Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24104 del 26/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21521/2015 proposto da:

D.D.D., rappresentata e difesa dagli Avvocati MAURIZIO DE FILIPPIS e GIANLUCA CALDERARA, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5;

– ricorrente –

contro

D.L.M.R. e F.N., rappresentati e difesi dall’Avvocato ALESSANDRO BIGONI, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Romano Pomarici, in ROMA, VIA CRESCENZIO 103;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1825/2015 della CORTE di APPELLO di MILANO, pubblicata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3/04/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione regolarmente notificato D.D.D. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sondrio F.N. e D.L.M.R. chiedendo di accertare e dichiarare che sul mappale n. ***** foglio ***** del Comune di ***** gravava – in forza di uso pacifico, pubblico e ultraventennale – diritto di passo pedonale in favore dei mappali ***** e ***** foglio *****, di proprietà dell’attrice e, per l’effetto, ordinare ai convenuti il rispetto del suddetto diritto e la cessazione delle molestie e turbative; in via subordinata, accertato e dichiarato che i mappali di proprietà dell’attrice erano interclusi o relativamente interclusi, costituire servitù di passo pedonale sul mappale *****, dando atto che a titolo di indennità l’attrice aveva provveduto al versamento della somma necessaria per contribuire alle spese di rifacimento della pavimentazione.

Si costituivano in giudizio F.N. e D.L.M.R. eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità delle domande attoree per violazione del principio del ne bis in idem; nel merito, chiedevano il rigetto delle domande; in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice a eliminare la porta che dal manufatto di sua proprietà – situato sul terreno identificato al foglio ***** mappale ***** – accedeva al cortile di proprietà esclusiva dei convenuti.

Con sentenza n. 296/2012 non definitiva, il Tribunale di Sondrio respingeva l’eccezione di inammissibilità delle domande attoree per violazione del principio del ne bis in idem.

Espletata l’istruttoria, con sentenza definitiva n. 251/2013, il Tribunale di Sondrio dichiarava che sul fondo identificato al foglio ***** mappale ***** gravava, per intervenuta usucapione ultraventennale, servitù di passaggio pedonale in favore dei fondi identificati al foglio ***** mappali ***** e *****; ordinava ai convenuti di astenersi da turbative e molestie; rigettava la domanda riconvenzionale dei convenuti condannandoli in solido alle spese di giudizio.

Contro le sentenze proponevano appello i convenuti chiedendone la riforma.

Si costituiva la D.D., chiedendo di dichiararsi inammissibile il gravame proposto dalla D.L., la quale non aveva tempestivamente proposto riserva di appello avverso la sentenza non definitiva; nel merito chiedeva la conferma della sentenza di primo grado.

Con sentenza n. 1825/2015, depositata in data 28.4.2015, la Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta dalla D.L. avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Sondrio; accoglieva l’appello proposto dal F. avverso la sentenza non definitiva e avverso quella definitiva e, per l’effetto, dichiarava improcedibile la causa proposta davanti al Tribunale di Sondrio dalla D.D.; dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta dal F. avverso la sentenza definitiva, nella parte in cui chiedeva la condanna della D.D. a eliminare la porta che dal manufatto di sua proprietà accede al cortile di proprietà esclusiva dei convenuti; compensava le spese di lite dei due gradi di giudizio.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione D.D.D. sulla base di un motivo, illustrato da memoria; resistono F.N. e D.L.M.R. con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale sulla base di un motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, la ricorrente prncipale lamenta la “Violazione o falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., dell’art. 39 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa tale punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, giacchè la Corte di merito – pur partendo dal corretto presupposto della mancata riproposizione (in altra causa già pendente tra le parti e definita con sentenza n. 370/2005 del Tribunale di Sondrio, riformata dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 598/2009) della domanda di accertamento del diritto di passaggio a favore dei fondi della D.D.; e sul presupposto che la Corte non si fosse pronunziata sulla domanda non riproposta, con applicazione dell’art. 346 c.p.c. – con la sentenza impugnata giunge alla erronea conclusione che il giudicato relativo al precedente procedimento copra anche la questione inerente il diritto di passaggio.

1.1. – Il motivo è fondato.

1.2. – La Corte di merito, richiama la propria precedente decisione inter partes (sentenza n. 598/2009 del 28.1.2009), con cui aveva rigettato “la domanda di accertamento della comproprietà proposta da D.D.”, dando atto, quanto alla servitù di passo, che in quel giudizio, “nelle sue conclusioni in questo grado essa (i.e. D.D.) non (aveva) reiterato alcuna domanda volta ad un accertamento in tal senso e si (era) limitata a chiedere la conferma della sentenza appellata (che nulla (aveva) disposto al riguardo). La Corte medesima evocata la giurisprudenza di legittimità che in caso analogo, nel quale la parte, vittoriosa in primo grado, si era limitata a chiedere il rigetto del gravame avverso la sentenza impugnata che, avendo accolto la domanda principale, non aveva esaminato quella subordinata, assorbita dall’accoglimento della prima afferma che, “in tema di impugnazioni, la parte integralmente vittoriosa in primo grado, qualora abbia in detto grado proposto, oltre alla domanda principale integralmente accolta, anche una domanda subordinata assorbita dall’accoglimento della domanda principale, è tenuta, in caso di appello della controparte, a riprodurre la relativa questione al giudice dell’impugnazione; tale riproposizione, peraltro, può ritenersi rituale ai sensi dell’art. 346 c.p.c., solo se la relativa domanda sia proposta con chiarezza e precisione sufficienti a renderla inequivocamente intellegibile per la controparte ed il giudicante” (Cass. n. 27570 del 2005).

E rileva che “l’accoglimento della domanda in base ad una sola delle causae petendi fungibilmente poste a fondamento della stessa, non implica, per l’appellato vittorioso, l’onere di proporre appello incidentale per far valere le causae petendi non esaminate dal giudice di primo grado, nè quello di riproporre con espresse deduzioni le ragioni pretermesse, essendo sufficiente che ad esse la parte non rinunci, esplicitamente o implicitamente, manifestando in qualsiasi modo la volontà di provocarne il riesame” (Cass. n. 21087 del 2005; conf. Cass. n. 20172 del 2014; Cass. n. 12162 del 2007).

Ma poichè “nel caso in esame questa volontà non consta, nè viene in concreto da parte appellata dedotta”, la Corte di merito ritiene conclusivamente che “il giudicato conseguente al precedente procedimento copra anche la questione inerente il diritto di pasaggio, oggi dedotta, che non può quindi essere riproposta” (sentenza impugnata pagina 5).

1.3. – Premesso che, al fine di verificare se si sia formato un giudicato, interno od esterno, questa Corte procede al relativo accertamento con cognizione piena, provvedendo alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti del processo, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal Giudice del merito (ex plurimis Cass. n. 15461 del 2008; Cass. 1099 del 2006; Cass. n. 19136 del 2005), va rilevato che, dall’esame della sentenza del Tribunale di Sondrio n. 307/2005 e di quella della Corte d’appello di Milano n. 598/2009 inter partes, si evidenzia espressamete che la D.D., quanto alla esistenza della servitù di passo, nelle sue conclusioni nel grado di appello non avesse reiterato alcuna domanda volta ad un accertamento in tal senso, limitandosi a chiedere la conferma della sentenza appellata (che nulla aveva disposto al riguardo: v. sentenza Corte d’appello 598/2009, pagina 15).

Orbene, è principio consolidato che, quando la sentenza di primo grado manchi di statuire su una delle domande introdotte in causa (e non ricorrono gli estremi di una sua reiezione implicita, ne risulta che la stessa sia rimasta assorbita dalla decisione di altra domanda da cui dipenda), deve riconoscersi alla parte istante la facoltà di far valere tale omissione in sede di gravame, ovvero, in alternativa, di riproporre la domanda in separato giudizio, considerato che la rinunzia implicita alla domanda stessa di cui all’art. 346 c.p.c., per non avere denunciato quell’omissione in appello, ha valore processuale e non anche sostanziale. Ne consegue che, stante la menzionata facoltà di scelta, nel separato giudizio non sarà opponibile il giudicato derivante dalla mancata impugnazione della sentenza per omessa pronuncia (Cass. n. 15461 del 2008; conf. Cass. n. 11356 del 2006; Cass. n. 10029 del 1988; Cass. n. 8605 del 1997; Cass. n. 3260 del 1995).

1.4. – Va, pertanto, rilevato che la Corte di merito sia giunta a conclusioni errate, là dove – trasferendo gli effetti processuali, derivanti dall’applicazione delle regole di cui all’art. 346 c.p.c., sul piano sostanziale – ha così illegittimamente assunto coperto dal giudicato, in base all’art. 2909 c.c., anche l’oggetto della domanda non riproposta.

Sicchè, il principio del ne bis in idem risulta falsamente applicato dal Giudice di secondo grado, non essendovi nella fattispecie una precedente pronunzia sul medesimo punto da parte di altro giudice e derivando dalla rinunzia alla domanda della D.D. solo effetti processuali e non anche sostanziali, con facoltà della stessa di riproporla.

2. – All’accoglimento del ricorso principale consegue l’assorbimento del motivo di ricorso incidentale, nel quale i controricorrenti deducono la “Violazione dell’art. 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in punto di spese di lite, in ragione del contrasto della motivazione con il principio di responsabilità, posto come ratio degli artt. 91 e 92 c.p.c., a salvaguardia del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.”.

3. – Va dunque accolto il ricorso principale, con assorbimento di quello incidentale. Va cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Milano, altra sezione, che provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

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