LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI ADRIANO P. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4579-2015 proposto da:
S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato LUIGI STRANO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO PATERNITI LA VIA;
– ricorrente –
contro
UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAETANO DONIZETTI 7, presso lo studio dell’avvocato GIROLAMO BONGIORNO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2447/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 27/12/2013, R.G. N. 2708/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato PIETRO PATERNITI LA VIA.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 2447/2013, depositata il 27/12/2013, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della medesima sede, in accoglimento della domanda del Banco di Sicilia S.p.A. (già Sicilcassa), aveva condannato S.F., già dipendente di quest’ultima, in relazione alla ritenuta sua corresponsabilità nella spoliazione di libretti di deposito, alla restituzione delle somme già versate ai clienti danneggiati in forza di transazione e di sentenza di ammissione al passivo della Cassa in liquidazione coatta amministrativa.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione lo S. con due motivi, cui ha resistito con controricorso Unicredit S.p.A., nella qualità di successore del Banco di Sicilia.
3. A seguito del decesso del difensore del ricorrente la causa è stata rinviata all’udienza odierna.
4. Il nuovo difensore ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione degli artt. 651,652 e 654 c.p.p. nonchè dell’art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., il ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia effettuato una integrale e autonoma rivalutazione dei fatti contestati, tenendo conto degli elementi di prova acquisiti nel giudizio penale, ma si sia limitata a prendere in considerazione il contenuto delle sentenze penali che si erano occupate della vicenda, così attribuendo ad esse, peraltro prive dell’idoneità a costituire giudicato, l’efficacia di “accertamento” di fatti rilevanti nel giudizio civile.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo la violazione degli artt. 1223 e 1227 c.c., censura la sentenza per avere quantificato il danno subito dalla Banca in un importo pari alle somme che erano state pagate ai portatori dei libretti di deposito a seguito di transazioni, senza tenere conto del fatto colposo del creditore.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Esso, infatti, risulta notificato il 5 febbraio 2015, a fronte di sentenza di appello depositata il 27 dicembre 2013, e, pertanto, oltre il termine annuale di decadenza (art. 327 c.p.c.) all’epoca vigente.
5. D’altra parte, è da escludere che il termine fosse soggetto alla sospensione di cui alla L. n. 742 del 1969.
6. Al riguardo, premesso che il ricorso è stato trattato in ogni grado nelle forme del rito del lavoro e deciso, anche in appello, dal giudice del lavoro, si deve richiamare il consolidato principio, per il quale “alla controversia che, pur non riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dall’art. 409 o dall’art. 442 c.p.c., sia stata trattata con il rito del lavoro, non è applicabile il regime della sospensione dei termini di impugnazione nel periodo feriale, giacchè il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia, indipendentemente dall’esattezza della relativa valutazione, e perciò detto rito costituisce per le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell’impugnazione, secondo il regime previsto dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3” (Cass. n. 24649/2007; conformi, fra molte altre: Cass. n. 21363/2010; n. 12524/2010; n. 9694/2010; n. 2342/2004).
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dell’elevato valore della controversia.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 13.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2019
Codice Civile > Articolo 1223 - Risarcimento del danno | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1227 - Concorso del fatto colposo del creditore | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 327 - Decadenza dall'impugnazione | Codice Procedura Civile