Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26234 del 16/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16448-2018 proposto da:

MEDICANOVA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato MARIA LIMONGI, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO MACCHIA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI SALERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VALERIO CASILLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1151/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 24/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/5/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Medicanova s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione – riferito a due motivi – avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 1151/2017 (depositata il 24 novembre 2017 e non notificata), con la quale veniva rigettato l’appello dalla stessa ricorrente formulato contro la sentenza n. 370/2012 del Tribunale di Salerno, con cui era stata accolta l’opposizione avanzata dall’A.S.L. SA2 al decreto monitorio n. 7406/2009, con il quale era stato ingiunto alla predetta A.S.L. – su istanza della Medicanova s.r.l. – il pagamento della somma di Euro 573.623,03 per le prestazioni sanitarie erogate nei mesi di ottobre-dicembre 2007 in favore degli assistiti dal S.S.N..

A fondamento dell’adottata decisione la Corte territoriale, nel riconfermare la statuizione di primo grado, rilevava che incombeva sull’appellante – opposta nel giudizio di prime cure (e, quindi, attrice in senso sostanziale) – l’assolvimento dell’onere probatorio (tuttavia, in concreto, non assolto) relativo al mancato superamento del tetto di spesa individuato sulla scorta del fatturato dell’anno 2006 incrementato del 10% e, comunque, in ordine al mancato superamento di quello fissato per la macroarea di appartenenza.

Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione c/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., avuto riguardo alla parte in cui la sentenza impugnata aveva posto a carico di essa società – quale Centro accreditato dal S.S.N. – l’onere probatorio relativo al mancato superamento del tetto di spesa per l’anno di riferimento.

Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – sempre in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui con la stessa sentenza impugnata era stato accollato in capo ad essa società ricorrente l’onere probatorio riguardante la circostanza dell’esaurimento del tetto di spesa per l’anno precedente.

L’intimata A.S.L. SA2 ha resistito con controricorso, instando per il rigetto del ricorso.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il ricorso potesse essere -con riferimento ad entrambi i motivi tra loro connessi – dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Rileva il collegio che, in effetti, le due censure del ricorso – esaminabili congiuntamente siccome tra loro logicamente collegate e riferibili alla stessa questione giuridica e alla medesima dedotta violazione di legge sono manifestamente fondate, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Infatti, nel respingere l’appello della Medicanova s.r.l., la Corte territoriale è incorsa nella prospettata violazione dell’art. 2697 c.c., avendo invertito il riparto attinente all’assolvimento dell’onere probatorio con riferimento al rapporto dedotto in giudizio derivante dal convenzionamento con il S.S.N., in ordine al quale la ricorrente aveva chiesto il rimborso delle prestazioni sanitarie erogate nel periodo ottobre-dicembre 2007 in favore degli assistiti dal S.S.N..

A tal proposito il giudice di appello – nell’adottare l’impugnata sentenza – ha disatteso l’indirizzo giurisprudenziale tracciato (in particolare, a partire dalla sentenza n. 17437/2016) da questa Corte (dal quale non si ha motivo di discostarsi), alla stregua del quale, ai fini dell’individuazione del riparto dell’onere probatorio relativo alla pretesa dell’odierna ricorrente, ad essa spettava solo di provare – quale fatto costitutivo del diritto esercitato – l’esistenza del rapporto di accreditamento e dell’esecuzione delle prestazioni per le quali aveva chiesto il rimborso, gravando, invece, sulla A.S.L. SA2 la dimostrazione del fatto (non costitutivo del diritto della Medicanova s.r.l. ma) impeditivo dell’accoglimento della pretesa azionata, identificantesi con il superamento del tetto di spesa, fatto che, essendo stato opposto al fine di paralizzare il titolo vantato dalla controparte, andava provato dalla parte eccipiente, e, quindi, nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, da essa A.S.L., quale parte opponente (convenuta in via sostanziale).

Infatti, pur rappresentando – come posto in risalto nell’impugnata sentenza – il rispetto del tetto di spesa per tutti i soggetti operanti nel sistema sanitario un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni convenzionate che il S.S.N. può erogare, è sull’A.S.L. competente che deve ritenersi imposto l’obbligo di far osservare il relativo limite massimo di impegno finanziario (programmato dalle singole Regioni) alle strutture che operano in regime di convenzionamento e, perciò, di portare tempestivamente a conoscenza di queste ultime il raggiungimento di tale tetto. Solo una volta che si sia venuta a verificare questa condizione e l’A.S.L. abbia perciò sospeso – con ufficiale determinazione provvedimentale dell’organo a ciò legittimato – il sistema di convenzionamento, non essendovi obbligo di erogare la prestazione, la struttura privata è tenuta ad avvertire l’utente richiedente ulteriori prestazioni eccedenti il tetto (il cui superamento deve essere stato già attestato e formalmente comunicato dalla A.S.L.) della non rimborsabilità a carico del Servizio sanitario regionale (che agisce per conto del S.S.N.) delle medesime, e, in caso di indisponibilità a sopportarne il relativo costo, rifiutare la prestazione (o erogarla sopportandone i costi).

Da ciò deriva che, con riferimento alla fattispecie dedotta con il ricorso, incombeva alla controricorrente A.S.L. provare che, per effetto delle prestazioni rese in regime di convenzionamento dalla Medicanova s.r.l. (da quest’ultima riscontrate come effettivamente erogate), si era venuta a concretizzare la condizione – impeditiva del riconoscimento del diritto al rimborso da parte dell’odierna ricorrente – riconducibile al superamento del tetto della spesa sanitaria fissato con provvedimento regionale – o, comunque, adottato dall’autorità pubblica a ciò preposta – e che sarebbe stato necessario osservare con riferimento all’indicato intervallo temporale.

Deve, perciò, essere affermato il principio di diritto (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio e da ultimo ribadito anche da Cass. n. 3403/2018 e da Cass. n. 23324/2018) secondo cui, in tema di pretesa creditoria della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate in ambito di Servizio Sanitario Nazionale, il mancato superamento del tetto di spesa fissato secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti non integra un fatto costitutivo da provarsi dalla struttura creditrice, ma rileva nel suo contrario positivo, cioè come fatto impeditivo, con la conseguenza che il fatto del superamento del suddetto tetto deve essere dimostrato dalla parte debitrice (ovvero dalla competente A.S.L.).

In definitiva, in accoglimento del formulato ricorso, l’impugnata sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione che, nell’attenersi al principio di diritto precedentemente enunciato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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