Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24121 del 27/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16727-2018 proposto da:

CAMPING RESIDENCE OLIVETO SAS DI G.D.M. &

V.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo STUDIO LEGALE DEL PRATO, rappresentata e difesa dall’Avvocato PIERFRANCESCO VALLONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE 13756881002, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 10357/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

CHE:

la società Camping Residence Oliveto S.a.S. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno n. 2873/2015, con cui era stato accolto il ricorso proposto dalla società avverso intimazioni di pagamento e relative cartelle presupposte inerenti IRPEF 2005-2010;

l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione;

la contribuente ha depositato memoria difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in rubrica, “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56” per omessa pronuncia della CTR sulle questioni, ritenute assorbite in primo grado e riproposte dalla società in appello in sede di controdeduzioni, relative all’eccepita “inesistenza giuridica o… nullità delle intimazioni di pagamento perchè… comunicate a mezzo del servizio postale e non notificate, in difetto della normativa vigente”;

1.2. va richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di Cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010);

1.3. la questione posta con il primo motivo dell’odierno ricorso (relativamente alla richiesta di annullamento delle impugnate intimazioni per difetto di notifica) va quindi esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nel motivo non esaminato dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinchè il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità;

1.4. nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi, poichè secondo principi consolidati della giurisprudenza di questa Corte in materia di cartelle esattoriali (applicabili anche con riguardo alle intimazioni di pagamento), la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso l’atto impugnato produce l’effetto di sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c., pur non determinando il venire meno della decadenza, eventualmente verificatasi medio tempore, del potere sostanziale di accertamento dell’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. nn. 17198/2017, 17251/2013);

1.5. è opportuno inoltre ribadire che nel presente caso non si versa in ipotesi di inesistenza della notifica delle intimazioni di pagamento, configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, nel caso di specie, i vizi relativi all’individuazione del luogo di esecuzione per la mancata consegna dell’atto presso la sede legale della società e la notifica mediante la procedura di cui all’art. 140 c.p.c. pur in mancanza di indicazioni sul foglio di “avviso notifica atti mediante deposito nella casa comunale” del giorno e dell’ora in cui si era proceduto alla notifica o delle eventuali ricerche dei soggetti indicati dall’art. 139 c.p.c., e di affissione dell’avviso sulla porta dell’ufficio o dell’azienda, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo (cfr. Cass. SU n. 14916/2016, Cass. n. 21865/2016);

2.1. con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in rubrica, “violazione o falsa applicazione degli artt. 2719 e 2697 c.c. nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 comma 1” per avere la CTR affermato la sussistenza della “piena prova dell’effettività dell’intervenuta notifica” delle cartelle di pagamento in mancanza del disconoscimento da parte dell’appellata delle relate prodotte in copia, sebbene quest’ultima, nel contestare la documentazione prodotta in appello dall’appellante, avesse “chiaramente manifestato la volontà di disconoscerla”;

2.2. nella fattispecie, dall’esame delle deduzioni in appello sul punto dell’odierna ricorrente (ritualmente trascritte in ricorso) emerge che quest’ultima si era limitata a chiedere che l’Agente della Riscossione procedesse al deposito dell'”originale della ricevuta di ritorno… (quale)… prova inconfutabile dell’avvenuta notifica”;

2.3. tale contestazione, in quanto generica, non era efficace quale disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio atteso che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, quale la mera contestazione della conformità della fotocopia prodotta all’originale, ma va operata – a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (cfr. Cass. nn. 27633/2018, 29993/2017), con conseguente infondatezza delle censure sollevate dalla ricorrente con il motivo di ricorso in esame;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso (Ndr: testo originale non comprensibile) integralmente respinto;

4. nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva della (Ndr: testo originale non comprensibile)

P.Q.M.

La Corte rigetta ii ricorso.

Aì sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte della ricorrente, per ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sesta sezione, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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