Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23721 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17866/2014 proposto da:

PRONTO CENTER SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTAVIANO 9, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO DI LORENZO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ERRICHIELLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 31, presso lo studio dell’avvocato VITO SOLA;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NOLA, depositato il 13/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/05/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

FATTI DI CAUSA

Promo Center srl, con ricorso ex art. 98 1.f. proponeva opposizione avverso il provvedimento con il quale il G.D. del Tribunale di Nola ne aveva rigettato la domanda di insinuazione al passivo del fallimento della ***** srl in liquidazione, per credito risarcitorio ex artt. 1490 c.c. e segg., per danni subiti in conseguenza di vizi del bene acquistato dalla debitrice.

L’opponente esponeva:

di aver acquistato dalla ***** srl, con atto pubblico del 12.7.2005 la proprietà di alcune unità immobiliari facenti parte del centro commerciale “*****”, tra cui alcuni locali siti al piano seminterrato;

di aver subito gravi danni all’immobile posto al piano seminterrato, a seguito di un allagamento verificatosi il 19.9.2006 e causato da una perdita idrica derivante dalla rottura di un tratto delle tubature;

ritenuta pertanto la responsabilità della debitrice per aver occultato i gravi vizi della cosa venduta, ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni.

Il tribunale di Nola, disattesa l’eccezione preliminare di decadenza, sollevata dalla curatela fallimentare, affermava l’intervenuta prescrizione dell’azione di risarcimento dei danni ex art. 1494 c.c., in quanto esercitata ad oltre un anno dalla consegna del bene.

In ogni caso, il tribunale escludeva l’operatività della garanzia, per essere l’opponente ben a conoscenza dei vizi della cosa venduta, sulla base dei seguenti elementi:

la compratrice aveva ottenuto la disponibilità del bene anteriormente alla stipula della vendita;

la società venditrice e la compratrice facevano capo al medesimo gruppo familiare essendo composte dai medesimi soci;

la consulenza tecnica aveva accertato che l’opponente, prima dell’acquisto (tra il 2002 ed il 2005), aveva effettuato lavori di ampliamento e cambio di destinazione sui locali di proprietà della ***** srl, eseguendo in particolare opere di controsoffittatura che avevano coperto con pannelli le tubature la cui rottura aveva determinato l’allagamento.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, Promo center srl.

La curatela fallimentare ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2937,2944,1494 e 1495 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che il Tribunale di Nola avrebbe erroneamente accolto l’eccezione di prescrizione, sollevata dalla curatela fallimentare, omettendo di rilevare che si era verificata una vera e propria rinuncia da parte della ***** a far valere detta eccezione.

Ti secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione alla medesima questione della intervenuta rinuncia alla prescrizione.

I motivi i quali, avendo ad oggetto la medesima questione possono essere unitariamente esaminati, sono entrambi inammissibili per novità della questione.

E’ infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi terni di contestazione non trattati nella fase del merito (Cass. 4787/2012).

In particolare, nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. 19164/2007).

Come questa Corte ha già affermato, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2140/2006).

Orbene, nel caso di specie il ricorrente non ha assolto all’onere di indicare specificamente in quale atto del giudizio abbia allegato i fatti posti a fondamento della asserita rinuncia alla prescrizione da parte della debitrice, apparendo all’uopo del tutto generica e priva di riscontro la dichiarazione di aver ritualmente allegato e provato i fatti sui quali l’eccezione si fonda.

Da ciò discende l’inammissibilità anche della dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), in quanto il ricorrente si limita alla generica deduzione della omessa motivazione su tale questione da parte del giudice di merito, ma, come già rilevato, non indica in quale atto del giudizio di merito abbia fatto valere tale questione, nè tanto meno il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “come” e “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività (Cass. Sez. U. 8053/2014).

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1491 e 2697 c.c., art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando la statuizione della sentenza impugnata che ha ritenuto di escludere la garanzia per vizi ex art. 1491 c.c., in assenza di specifica e rituale allegazione della curatela fallimentare.

Il motivo è infondato.

Il giudice davanti al quale è proposta l’azione fondata sulla garanzia per vizi ha il potere-dovere di accertare, non solo se sussistano i vizi lamentati, ma anche se questi siano facilmente riconoscibili, trattandosi di un requisito essenziale per l’accoglimento dell’azione e non di una eccezione in senso stretto che possa essere proposta soltanto dalla parte interessata.

La riconoscibilità del vizio (equiparata alla conoscenza) esclude infatti il sorgere della garanzia, cosicchè l’acquirente non può ottenere nè la risoluzione del contratto nè la riduzione del prezzo, nè, conseguentemente, il risarcimento del danno previsto dall’art. 1494 c.c. e trattandosi di un elemento costitutivo del diritto di credito azionato ben può essere rilevabile d’ufficio dal giudice, in quanto, risultante, come nel caso di specie, dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo (Cass. 12353/2010).

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’artt. 1491 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), rilevando che la conoscenza del vizio, che esclude la garanzia ai sensi dell’art. 1491 c.c., si ha quando il compratore abbia acquisito la certezza obiettiva del vizio nella sua manifestazione esteriore, situazione che non poteva ritenersi ravvisabile nel caso di specie.

Il motivo è inammissibile.

Come questa Corte ha già affermato, l’accertamento dell’apparenza e riconoscibilità dei vizi della cosa compravenduta costituisce un apprezzamento di fatto, come tale sottratto a sindacato in sede di legittimità per tutto ciò che non attiene al procedimento logico seguito o ai principi di diritto eventualmente presupposti (Cass. 24731/2016).

Nel caso di specie il Tribunale, con apprezzamento adeguato, ha ritenuto, sulla base di diversi elementi, che la compratrice al momento dell’acquisto conoscesse i vizi della cosa venduta, avuto riguardo alla anticipata disponibilità dei locali, alla identica composizione della compagine societaria di venditrice ed acquirente, ed all’esecuzione delle opere di controsoffittatura che avevano coperto le tubazioni da cui era derivato l’allagamento dei locali, da parte dalla stessa opponente.

Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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