LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12459-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.
*****, in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, UNIVERSITA’
DEGLI STUDI DI FERRARA, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– ricorrenti –
contro
C.A., S.A., P.S., G.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 179/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 22/01/2014 r.g.n. 2022/06.
RILEVATO
CHE:
C.A. ed altri dodici litisconsorti convenivano dinanzi al Tribunale di Bologna l’Università degli Studi di *****, il Ministero della Salute, il M.I.U.R. ed il M.E.F. deducendo che, laureatisi in medicina e chirurgia, erano stati ammessi a varie scuole di specializzazione della detta Università negli anni compresi tra il 1982 ed il 1991, senza percepire alcuna somma nonostante lo svolgimento di attività di formazione specializzata, con corsi di formazione e partecipando alla relativa attività ospedaliera. Invocavano il riconoscimento alla percezione di una adeguata remunerazione in base agli effetti diretti della Dir. 82/76CEE e della responsabilità dello Stato per il tardivo ed incompleto recepimento della Direttiva, chiedendo che i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni corrispondenti al mancato percepimento delle somme previste dal D.Lgs. n. 257 del 1991.
Il Tribunale rigettava le domande per intervenuta prescrizione dei diritti, ritenuta quinquennale sia ex art. 2948 c.c., n. 4, sia ex art. 2947 c.c.
Avverso tale sentenza proponevano appello i sanitari; resistevano le Amministrazioni riformulando le eccezioni di prescrizione.
Con sentenza depositata il 22.1.14, la Corte d’appello di Bologna, pur ritenendo essersi formato il giudicato sulla esistenza della prescrizione quinquennale, riteneva che essa potesse decorrere solo dal 27.10.99, data dell’entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, che aveva dato (parziale) attuazione agli obblighi comunitari, sicchè le domande degli appellanti (svolte nel 2001) avevano interrotto i termini di prescrizione. Riteneva che il risarcimento potesse avvenire sul piano equitativo utilizzandosi come parametro le indicazioni contenute nella detta L. n. 370 del 1999, condannando le parti convenute in solido al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, al pagamento delle somme ivi stabilite.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il solo MIUR, nei confronti di C., S., P. e G., affidato ad unico motivo, poi illustrati con memoria, mentre i predetti medici sono rimasti intimati.
CONSIDERATO
CHE:
1.-Il M.I.U.R. denuncia la violazione delle Dir. CEE 82/76, 93/16, 75/363; dell’art. 2043 c.c. e della L. n. 370 del 1999, art. 11 lamentando che nulla spettava ai ricorrenti per la carenza delle condizioni e dei presupposti di legge per ritenere sussistente un illecito comunitario da parte dello Stato italiano.
Deduceva in particolare che, per quanto concerne il G., egli si era immatricolato al corso di specializzazione prima del 31.12.82 (a.a. 1982/83), ossia prima della data prevista per il recepimento della normativa comunitaria nell’ordinamento statale, con conseguente inapplicabilità della Dir.82/76 per il periodo precedente, come previsto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 587/18, n. 1157/13, n. 17067/13, 21719/12).
Per quanto riguarda gli altri medici lamenta che le relative specializzazioni non rientravano tra quelle previste dalla Dir.CEE 75/362 e 75/363 come riconosciute da due o più Paesi Europei come lamentato in sede di gravame. In particolare lamenta che due delle specializzazioni in discorso (otorinolaringoiatria – P. – ed oncologia – S.) avevano durata solo triennale (mentre la durata delle specializzazioni comunitarie era di quattro o cinque anni).
2.-I motivi possono congiuntamente trattarsi e sono infondati.
a) Occorre in primo luogo precisare, benchè in punto di prescrizione (quinquennale) la sentenza impugnata abbia affermato chiaramente essersi formato giudicato e che tale statuizione non risulta impugnata dal Ministero ricorrente, che questa Corte ha più volte affermato che la mancata trasposizione, nel termine prescritto, della direttiva 82/76/CEE, riassuntiva della direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE, ha determinato in capo allo Stato – e in favore dei soggetti che abbiano seguito corsi di specializzazione medica dal 1 gennaio 1983 sino all’anno accademico 1990-1991- una responsabilità per inadempimento di obbligazione “ex lege”, e non ex art. 2043 c.c., trattandosi di attività antigiuridica per l’ordinamento comunitario ma non alla stregua dell’ordinamento interno (Cass. n. 9147/09).
b) quanto alla posizione di G. occorre evidenziare che sebbene il risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, riguardi gli specializzandi che abbiano svolto anche attività lavorativa in favore dell’Università negli anni a partire dal 1983 (in quanto lo Stato aveva tempo sino al 31.12.82 per adempiere alla disposizione comunitaria), ciò non toglie che tale risarcimento sia dovuto anche a coloro che, pur iscrittisi in anni precedenti il 1.1.83 (a.a. 1982/83), abbiano continuato a frequentare la specializzazione negli anni successivi e solo per tali anni (Cass. n. 21498/11, Cass.n. 1182/12, Cass. n. 10612/15, Cass. S.U. n. 20348/18, CGUE 24.1.18, C-616-7/16). Nella specie il G. si iscrisse nell’a.a. 1982/83, conseguendo poi il diploma nel *****, sicchè la sentenza impugnata risulta corretta. Essa ha poi quantificato il danno con valutazione equitativa (Cass. n. 23275/11), che non viene minimamente censurata dal Ministero ricorrente (cfr. sul punto Cass. n. 2737/15).
c) quanto agli altri specializzati deve rilevarsi che, come esattamente evidenziato dai giudici di appello secondo quanto deciso da questa Corte con sent. n. 23275/11, “Non può trovare accoglimento la censura mossa alla sentenza impugnata nella parte in cui il giudice del merito avrebbe (del tutto erroneamente) riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, in assenza di prove, da parte degli odierni controricorrenti, ed in presenza di apposita contestazione, da parte delle amministrazioni convenute, delle modalità di svolgimento dell’attività formativa in ottemperanza ai contenuti minimi self executing delle direttive, concernenti in particolare l’impegno di servizio a tempo pieno e l’inibizione di qualsiasi attività libero – professionale esterna. La corte territoriale, difatti, ha, in proposito, correttamente applicato la giurisprudenza di questa corte regolatrice nella parte in cui osserva (in consonanza con il dictum di cui a Cass. 6427/08) come l’impossibilità di frequentazione di una scuola di specializzazione in conformità della direttiva fosse conseguenza dell’inadempimento del legislatore italiano – non senza considerare, ancora, che la pronuncia poc’anzi ricordata ha già avuto modo di precisare come la circostanza pacifica che i medici avessero, nel periodo di ritardata attuazione della direttiva, frequentato le scuole di specializzazione come allora organizzate lascia presumere, quantomeno in linea teorica, che essi le avrebbero frequentate anche nel diverso regime conforme alle prescrizioni comunitarie. Risulta peraltro corretto il presupposto sul quale ha argomentato la sentenza impugnata, per il quale la produzione del diploma di specializzazione (come accertato nel caso oggi in esame) dimostra, in difetto di prova contraria, l’ottemperanza da parte dello specializzando a tutti gli obblighi di frequenza per le attività teoriche e pratiche dello statuto all’epoca vigente, secondo il regolamento didattico predisposto dall’istituto universitario”. Nello stesso senso Cass. n. 1182/12.
A ciò aggiungasi, come rilevato da questa Corte con sent. n. 1054/19, che il motivo sarebbe peraltro inammissibile perchè quel che rileva ai fini dell’attribuzione del diritto all’indennizzo non è la esatta corrispondenza nominale tra la specializzazione conseguita in Italia e quella comune a tutti od almeno due Paesi dell’unione; rileva invece l’equipollenza di contenuto sostanziale tra la specializzazione conseguita in Italia e quelle elencate negli artt. 5 e 7 della direttiva. Tuttavia lo stabilire se vi sia o non vi sia tale equipollenza è un apprezzamento di fatto riservato ai giudice di merito, sicchè l’averla ritenuta sussistente od insussistente non è questione censurabile in sede di legittimità, come già ritenuto più volte da questa Corte (ordinanza n. 3833 del 14.2.2017; sentenza n. 191 del 11.1.2016; sentenza n. 20502 del 13.10.2015; sentenza n. 22892 del 10.11.2016). Da ultimo, le stesse Sezioni Unite di questa Corte, affrontando il problema, hanno stabilito che l’eccezione concernente la non conformità ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria dei corsi frequentati dai medici specializzati in Italia deve essere “tempestivamente svolta in sede di merito (circostanza nella specie sfornita di valida allegazione), e presuppone anche accertamenti di fatto non consentiti in questo giudizio di legittimità” (Cass. S.U. n. 19107 del 18.7.2018). Alla luce di tali precedenti, e per le ragioni in essi già indicate, non può condividersi quanto sostenuto dalla difesa erariale nei propri scritti, ovvero che la questione della non corrispondenza tra la specializzazione conseguita in Italia e quelle previste dalla direttiva sarebbe rilevabile anche d’ufficio “in ogni stato e grado”.
3.-Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Non vi è luogo per provvedere sulle spese essendo rimaste le controparti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019
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