Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.24092 del 26/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10599/2014 proposto da:

R.G., domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato ROSARIO ACHILLE DELL’ABATE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. ***** elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 989/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 09/10/2013 R.G.N. 1065/2012.

RILEVATO

che:

Con sentenza del 6.2.12, il Tribunale di Torino respingeva l’opposizione proposta dalla R. avverso la cartella esattoriale n. *****, emessa a seguito di decreto ingiuntivo 3.7.98, non opposto, concernente un credito (per Euro 17.589,38) vantato dall’INPS per contributi inerenti gli anni 1996/7 non versati.

Con sentenza depositata il 19.10.13, la Corte d’appello di Torino respingeva il gravame e condannava la R. alle spese processuali. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso quest’ultima, affidato a due motivi, cui resiste l’INPS, in proprio e quale mandatario della SCCI s.p.a., mediante deposito di procura.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., lamentando che gravava sull’INPS la prova di essere creditore della somma per cui è causa, negando valore probatorio al D.I. 3 luglio 1998, poichè basato su Modd. DM/10 di cui la R. aveva disconosciuto la propria sottoscrizione.

Il motivo è infondato posto che, come osservato dalla Corte d’appello, la prova del credito INPS risultava incontestatamente dal d.i. menzionato, non impugnato e dunque passato in giudicato.

Con secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1175 e 1218 c.c., lamentando che la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che, avendo la R. convenuto con l’INPS un condono della sua posizione debitoria, versando la somma di Euro 16.452,02 – che l’Istituto aveva senza diligenza, omesso di registrare nei suoi archivi magnetici, in contrasto coi principi legali denunciati – ella non poteva ritenersi debitrice di altre somme.

Anche tale motivo è infondato, presentando peraltro diversi profili di inammissibilità.

Con riferimento a questi ultimi occorre rilevare che la ricorrente non ha prodotto nè il dedotto atto di condono (o transazione) nè i registri Inps, in tesi erronei, su cui l’odierno ricorso è fondato.

Per il resto il motivo non merita accoglimento, basandosi la fondatezza della richiesta dell’INPS sul d.i. non opposto dalla R. e dunque divenuto “giudicato”.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo l’INPS svolto alcuna attività difensiva. L’attuale condizione della ricorrente di ammessa al patrocinio a spese dello Stato esclude, allo stato, la debenza di quanto previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

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