Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23989 del 26/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24403-2017 proposto da:

G.E., B.P., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ELENA MARIA TERESA CALABRETTA;

– ricorrenti –

contro

S.V., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO CHIRIZZI e ROBERTO SBANO;

– resistente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona dei procuratori speciali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PINTURICCHIO, 204, presso lo studio dell’avvocato ANNAPAOLA MORMINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI;

– resistente –

contro

GENIALLOYD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MERULANA 139 presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI TOSTI, che la rappresenta e difende;

– resistente –

e contro

G.D., B.A., G.F., B.C., B.R., G.L., COFREM SRL, SA.SA., F.A., D.C., RRB CONSULTING SPA nonchè BA.SE. E C.V., questi ultimi due nella qualità di eredi di C.E.D.;

– intimati –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza N. R.G. 286/2010 del TRIBUNALE di CASSINO, depositata il 7/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa SCRIMA ANTONIETTA;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. FDERICO SORRENTINO che chiede che la CORTE di CASSAZIONE in camera di consiglio, in accoglimento dell’istanza di regolamento disponga la prosecuzione del giudizio, con le conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

B.P. ed G.E. hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, basato su due motivi, avverso l’ordinanza del Tribunale di Cassino, datata 7 settembre 2017 e comunicata il 13 settembre 2017, con la quale: 1) è stato riunito al procedimento civile N. R.G. 286/2010 (al quale erano già stati riuniti i procedimenti aventi NRG 1354/2010 e 652/2012 pendenti innanzi a quel Tribunale) il procedimento NRG 25402/2010 (cui era già stato riunito il procedimento NRG 25369/10) del Tribunale di Milano, procedimenti, questi ultimi, ritenuti dal Tribunale di Milano connessi ai giudizi pendenti dinanzi al Tribunale di Cassino e davanti a questo poi riassunti, e 2) è stato sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il processo sino alla definizione del procedimento civile pendente dinanzi al Tribunale di Paola, in ordine alla domanda di paternità naturale promossa da S.V. nei confronti degli aventi causa di G.E..

Gli attuali ricorrenti hanno dedotto di aver proposto, dinanzi al Tribunale di Cassino, ai sensi dell’art. 141 C.d.A., domanda di risarcimento dei danni subiti a causa del decesso – avvenuto a seguito di un incidente stradale – del loro congiunto G.E. nei confronti di C.E.D., di RRB Consulting S.r.l. e di Genialloyd S.p.a. (rispettivamente conducente, proprietaria e società assicuratrice dell’auto su cui la vittima si trovava in qualità di terzo trasportato), procedimento (avente NRG 1354/2010) poi riunito ad altro (avente NRG 286/2010) promosso, dinanzi al medesimo Tribunale, da G.D., G.F. e B.A., eredi del de cuius, nei confronti di Genialloyd S.p.a.. Hanno, altresì, rappresentato che B.C., B.R. e G.L. avevano, a loro volta, quali eredi di Emilio G., introdotto, sempre dinanzi al Tribunale di Cassino, un giudizio (avente NRG 652/2012) nei confronti di RRB Consulting S.r.l., Genialloyd S.p.a., C.E.D., D.C., F.A. e Toro Assicurazioni S.p.a. (le ultime due rispettivamente proprietaria e assicuratrice del veicolo abbandonato sulla corsia di sorpasso da D.C. e con il quale si era scontrato l’auto su cui si trovava G.E.), al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati per la morte del loro congiunto e che, infine, era stato riassunto, dinanzi al Tribunale di Cassino, il procedimento NRG 25369/2010 del Tribunale di Milano proposto da Sa.Sa., conducente di un ulteriore veicolo coinvolto nel sinistro, al quale era già stato riunito il procedimento NRG 25402/2010 pure del Tribunale di Milano, proposto dalla Cofrem S.r.l., proprietaria del veicolo da ultimo indicato.

Come già sopra osservato, al giudizio avente NRG 286/2010 erano stati via via riuniti tutti gli altri procedimenti pure sopra richiamati; va poi evidenziato che in quel giudizio era intervenuta S.V. che, reclamandosi figlia del de cuius e, come tale, legittimata a chiedere il risarcimento dei danni, e deducendo di aver promosso, nei confronti degli eredi di G.E., dinanzi al Tribunale di Paola, giudizio volto ad ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità naturale di G.E., aveva chiesto la sospensione del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Cassino, in attesa della definizione di quello pendente dinanzi al Tribunale di Paola, e tale richiesta era stata avanzata anche dalla Genialloyd S.p.a..

Genialloyd S.p.a., S.V. e Generali Italia S.p.a. (già INA Assitalia S.p.a., incorporante Alleanza Toro S.p.a.) hanno depositato distinte memorie ai sensi dell’art. 47 c.p.c..

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il P.M. ha concluso chiedendo che, in accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza, sia disposta la prosecuzione del giudizio.

Sia i ricorrenti che Genialloyd S.p.a. hanno depositato rispettive memorie ex art. 380-ter c.p.c., comma 2, prima dell’adunanza camerale fissata per il 5 aprile 2018.

Questa Corte, con O.I. n. 25916/18, pubblicata il 5 aprile 2018, ha ordinato la rinnovazione della notifica del ricorso per regolamento di competenza nei confronti degli eredi di Eugenio Diego C..

Si è provveduto a tanto in data 21 novembre 2018, senza che i predetti eredi abbiano svolto poi attività difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 295 c.p.c. per insussistenza dei presupposti della fattispecie sospensiva”, i ricorrenti deducono l’insussistenza, nella specie, delle condizioni che consentirebbero la sospensione del processo civile di danno, in quanto: a) sussisterebbe “la necessità che i fatti siano conosciuti e giudicati secondo diritto in modo diverso”, b) non vi sarebbe coincidenza delle parti dei giudizi; c) non vi sarebbe pericolo di contrasto di giudicati.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in combinato disposto con l’art. 166 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 2 e art. 268 c.p.c., comma 2”, i ricorrenti eccepiscono la tardività e quindi l’inammissibilità della richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c. formulata dalla S. e della Genialloyd S.p.a. ben oltre i termini di cui l’art. 166 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 2, non essendo stata tale istanza formulata dalla predetta società nella comparsa di risposta ed essendo l’intervento della S. avvenuto oltre la prima udienza di trattazione.

2. Il secondo motivo che, seguendo l’ordine logico, va esaminato per primo è infondato, atteso che la sospensione necessaria del processo per pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., rispondendo all’esigenza, di ordine pubblico, di evitare il conflitto di giudicati, deve essere disposta dal giudice di merito, non appena ne ravvisi i presupposti, anche d’ufficio, indipendentemente, cioè, da un’istanza di parte che, qualora formulata, equivale ad una semplice sollecitazione all’esercizio del potere officioso (Cass., ord., 20/01/2003, n. 733; Cass. 29/03/2005, n. 6572; Cass. 4/05/2006, n. 10268; v. anche Cass. 18/04/2000, n. 5026).

Pertanto non sussiste la dedotta intempestività dell’istanza proposta la riguardo dalla S. e della Genialloyd S.p.a..

4. Il primo motivo è, invece, fondato.

4.1. Come pure posto in rilievo dal P.G., questa Corte ha avuto più volte modo di affermare che: a) l’art. 295 c.p.c., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione “dipenda” dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva conseguenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione ma ad un collegamento per cui l’altro giudizio (civile, penale o amministrativo), oltre ad investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere, dev’essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti (Cass., ord., 14/12/2010, n. 25272; Cass., ord., 3/10/2012, n. 16844; Cass., ord., 29/07/2014, n. 17235); b) la sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 c.p.c., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, ovvero che una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo, o comunque elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicchè occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il thema decidendum del processo pregiudicato (Cass., ord., 9/12/2011, n. 26469; Cass., ord., 24/09/2013, n. 21794).

E’ stato pure precisato dalla giurisprudenza di legittimità che la sospensione, prevista dall’art. 295 c.p.c., postula la dipendenza della decisione dall’esito di altro procedimento e, pertanto, esige che la pronuncia da adottarsi in una distinta sede sia idonea ad assumere effetto vincolante nella causa pregiudicata, sì da risolvere in tutto o in parte il dibattito, con la conseguenza che l’indicata situazione non è ravvisabile quando non vi sia coincidenza delle parti delle due contese, perchè i limiti soggettivi del giudicato sostanziale ostano a che la decisione dell’una causa possa determinare la decisione dell’altra (v. Cass. 27/01/2011, n. 1948, con cui è stato escluso che la pronuncia da adottarsi nella causa di petizione dell’eredità e di riconoscimento della qualità di figlio naturale fosse idonea ad assumere effetto vincolante nella causa di lavoro che era stata sospesa sino all’esito della definizione dell’altra).

4.2. In particolare va rimarcato che, nella specie, ognuno degli eredi di G.E. fa valere un diritto al risarcimento per la morte di quest’ultimo, sicchè la qualità di erede costituisce lo status legittimante per ognuno di essi.

Tuttavia il giudizio pendente sullo status di figlia naturale di G.E., e quindi di erede dello stesso, promosso da S.V. nei confronti degli aventi causa del predetto non legittima la sospensione del giudizio, fra quelli riuniti, in cui è intervenuta la S. alla stregua del principio di diritto secondo cui “Il principio della validità “erga omnes” del giudicato nascente dalle decisioni sugli “status”, per quello che – nonostante la particolarità delle situazioni di stato- la collocazione dell’art. 2909 c.c. nell’area della garanzia costituzionale dell’art. 24 Cost. suggerisce, ancorchè riferito all’ipotesi di decisione che interviene eliminando uno “status”, che, secondo la disciplina sostanziale e l’attuazione che in concreto essa ha avuto, competerebbe ad un certo soggetto (e non anche al caso di rivendicazione di uno “status” “ex novo”, cioè esclusivamente sulla base di una disciplina sostanziale che ancora non abbia trovato attuazione alcuna), dev’essere inteso nel senso che, qualora un soggetto rimasto estraneo al giudizio in cui si è formato il giudicato voglia affermare la spettanza dello “status” sulla base dell’attuazione del diritto sostanziale che la decisione emessa senza la sua partecipazione ha riconosciuto illegittima (in senso lato), egli non può ignorare il giudicato una volta formatosi e deve, pertanto, nel promuovere il nuovo giudizio, postulare la rimozione della decisione stessa, o con il mezzo dell’art. 404, comma 1, c.p.c., se il presupposto di legittimazione al suo esperimento si ritenga anche soltanto un pregiudizio giuridico, o con azione di accertamento negativo nel contraddittorio di coloro che parteciparono al giudizio chiusosi con detta decisione. Ne consegue che la detta efficacia “erga omnes”, divenendo operativa e vincolando nel senso ora detto il terzo soltanto una volta formatosi il giudicato, non giustifica la sospensione del processo in cui il terzo contraddica con le parti fra cui si svolge in altra sede il giudizio sullo “status”, in quanto quel terzo, fintanto che non si formi il giudicato in senso contrario e, quindi, l’accertamento su una nuova disciplina sostanziale, ha diritto di considerare regolato lo “status” dalla disciplina sostanziale che, nel giudizio a cui egli è estraneo, è posta in discussione. A tale conclusione si deve pervenire perchè, essendo lo “status” connaturato al soggetto ed alla sua capacità giuridica e di agire, nelle liti che insorgano fra il terzo ed il soggetto titolare, attribuire alla lite che penda direttamente sullo “status” fra questo soggetto ed altro soggetto diverso dal terzo efficacia pregiudicante (e, quindi, idoneità a giustificarne la sospensione), sul giudizio che insorga fra il terzo ed il soggetto titolare senza che il terzo metta in discussione lo “status” per come regolato a livello di disciplina sostanziale e di sua applicazione, comporterebbe la paralisi dell’attività giuridica del suddetto soggetto (sulla base di tali principi la S.C. ha ritenuto che la pendenza di un giudizio di accertamento della inesistenza di un provvedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa di una società fra l’ex amministratore della società “in bonis” e l’autorità amministrativa che l’aveva adottato, con l’intervento della gestione liquidatoria, non potesse giustificare la sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio instaurato da detta gestione nei confronti di un terzo relativamente ad un rapporto corrente fra il medesimo e la società, nel quale l’ex amministratore era intervenuto assumendo che, in ragione dell’inesistenza fatta valere nell’altro giudizio, la titolarità attiva del rapporto spettava alla società “in bonis”)” (Cass., ord., 3/10/2005 n. 19293; v. pure Cass., ord., 3/10/2005, n. 19294 e Cass., ord., 21/11/2011, n. 24541).

A maggior ragione, non risulta legittima la sospensione degli altri giudizi riuniti e ciò anche qualora venisse in rilievo la questione del massimale, evidenziandosi, peraltro, che le società assicurative, onde evitare i paventati effetti, ben potranno avvalersi delle cautele previste dall’ordinamento.

4.3. La questione della qualità di erede dovrà, per quanto indicato nel paragrafo che precede, essere oggetto di accertamento nel giudizio sospeso.

5. Alla luce delle argomentazioni che precedono con riferimento al primo motivo, il proposto ricorso per regolamento di competenza va accolto e va disposta la prosecuzione del processo che dovrà essere riassunto nel termine di legge.

6. Le spese del presente procedimento vanno rimesse al giudice del merito.

9. Stante il sostanziale accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (che peraltro risultano ammessi al gratuito patrocinio), ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dispone la prosecuzione del processo dinanzi al Tribunale di Cassino; spese rimesse.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesti Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2019.

Depositato in cancelleria il 26 settembre 2019

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