LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15846-2018 proposto da:
S.A., C.A., elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA NATULLO;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA ***** SNC DI S.G. E FALLIMENTO PERSONALE DI S.G., RISCOSSIONE SICILIA SPA AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LA PROVINCIA DI CATANIA, GIEFFE STUDIO SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2125/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 16/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO.
RILEVATO
che, con sentenza resa in data 16/11/2017, la Corte d’appello di Catania, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto dalla Curatela del Fallimento della ***** s.n.c. di S.G. e del Fallimento personale di S.G., in parziale riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha dichiarato la parziale inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto con il quale S.G. (debitore dell’originaria creditrice, Serit Sicilia s.p.a., nella cui posizione processuale è succeduta la richiamata curatela fallimentare) aveva ceduto, in favore del figlio S.A., la quota di sua pertinenza di un bene immobile posseduto in comunione con la coniuge C.A.;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale premessa la decorrenza della prescrizione dell’azione revocatoria a far data dalla trascrizione dell’atto impugnato – ha evidenziato la sussistenza di tutti i presupposti per l’accoglimento (sia pure parziale) dell’azione revocatoria originariamente spiegata, ivi compreso il riconoscimento della mancata destinazione, da parte dei cedenti, dei proventi dell’atto revocato all’estinzione di propri debiti scaduti;
che, avverso a sentenza d’appello, S.A. e C.A. propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
che nessun intimato ha svolto difese in questa sede;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., S.A. e C.A. hanno presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2903 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la decorrenza della prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria dalla data della trascrizione dell’atto impugnato, anzichè da quella della relativa stipulazione;
che il motivo è manifestamente infondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come, con riguardo alla questione dedotta con la doglianza in esame, la corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale, in tema di azione revocatoria, la norma dell’art. 2903 c.c. va coordinata con quella prevista dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere;
che, da tale premessa, consegue che, nel caso in cui sia esercitata un’azione ex art. 2901 c.c. per la revoca di un atto di trasferimento di un immobile, la prescrizione inizia a decorrere non già dalla data di stipulazione ma da quella di trascrizione dell’atto, necessaria affinchè il trasferimento sia reso pubblico, conoscibile ai terzi ed a loro opponibile (Sez. 3, Ordinanza n. 13176 del 25/05/2017; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 11815 del 27/05/2014, Rv. 631613 – 01);
che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di considerare l’avvenuta estinzione del credito ipotecario vantato da D.P.G. nei confronti dei venditori ed accollatosi dall’acquirente S.A. in sede di vendita, in tal modo escludendo erroneamente l’applicabilità della norma di cui all’art. 2901 c.c., comma 3, al caso di specie, nonchè per aver erroneamente ritenuto sussistente il pregiudizio nei confronti della massa dei creditori a seguito della stipulazione dell’atto impugnato;
che il motivo è manifestamente infondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come costituisca principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in forza del quale l’esenzione dalla revocatoria ordinaria dell’adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto sancito dall’art. 2901 c.c., comma 3, traendo giustificazione dalla natura di atto dovuto della prestazione del debitore una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex art. 1219 c.c., ricomprende anche l’alienazione di un bene eseguita per reperire la liquidità occorrente all’adempimento di un proprio debito, purchè essa rappresenti il solo mezzo per tale scopo, ponendosi in siffatta ipotesi la vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un atto dovuto, si da poterne escludere il carattere di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca” (Sez. 3, Sentenza n. 7747 del 19/04/2016, Rv. 639524 – 01; conf. Sez. 1, Sentenza n. 14420 del 07/06/2013, Rv. 626597 – 01);
che, ciò posto, varrà evidenziare come, nel caso di specie, gli odierni ricorrenti abbiano del tutto trascurato di allegare in questa sede la circostanza (mai rilevata dal giudice a quo) che l’alienazione posta a oggetto dell’azione revocatoria in esame costituisse effettivamente il solo mezzo per lo scopo, eventualmente perseguito dagli originari cedenti, di reperire la liquidità occorrente all’adempimento di un proprio debito e, dunque, che l’atto impugnato si ponesse in rapporto di strumentalità effettivamente “necessaria” al compimento del dedotto “atto dovuto”;
che tale omessa allegazione vale conseguentemente a escludere l’applicabilità, al caso di specie, del principio di diritto sopra richiamato ai fini dell’esenzione, dalla revocatoria ordinaria, dell’adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto sancito dall’art. 2901 c.c., comma 3 (cfr., in termini, Sez. 3, Ordinanza n. 22275 del 13/09/2018);
che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
che non vi è luogo all’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo alcun intimato svolto difese in questa sede;
che dev’essere viceversa resa l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019
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