LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10457-2018 proposto da:
P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DURANTI ENRICO;
– ricorrente –
IPI SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato RIZZO NUNZIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RIZZO AMALIA;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 887/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE MARGHERITA MARIA.
RILEVATO
Che:
La Corte di appello di Napoli con la sentenza n. 887/2018, rigettando le ulteriori domande inerenti la illegittimità del licenziamento, aveva dichiarato inefficace il recesso datoriale esercitato da IFI spa nel rapporto di lavoro con P.R., ed aveva condannato la società a pagare in favore del P. una indennità pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto oltre interessi e rivalutazione dal di della sentenza.
La corte napoletana aveva ritenuto provato l’addebito circa la prevalente utilizzazione da parte del lavoratore dei permessi di cui alla L. n. 104 del 1992 in attività estranee ai compiti di assistenza alla figlia; aveva escluso la natura ritorsiva del licenziamento in quanto non corroborata da prova ed aveva infine valutato proporzionata la sanzione espulsiva rispetto ai fatti addebitati, in quanto violato il vincolo fiduciario. Il Giudice del gravame aveva invece considerato non regolare il procedimento disciplinare in quanto la società non aveva provveduto a sentire le difese del lavoratore se pur dallo stesso espressamente richiesta l’audizione. In conseguenza di ciò aveva valutato inefficace il recesso e riconosciuta al P. la tutela indennitaria.
Avverso detta decisione P.R. proponeva ricorso affidato a due motivi di censura cui resisteva la società con controricorso anche contenente ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. IFI spa depositava successiva memoria.
CONSIDERATO
Che:
Ricorso principale:
1) con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2712 e 2729 c.c., art. 115 c.p.c., art. 111 Cost.. In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, erroneamente, la corte territoriale, conferito rilevanza probatoria privilegiata ai rapporti investigativi pur in presenza di specifica contestazione del P..
Il motivo è inammissibile poichè, pur a fronte del richiamo del vizio inerente la violazione di legge, parte ricorrente richiede sostanzialmente una diversa valutazione degli elementi probatori già considerati e valutati, nella loro specifica incidenza processuale sulla valutazione dei fatti, dalla corte napoletana. Questa non solo ha esaminato e giudicato il risultato dell’indagine investigativa, ma ha pure rilevato la carenza di specifiche e significative contestazioni del lavoratore rispetto alle evidenze registrate e, soprattutto, la carenza di elementi di fatto contrastanti e quindi tali da inficiarne la valenza probatoria.
Come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016).
2) Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., L. n. 300 del 1970, art. 7, CCNL grafico industriale art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistere un rapporto di proporzionalità tra addebiti e sanzione espulsiva.
Parte ricorrente si duole in particolare, in assenza di specifica previsione contrattuale di fattispecie relativa alle violazioni addebitate, della mancata applicazione, sia pur in via analogica, dell’art. 12 “disciplina del lavoro” del CCNL Grafico industriale, relativo alle sanzioni di tipo conservativo.
Il motivo risulta inconferente ed inammissibile poichè la corte d’appello ha fondato la decisione circa la sanzione espulsiva su valutazioni di merito attinenti alla gravità del comportamento; questo, attentamente esaminato, ha fatto escludere ogni ipotesi di sanzione conservativa, attesa la rilevanza del fatto addebitato. La valutazione, coerentemente espressa, non può essere oggetto di ri-valutazione in questa sede di legittimità.
Il ricorso principale è inammissibile.
Ricorso incidentale:
1) Con unico motivo la società si duole della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in discussione tra le parti, con riguardo alla richiesta di audizione inoltrata dal lavoratore al datore di lavoro. In particolare rileva la erronea valutazione della corte territoriale sulla regolarità della notifica alla società della richiesta inoltrata dal lavoratore, segnalando la natura non familiare della società e dunque la incongruente attestazione di ricevimento da parte del “genero” per conto della società, nonchè le attestazioni rilasciate da Poste italiane significative della mancata consegna della richiesta in questione alla società.
Deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso incidentale risulta essere tardivo. Questa Corte ha chiarito che “in tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale tardivo, proposto oltre i termini di cui agli artt. 325 c.p.c., comma 2, ovvero art. 327 c.p.c., comma 1, è inefficace qualora il ricorso principale per cassazione sia inammissibile, senza che, in senso contrario rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 371 c.p.c., comma 2, (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale). Cass.n. 6077/2015.
Nel caso di specie, il procedimento cui è assoggettata la controversia in esame, relativa a licenziamento (L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 47), prevede che il ricorso per cassazione possa essere proposto entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione se anteriore. Contro la sentenza della corte napoletana, pubblicata l’8 febbraio 2018 e in pari data comunicata (come dichiarato dalla stessa società appellante incidentale – pg 1 del controricorso), è stato proposto appello incidentale il 2 maggio 2018, tardivamente rispetto al termine di sessanta giorni come sopra indicato. Quest’ultimo, rispetto al procedimento speciale in materia di licenziamenti, costituisce il termine di riferimento rispetto al quale, parallelamente all’art. 325 c.p.c. o art. 327 c.p.c., va valutata la tempestività del ricorso.
Pertanto il ricorso incidentale è inefficace. Quanto alle spese deve richiamarsi il principio secondo cui “in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al “decisum” evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale” (Cass.n. 15220/2018). Nulla per le spese relative al ricorso incidentale.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019
Codice Civile > Articolo 12 - (Omissis) | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2106 - Sanzioni disciplinari | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2119 - Recesso per giusta causa | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2712 - Riproduzioni meccaniche | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2729 - Presunzioni semplici | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 327 - Decadenza dall'impugnazione | Codice Procedura Civile