LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25977/2014 proposto da:
L.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via del Corso n. 300, presso lo studio dell’avvocato Andreotta Giuseppe, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento n. ***** ***** S.a.s., e di G.G., in persona del curatore Dott. I.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Nizza n. 11, presso lo studio dell’avvocato Proto Tommaso, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato De Bellis Rosangela, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il 30/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/06/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha concluso che l’accoglimento del quarto motivo, rigetto dei motivi secondo e terzo, assorbimento resto;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato Roberto Renzi, con delega, che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per il controricorrente, l’avvocato Tommaso Proto che ha chiesto il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice delegato del Tribunale di Salerno ha rigettato l’istanza d’insinuazione al passivo di L.G., con la quale quest’ultimo proponeva domanda di rivendica, L. Fall., ex art. 103, ovvero, in subordine, di ammissione al passivo, L. Fall., ex art. 93, per un importo pari a Euro 250.000,00, per un credito avente ad oggetto il versamento di somme a titolo di corrispettivo per l’acquisto di immobili, a seguito di stipula di un contratto preliminare di compravendita posto in essere con il socio illimitatamente responsabile della “***** sas di G.G.”.
Il Tribunale di Salerno, adito, L. Fall., ex art. 98, ha rigettato l’opposizione.
Tale somma di Euro 250.000,00 era stata corrisposta, quanto ad Euro 200.000,00 a mani della stessa venditrice, in un arco temporale precedente di circa quattro anni alla stipula del preliminare del 10.4.2006, per altra parte, mediante l’estinzione di tre rate di mutuo gravante sull’immobile in favore di Cassa Rurale e Artigiana di Fisciano in data 29 giugno 2007 (Euro 38.073,00) e per la restante parte, mediante compensazione per Euro 12.000,00 con corrispettivi dovuti al promittente acquirente a titolo di prestazioni professionali, da parte della società fallita, di cui alla fattura n. *****.
A fondamento della decisione di rigetto dell’opposizione, il Tribunale, ha rilevato come fosse intervenuto un giudicato (e, precisamente, Cass. n. 8870/12), sull’infruttuoso esperimento di ogni mezzo d’impugnazione endofallimentare sul decreto del tribunale, L. Fall., ex art. 26 (che respingeva il reclamo avverso l’esercizio della facoltà di scioglimento dal contratto preliminare, da parte del curatore), sulla cui base “alcun diritto di proprietà sull’immobile, potrà il ricorrente legittimamente reclamare”; inoltre, il medesimo Tribunale ha ritenuto che alcun ostacolo poteva trovare l’esercizio della facoltà di scioglimento dal preliminare, L. Fall., ex art. 72, comma 1 da parte del curatore, nella circostanza che prima della dichiarazione di fallimento, fosse stata trascritta, ex art. 2652 c.c., n. 2, la domanda, da parte del promittente acquirente, di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre; ed infine, la documentazione prodotta, da parte del promittente acquirente, a supporto del pagamento della caparra, ad avviso del Tribunale di Salerno, non era opponibile al curatore per difetto di certezza, sia in riferimento alla dazione materiale dell’importo pecuniario sopra indicato e sia in riferimento alla sua effettiva destinazione al patrimonio della società e della socia fallita.
L.G. ricorre per cassazione sulla base di undici motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti resiste con controricorso l’intimato fallimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza e di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2909 cc. e della L. Fall., art. 26 in combinato disposto con la L. Fall., art. 72, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello aveva ritenuto non più contestabile la facoltà di scioglimento del curatore dal preliminare di vendita dell’immobile, laddove il giudicato endofallimentare, si era formato solo sull’infruttuoso esperimento dei mezzi d’impugnazione relativi alla decisione del curatore di sciogliersi dal predetto preliminare e sulla sua non decisorietà, ferma restando la facoltà per il promittente acquirente, nella sede ordinaria, ex art. 2932 c.c., di chiedere il trasferimento coattivo del bene.
Con il secondo motivo, il ricorrente prospetta da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., art. 72, comma 8 in combinato disposto con l’art. 2729 c.c. e con l’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dall’altro, il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sul medesimo profilo di censura, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello aveva omesso di valutare tutta la documentazione prodotta che era volta a dimostrare la finalità abitativa dell’immobile oggetto del preliminare con conseguente violazione dei canoni ermeneutici e di valutazione delle prove, ma anche della L. Fall., art. 72, comma 8 secondo cui se l’immobile oggetto del preliminare è destinato ad abitazione principale del promittente acquirente, il curatore del fallimento del promittente venditore non può sciogliersi da esso.
Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare della L. Fall., art. 72, comma 1 in combinato con l’art. 1321 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, erroneamente, il Tribunale di Salerno aveva ritenuto che la prestazione del promissario acquirente non potesse dirsi eseguita stante la natura obbligatoria e non traslativa del contratto preliminare, mentre, sempre per il Tribunale, l’esecuzione di tale contratto, idonea ad impedire l’esercizio della facoltà di scioglimento unilaterale da parte del curatore, doveva ravvisarsi nella stipula del definitivo ovvero nella statuizione giudiziale passata in giudicato che tenga luogo di quella stipulazione.
Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge, in particolare, la violazione della L. Fall., art. 72, comma 1, in combinato disposto con l’art. 2932 c.c., in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello aveva ritenuto che fino al passaggio in giudicato dell’azione di cui all’art. 2932 c.c., avente effetto sostitutivo dell’atto pubblico, si legittima la facoltà di scioglimento del Curatore dal contratto preliminare, quando invece, l’azione per l’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c., suppone che almeno una delle parti sia adempiente, cioè, abbia eseguito la propria prestazione, potendo ravvisarsi, anche nell’ambito del contratto preliminare, la completa esecuzione, da parte di una delle parti, del contratto stesso.
Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente propone sia una censura di nullità della sentenza, per mancato esame di un documento contenente un accertamento giudiziale, in relazione all’art. 3605 c.c., comma 1, n. 4, sia una censura di omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia una censura di violazione di legge, in particolare, dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè la Corte d’Appello aveva disconosciuto l’efficacia probatoria della documentazione prodotta dal ricorrente al fine di provare l’effettivo ed integrale pagamento dell’immobile oggetto del preliminare, unitamente alle quietanze e ai trasferimenti di denaro a mezzo banca ed al decreto di archiviazione del Gip presso il Tribunale di Salerno che aveva archiviato la denuncia della fallita nei confronti del ricorrente per estorsione ed usura.
Con il sesto motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, dell’art. 2729c.c., comma 1 e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’Appello non ha tenuto conto, nè dell’efficacia probatoria della quietanza di pagamento rilasciata dalla fallita in favore del ricorrente, nè della distribuzione dell’onere probatorio nè del valore delle presunzioni, quantomeno riferite alla ricostruzione dei versamenti operata dalla polizia giudiziaria, nel parallelo giudizio penale, nè della dichiarazione della stessa fallita, nè della ricostruzione effettuata dal curatore.
Con il settimo motivo, il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, la Corte d’Appello non aveva saputo interpretare il comportamento delle parti successivo alla stipula del preliminare del 10.4.2006, con la sua modifica del 2.5.2007 (sempre per atto pubblico) che rendeva non sostenibile l’ipotesi di accordo simulato per il pagamento del prezzo, in quanto, non avrebbe giustificato la rinegoziazione dello stesso, tenendo conto dei successivi e documentati versamenti del ricorrente in favore della società fallita e della socia accomandataria.
Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta la falsa applicazione della L. n. 231 del 2007 e dell’art. 1704 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello aveva ritenuto che il ricorrente avesse violato la normativa antiriciclaggio, in quanto, all’epoca dei fatti non era ancora in vigore la normativa in rubrica, mentre, le operazioni finanziarie effettuate “sopra soglia” tramite intermediario bancario, come nella specie, ne consentivano la tracciabilità e, quindi, non potevano essere ritenute in violazione di legge.
Con il nono motivo (rubricato come ottavo bis, v. p. 102 del ricorso), il ricorrente lamenta la mancata valorizzazione della scrittura privata del 30.9.2004, nella quale si rilasciava una quietanza del versamento di Euro 120.000,00 a titolo di caparra e tale atto non era mai stato disconosciuto, doveva quindi, annoverarsi, quale ulteriore conferma dei versamenti effettuati.
Con il decimo motivo (rubricato come nono), il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello non aveva attribuito alcuna efficacia probatoria a tutti quei documenti attraverso i quali il ricorrente aveva eseguito le istruzioni della venditrice circa le modalità di versamento del saldo del prezzo (Euro 38.073,00 per rate di mutuo ed Euro 12.480,00 compensati con prestazioni professionali del ricorrente come da fattura allegata). Con l’undicesimo motivo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione della L. Fall., art. 96, comma 1 e art. 95, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancata ammissione al passivo del credito corrispondente ai versamenti effettuati, e ciò, sulla base del principio, risultante dalle norme indicate in rubrica, che una domanda di credito deve trovare, comunque, accoglimento, quando se ne ritiene la fondatezza parziale, nella misura in cui viene riconosciuta (infatti, secondo il curatore, i pagamenti effettuati dal ricorrente ammontano ad Euro 188.829,70), se, infatti, si fosse ritenuto non provato che tali somme fossero state destinate all’acquisto dell’immobile oggetto del preliminare, tuttavia, la dazione delle stesse aveva determinato delle ragioni di credito del ricorrente, che pertanto, doveva essere ammesso al passivo in base alle regole proprie della L. Fall., art. 95, ed in virtù del principio per cui la domanda d’insinuazione al passivo deve essere accolta anche nella minor parte comprovata, pur se minore o meno qualificata rispetto alla richiesta.
Il primo motivo è infondato. Infatti, all’esito della pronuncia di questa Corte sull’inammissibilità del ricorso in cassazione del decreto con il quale il tribunale fallimentare ai sensi della L. Fall., art. 26 ha respinto il reclamo avverso l’atto con cui il curatore ha esercitato, ai sensi della L. Fall., art. 72 la facoltà di scioglimento dal contratto pendente (nella specie, vari preliminari di compravendita immobiliare), non è più contestabile la natura non decisoria di tale decreto (trattandosi di esercizio della funzione di controllo sull’utilizzo da parte del curatore, del potere di amministrazione del patrimonio del fallito), ma la stessa Corte ha ribadito che la sede nella quale far valere, in sede decisoria, il diritto che si assume inciso dalla mera autorizzazione allo scioglimento o dall’esercizio di tale facoltà da parte del curatore, è quella di cui alla L. Fall., artt. 93 e 103 oltre alla sede naturale costituita dall’eventuale giudizio pendente ai sensi dell’art. 2932 c.c. (Cass. n. 8870/12).
Il secondo motivo è infondato, in quanto, sotto l’apparente rubrica volta a censurare una violazione di legge, si celano censure attinenti 8 alla valutazione dei fatti di causa, che mirano a “sovvertire” gli accertamenti del giudice e il suo ragionamento “decisorio”, finalità non consentita nel presente giudizio (Cass. ord. n. 27000/16, 11892/16), in particolare, relativamente alla destinazione abitativa dell’immobile promesso in vendita.
Il terzo motivo è infondato, per la decisiva ragione che la norma di cui all’art. 721 comma L.F. non esclude la facoltà di scelta del curatore di sciogliersi dal contratto, quando una parte abbia adempiuto alle obbligazioni alla stessa facente capo, ma solo contempla espressamente tale facoltà di scelta se “il contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti”. Non vi è, dunque, alcuna traccia, nel dettato normativo, di un diritto potestativo attribuito alla parte adempiente nei confronti dell’altra parte, ancora inadempiente, ma solo è previsto che la inesecuzione o la non compiuta esecuzione – che legittima espressamente la facoltà di sciogliersi da parte del curatore – deve essere riferita ad entrambe le parti.
Il quarto motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi della L. Fall., art. 72 con effetto verso il promissario acquirente ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell’art. 2652 c.c., n. 2, la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese” (Cass. sez. un. 18131/15, 13687/18).
Nel caso di specie, il ricorrente documenta, in assenza di contestazioni da parte della difesa del fallimento, che l’azione ex art. 2932 c.c. è stata trascritta prima della sentenza di fallimento (p. 16 del ricorso) mentre, il giudice del merito non ha accertato se sia intervenuta o meno la sentenza di accoglimento della predetta azione, che sia anche stata trascritta; infatti, a norma dell’art. 2652 c.c., n. 2, vi è prevalenza della trascrizione della sentenza di accoglimento dell’azione ex art. 2932 c.c., rispetto all’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese, come anche sancito dalle sezioni unite di questa Corte; si ritiene, quindi, che il giudice del merito debba accertare, se, come dedotto, vi sia da una parte, la trascrizione della domanda di esecuzione del preliminare prima del fallimento e dall’altra, la trascrizione dell’eventuale sentenza di accoglimento, che precluderebbe la facoltà di sciogliersi da parte del curatore.
In accoglimento del primo e quarto motivo, rigettati il secondo e il terzo e assorbiti i restanti, la sentenza va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Salerno affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il primo e quarto motivo di ricorso, rigettato il secondo e terzo, assorbiti i restanti.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Salerno, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019
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