni in favore degli altri saranno lesive e quindi riducibili in quanto intacchino non già la legittima che sarebbe spettata al legittimario, ma il valore costituente la differenza fra il valore della legittima e quello delle liberalità. Quando il legittimario abbia ricevuto, in donazione o legato, un valore superiore, o pari, al valore della quota legittima, l’onere di imputazione esclude qualsiasi ulteriore prelievo (Cass. n. 3013/2006; n. 1971/1964).

Ciò posto è certo che l’istituto dell’imputazione differisce dalla collazione sotto molteplici profili, che non è qui il caso di ripercorrere. Tuttavia, pur nella indubbia diversità di natura e presupposti collazione e imputazione ex se condividono la finalità di circoscrivere i diritti del donatario in funzione delle donazioni ricevute. Nella collazione si tiene conto della donazione ai fini della formazione della parti nella divisione ereditaria, con la imputazione ex se il conteggio della donazione serve a far rispettare le liberalità fatte dal defunto e restringere l’esercizio della riduzione nei limiti del necessario.

In presenza di un convenuto con l’azione di riduzione, il quale deduca che l’attore ha a sua volta ricevuto una liberalità, è chiaro che la finalità della deduzione è quello di difesa rispetto alla riduzione richiesta da controparte, secondo la logica dell’imputazione ex se; ed è altrettanto chiaro che il giudice di merito non può ignorare la eccezione solo perchè, invece della imputazione ex se, il convenuto abbia chiesto la collazione della donazione.

E’ stato già chiarito che la qualificazione giuridica appropriata compete al giudice, che non è vincolato dalla qualificazione di parte.

Pertanto la sentenza va sul punto cassata e la corte di merito dovrà vagliare la prova offerta dal convenuto ai fini della dimostrazione della donazione.

5. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 556,747 e 759 c.c.

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte ha ritenuto che l’attrice avesse sufficientemente identificato l’asse da considerare ai fini dell’esercizio dell’azione di riduzione, benchè essa, nel richiedere l’integrazione della legittima, non avesse indicato tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius.

Il ricorrente ipotizza che la corte di merito sia stata ispirata dall’idea che la determinazione dell’asse di riferimento per il calcolo della quota di riserva debba avvenire sulle sole donazioni oggetto della domanda di riduzione.

Al contrario l’art. 556 c.c. impone di conteggiare tutte le donazioni effettuate in vita da de cuius.

Il motivo è infondato.

Che nella riunione fittizia debbano essere conteggiate tutte le donazioni e non solo quelle oggetto della domanda di riduzione è un principio certamente esatto, ma le ragioni di inammissibilità che il ricorrente pretende di trarre da tale principio non sono configurabili nel caso in esame.

Egli sostiene che, nel caso di specie, non vi erano dubbi che esistevano altre donazioni, in particolare “sia quella di cui al punto precedente ricevuta da Ma.Mi. sia quella relativa alle quote sociali di Immobiliare Althea, di cui parla la stessa sentenza della Corte d’appello che andavano pertanto considerate nell’ambito del giudizio, onde valutare correttamente l’asse ereditario”.

A tali deduzioni si deve replicare, quanto alla donazione fatta Ma.Mi., che questa donazione, in ipotesi risultante da un atto diverso da quelli previsti dall’art. 769 c.c. (art. 809 c.c.), costituiva un aspetto controverso, la cui prova incombeva al convenuto, che aveva chiesto e ottenuto l’ammissione di prova testimoniale sul punto.

Questa corte ha chiarito che “nel caso di acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità, si configura una donazione indiretta, che si differenzia dalla simulazione giacchè l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale – in materia di contratti e simulazione – che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo” (Cass. n. 1986/2016; n. 4015/2004).

Ma è chiaro che la prova della donazione, eventualmente data dal convenuto, avrebbe condizionato l’an ed il quantum della riduzione, in conseguenza dell’onere di imputazione ex se imposto dall’art. 564 c.c., comma, 2, al legittimario che chiede la riduzione di una donazione o di un legato, ma certamente non avrebbe reso ex post inammissibile l’azione solo perchè l’attrice non ne aveva ammesso spontaneamente l’esistenza.

Sulla seconda deduzione non resta che richiamare quanto già detto nell’esame del primo motivo in ordine alle ragioni che hanno indotto la corte a non tenere conto delle ulteriori donazioni.

Ad ogni modo si ritiene si aggiungere che la scoperta di una ulteriore donazione oltre a quella oggetto della domanda non rende inammissibile ex post l’azione di riduzione che non la menzionava, ma al limite ne determina, in tutto o in parte, l’infondatezza ex art. 559 c.c., se la donazione scoperta successivamente sia successiva a quella oggetto della domanda.

Quanto al pericolo, paventato con il motivo, di un moltiplicarsi di azioni di riduzioni, è stato già chiarito che l’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario passivo, per cui la possibilità di azioni separate, contro più donatari o contro il medesimo donatario con riferimento a donazioni diverse, discenda da tale principio, da cui discende inoltre che “qualora l’azione di riduzione venga proposta con giudizi diversi contro i singoli coeredi, non è neanche ipotizzabile litispendenza, continenza o connessione tra le cause” (Cass. n. 27770/2011).

Si richiamano le considerazioni proposte con il primo motivo in ordine al fatto che la posizione dei donatari, pur se convenuti separatamente, dipende dalle regole generali di calcolo della legittima ex art. 556 c.c. e da quelle che stabiliscono l’ordine di riduzione (artt. 555,558 e 559 c.c.), non dalle scelte del legittimario.

Anche con riguardo al motivo in esame si deve ribadire che la ratio della decisione sulla donazione ulteriore di pari data non è in un’errata applicazione dell’art. 556 c.c. (riscontrabile invece nel mancato conteggio delle donazioni in favore dell’estraneo), ma nell’avere i giudici di merito ritenuto accoglibile la richiesta di Ma.Mi. di delimitare l’ambito di rilevanza delle stesse donazioni ulteriori ai soli fini conciliativi.

D’altronde il convenuto neanche in questa sede deduce di essersi tempestivamente opposto a tale richiesta della legittimaria, ma ritiene, ancora una volta, di poter trarre argomento dall’errore commesso dalla corte per farne derivare una inammissibilità della domanda che non è invece configurabile in base ai principi di cui di denuncia la violazione.

In conclusione, accolto il terzo motivo, rigettati gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, affinchè provveda a valutare le risultanze istruttorie in ordine alla compravendita dell’appartamento di *****, dedotta dal convenuto ai fini della imputazione ex se, e liquidi le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo; rigetta i primo, il secondo e il quarto motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2019

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