Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20169 del 25/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12121-2018 proposto da:

CONTROCAMPO SOCIETA’ COOPERATIVA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA 5, presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI QUERCIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3081/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI, depositata il 23/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa CASTORINA ROSARIA MARIA.

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

Con sentenza n. 3081/7/2017 depositata il 23.10.2017 la CTR della Puglia accoglieva l’appello di Controcampo Società Cooperativa sociale limitatamente al rimborso Irap dell’annualità 2009 disattendendo le argomentazioni di parte appellata relative all’applicabilità della prescrizione decennale sulle somme indebitamente versate.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

1. Con il primo motivo Controcampo Società Cooperativa sociale deduce la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e cioè che il diniego di rimborso per intempestività della domanda doveva ritenersi illegittimo in quanto la domanda poteva essere presentata nel termine ordinario decennale di prescrizione.

La censura è infondata.

La CTR ha esaminato la circostanza escludendo l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento sul presupposto che il diritto al rimborso, nel sistema tributario, rientra nel regime di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

2. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38,artt. 2003 e 2046 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3. Con il terzo motivo la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 Cost. e della L. n. 212 del 2000, art. 10 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta che la CTR non aveva ritenuto la carenza del potere impositivo in capo all’Ufficio con la conseguente legittimazione alla ripetizione dell’indebito nel termine di prescrizione decennale.

4. Le censure sono suscettibili di trattazione unitaria.

Esse non sono fondate.

Nell’ordinamento tributario italiano vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (per le imposte dirette cfr. il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38), o, in mancanza di queste, dalle norme sul contenzioso tributario (il vigente D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, stabilisce, con carattere di norma generale e di chiusura del sistema, che la domanda di restituzione non può essere presentata “dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”), e tale regime impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune.

La decadenza nella quale il contribuente sia incorso per mancato rispetto dei termini per richiedere il rimborso di un tributo è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame (salvo che si sia già formato sul punto il giudicato interno), essendo quei termini dettati per finalità di interesse pubblico e di essi non potendo neppure l’Amministrazione disporre, con la conseguenza che la decadenza può essere appunto rilevata di ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, tale ritenendosi non soltanto quella che riguarda i diritti indisponibili, ma anche quella disciplinata da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi, rinunciarvi o comunque modificarlo (Cass. 13769/2014; Cass. n. 791 del 2011.

Nella specie, si tratta di tributi che la contribuente ha versato spontaneamente negli anni dal 2003 al 2009 e dei quali ha chiesto il rimborso, tardivamente, in data 30.9.2014 ritenendoli non dovuti.

5. Questa Corte ha ritenuto non contraria ai principi costituzionali la disposizione contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 che, prima delle modifiche apportate dalla L. n. 388 del 2000, assegnava al contribuente il termine di decadenza di diciotto mesi (vigente fino al 31 dicembre 2000) per richiedere il rimborso di imposte non dovute (Cass. n. 18279 del 10 settembre 2004).

La Corte cost. ord. n. 430 del 2000, si era già pronunciata sulla manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, nella parte in cui pone un termine di decadenza ai fini della richiesta di rimborso di ritenute alla fonte operate in maniera indebita e ne sancisce la decorrenza del termine dal versamento eseguito dal sostituto di imposta. Secondo i giudici della Corte costituzionale, infatti, il diritto di difesa non risulta menomato, stante la congruità del termine previsto; in particolare la Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, nella parte in cui assegna al contribuente il termine di decadenza di diciotto mesi per la presentazione dell’istanza di rimborso a fronte di termini ben più ampi concessi al fisco per la riscossione dei tributi, in riferimento sia all’art. 3 Cost. perchè nel rapporto giuridico d’imposta l’ente impositore e il contribuente non si trovano su un piano di parità, essendo titolari di situazioni ontologicamente diverse, sicchè la previsione di termini diversi per la riscossione delle imposte e per la richiesta di rimborso delle stesse non viola il principio d’uguaglianza, sia all’art. 24 Cost. (trattandosi di termine di natura sostanziale e non processuale, mentre il diritto alla difesa attiene al momento della tutela del cittadino in sede giudiziale), sia all’art. 53 Cost. (in quanto il principio di capacità contributiva attiene al momento impositivo, e in tanto può trovare utile verifica giudiziale in quanto il rapporto sia in essere e non invece ormai definito per mancata tempestiva attivazione dei rimedi previsti dalla legge).

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.

Nulla sulle spese in considerazione del fatto che l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.

Sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’Amministrazione ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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