LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3380/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
B.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2226 della Commissione Tributaria Centrale, sezione di Firenze, pronunciata il 26/09/2012, depositata in data 12/12/2012 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 30 aprile 2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.
RILEVATO
che:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo contro B.M. per la cassazione della sentenza n. 2226 della Commissione Tributaria Centrale, sezione di Firenze (di seguito C.T.C.), pronunciata il 26/09/2012, depositata in data 12/12/2012 e non notificata, che ha accolto il ricorso del contribuente, riformando la sentenza di secondo grado favorevole all’Amministrazione, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza, presentata dal contribuente (rappresentante di commercio) in data 2/11/1987, volta ad ottenere il rimborso dell’Ilor pagata dal 1978 al 1985, a seguito delle sentenze della Corte Cost. n. 42 del 1980 e n. 87 del 1986 (che hanno riconosciuto l’illegittimità costituzionale della normativa in tema di Ilor, limitando l’assoggettabilità ad Ilor dei redditi derivanti dallo svolgimento dell’attività di rappresentante di commercio, solo ove tale attività fosse esercitata in forma d’impresa e senza prevalenza dell’apporto del fattore lavoro rispetto a quello capitale);
2. con la sentenza impugnata, la C.T.C., avendo premesso che la controversia riguardava i termini prescrizionali in materia di rimborso dell’Ilor, a seguito della sentenza n. 87 del 1986 della Corte Costituzionale, e non la sussistenza delle condizioni di fatto che legittimavano la richiesta di rimborso, sulle quali l’Ufficio non aveva sollevato alcuna eccezione, riteneva che il mutamento della normativa, a seguito ò della dichiarazione d’incostituzionalità, rendeva inapplicabile il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38;
secondo la C.T.C., il pagamento delle imposte in base alle norme caducate configurava un indebito oggettivo, che dava diritto a richiedere la restituzione di quanto versato nell’ordinario termine di prescrizione decennale;
3. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, inoltrato per la notifica in data 27/1/2014 e regolarmente ricevuto dal destinatario il 30/1/2014, B.M. rimaneva intimato;
4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 30 aprile 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
che:
1.1. con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
1.2. il motivo è fondato e va accolto;
1.3. la C.T.C. ha ritenuto che, nel caso di specie, non trovasse applicazione il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, “non riguardando la controversia la sussistenza delle condizioni di fatto che legittimano la richiesta di rimborso”;
secondo i giudici di merito, “in materia di rimborso di imposte che al momento del versamento fossero dovute, in base alla legislazione prima vigente e successivamente modificata, non trova applicazione il termine per la restituzione previsto dall’art. 38 cit.”, applicabile solo in caso di errore materiale, duplicazione e inesistenza dell’obbligo di accertamento;
deve, però, rilevarsi che, come più volte precisato da questa Corte, nell’ordinamento tributario, vige, per la ripetizione dell’indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, in difetto, dalle disposizioni sul contenzioso tributario (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. g e art. 21, comma 2) (cfr. Cass. ord. n. 6900/2014; vedi anche Cass. S.U. n. 89/2786; Cass. n. 93/8088; Cass. n. 98/7360; da ultimo Cass. n. 16/7367 e 18/19735);
in conseguenza di tale consolidato e condivisibile orientamento, anche la fattispecie in esame ricade nel raggio di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta a colui che ha eseguito il versamento, non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo;
l’Agenzia delle Entrate eccepisce che il contribuente sarebbe decaduto dal richiedere il rimborso, avendo effettuato l’ultimo versamento in data 29/11/1985 ed avanzato la relativa istanza in data 2/11/1987, oltre il termine di 18 mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, secondo la formulazione vigente ratione temporis;
il termine, infatti, per espressa previsione di legge, decorre dal momento del versamento indebito;
l’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, ribadito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 13676/2014, è rigoroso nella identificazione del detto dies a quo nel giorno del versamento, senza che possano trovare tutela situazione di inerzia incolpevole dell’avente diritto al rimborso;
il principio posto dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione “comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” – il quale è da ritenersi applicabile anche alla decadenza – deve essere inteso con riferimento alla sola possibilità legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto (Relazione al codice, p. 1198) (Cass. n. 10231 del 1998, che richiama Cass. n. 9151 del 1991);
tra gli impedimenti “di fatto” va annoverato anche l’ostacolo all’esercizio di un diritto rappresentato dalla presenza di una norma costituzionalmente illegittima, in quanto chi si ritenga leso da tale limitazione ha il potere di percorrere la via dell’instaurazione di un giudizio e nel corso di tale giudizio richiedere che venga sollevata la relativa questione;
viceversa, se subisce passivamente detto impedimento, non può sfuggire alla conseguenza che il rapporto venga ad esaurirsi;
nella fattispecie in esame, appare fondata l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui il contribuente sarebbe decaduto dal richiedere il rimborso, avendo effettuato l’ultimo versamento in data 29/11/1985 ed avanzato la relativa istanza in data 2/11/1987, oltre il termine di 18 mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, secondo la formulazione vigente ratione temporis;
2.1. la Corte, quindi, accogliendo il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;
sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio, poichè l’orientamento giurisprudenziale citato si è consolidato solo dopo la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;
compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019