Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26592 del 18/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25535-2017 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 3, presso lo STUDIO LEGALE LEXIA, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO DAGNINO;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 11, presso lo studio dell’avvocato SIMONE BECCHETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MAIORANA;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO ROBERTO.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Palermo con la sentenza n. 196/2017, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava inammissibile l’opposizione proposta da L.G. avverso i ruoli nn. 354/2004, 279/2005, 947/2005, 1123/2006, 1108/2007, 735/2008, 1186/2008, 1869/2008, 394/2009, 754/2009 e 1465/2009. Annullava invece le cartelle di pagamento di cui ai ruoli nn. 1938/2009, 2344/2009, 491/2010, 1095/2010, 1388/2010, 2156/2010 e 2451/2010 e condannava L.G. al pagamento in favore dell’Inps dell’importo di Euro 5145,51 oltre interessi e sanzioni come per legge.

A fondamento della pronuncia la Corte riteneva che non fosse preclusa al contribuente l’impugnazione dell’estratto di ruolo tutte le volte che la cartella di pagamento a monte non fosse stata validamente notificata, come riconosciuto dalle Sezioni Unite con sentenza n. 19704 del 2015. Ciò posto, la Corte, premesso che non erano stati prodotti i titoli impositivi costituiti dalle cartelle, osservava che per un primo gruppo di cartelle (gruppo A) risultavano ritualmente prodotte le relate delle notificazioni effettuate a mani della madre o della sorella conviventi del L. (con conseguente inammissibilità del ricorso proposto oltre il termine di 40 giorni). Per un secondo gruppo di cartelle (gruppo B) non risultava provato, invece, il completamento del procedimento notificatorio eseguito con il rito degli irreperibili ai sensi dell’art. 140 c.p.c. Dall’accertata rituale notificazione del primo ordine di cartelle discendeva il consolidamento dell’atto impositivo con decadenza dagli ulteriori profili di doglianza di carattere formale. La Corte dichiarava pertanto l’inammissibilità dell’opposizione proposta avverso i ruoli esecutivi di cui alla lettera A). Riguardo ai ruoli di cui alla lettera B), in quanto relativi a cartelle notificate ai sensi dell’art. 140 c.p.c. per le quali non risultava provata l’invio della raccomandata informativa, l’opposizione veniva invece ritenuta ammissibile; e tuttavia, a giudizio della Corte territoriale, la mancanza di qualsiasi ragione di opposizione sostanziale da parte del contribuente autorizzava il collegio a ritenere accertati i crediti contributivi nei limiti degli importi a titolo di sorte capitale e sanzioni, risultanti dagli estratti di ruolo impugnati, al cui pagamento la Corte condannava quindi la stessa parte opponente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione L.G. con tre motivi ai quali si sono opposti Riscossione Sicilia Spa e l’Inps con controricorso.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

RITENUTO

CHE:

1.- col primo motivo il ricorso deduce la nullità della sentenza per motivazione mancante o comunque perplessa o apparente e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, u.c., dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; ciò perchè, in relazione alle cartelle del primo gruppo (indicate come gruppo A), ritenute regolarmente notificate in quanto per esse risulterebbero ritualmente prodotte in giudizio le relate delle notificazioni effettuate a mani della madre o della sorella convivente della ricorrente, l’impugnata sentenza era anzitutto nulla per genericità della motivazione tale da determinarne il carattere apparente. La sentenza era inoltre errata per omesso esame del fatto decisivo relativo all’avvenuto invio della cosiddetta raccomandata informativa; e la stessa censura veniva sollevata anche sotto il profilo della violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate, nonchè dell’art. 2697 c.c. considerato che i giudici d’appello avevano ritenuto, appunto, valide le notifiche in difetto di prova della raccomandata informativa prevista dalla legge.

1.1. Il motivo è inammissibile per le considerazioni di seguito indicate. Va anzitutto escluso il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c. dal momento che la Corte ha affermato, in sostanza, che l’impugnazione dei ruoli fosse inammissibile in quanto le cartelle a monte erano state correttamente notificate; e ciò, dal punto di vista del contenuto del provvedimento, rappresenta una motivazione chiara ed intellegibile delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e non comporta alcun contrasto con l’art. 132 c.p.c., la cui violazione richiede la mancanza totale, la manifesta e irriducibile contradditorietà o la mera apparenza della motivazione (Cass. nn. 8053/2014, 27112/2018, 4448/2014).

1.2.- Per quanto concerne invece la censura relativa alla mancanza dell’invio della raccomandata informativa, quale adempimento essenziale della notifica delle relative cartelle, la stessa si rivela inammissibile per un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo il motivo è inammissibile per la novità della censura dal momento che non risulta comprovato che la stessa questione della necessità dell’invio della raccomandata informativa fosse stata sollevata davanti il giudice di primo grado e nemmeno fatta oggetto di specifico motivo d’appello. Risulta invece il contrario posto che (v. a pag 6 e a pag. 8 del ricorso) nè le note autorizzate per l’udienza di discussione del 30.10.2014 (richiamate in ricorso in modo non consono al principio di autosufficienza), nè i motivi sollevati con l’appello proposto dal L. dimostrano che la questione di cui si discute fosse stata sollevata; mentre, per contro, la sentenza d’appello sostiene che l’appellante avesse lamentato soltanto “l’inesistenza della notificazione ovvero in subordine il vizio radicale dovuto all’apposizione della relata di notificazione sul frontespizio dell’atto notificato”.

In secondo luogo va Osservato che la giurisprudenza di questa Corte nella sentenza richiamata dal ricorrente (Cassazione n. 2868/2017) richiede necessario l’adempimento dell’invio della raccomandata informativa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (introdotto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 27, lett. a) per i soli avvisi di accertamento la cui notifica sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte. Anche a voler ritenere applicabile la stessa norma alle cartelle esattoriali in forza del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, u.c. richiamato in ricorso (ma in senso contrario per le cartelle esattoriali si esprime l’ordinanza di questa Corte n. 12181 del 17/05/2013), va rilevato che nel caso di specie non risulta nemmeno dedotto e documentato in ricorso che si tratti di una notifica eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’Ufficio (oppure a mezzo posta).

In altri termini, il rispetto del principio invocato in ricorso – sulla necessità dell’invio della raccomandata informativa – comportava, preliminarmente, che il ricorrente deducesse e comprovasse di aver sollevato tempestivamente la questione nel giudizio di merito e che la fattispecie si riferisse effettivamente ad una notifica eseguita da messi comunali o da altri messi speciali incaricati.

2.- Col secondo motivo viene dedotta nullità della sentenza per violazione principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto la Corte d’appello, stante la mancata prova del completamento del procedimento notificatorio eseguito con il rito degli irreperibili, ha annullato le cartelle indicate come gruppo B), ma nel contempo, in mancanza di un motivo di opposizione sostanziale, ha condannato l’opponente a pagare all’INPS le somme risultanti dai ruoli relativi alle stesse cartelle annullate, pur in difetto di una domanda riconvenzionale subordinata formulata dagli avversari.

2.1.- Il motivo è infondato; ed invero la Corte, stante la più volte evidenziata mancanza di motivi di opposizione sostanziale da parte del ricorrente sul merito della pretesa contributiva iscritta a ruolo, e rilevata la nullità della notifica di alcune cartelle, indicate in sentenza, ha condannato ugualmente la stessa parte appellante al pagamento in favore dell’INPS nei limiti degli importi a titolo di sorte capitale e sanzioni, risultanti dagli estratti di ruolo impugnati.

2.2. In tal modo la Corte ha fatto corretta applicazione del principio costantemente applicato dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 6672 del 3 maggio 2012; Cass. n. 17756 del 2014; n. 1111 del 2018), secondo cui la controversia in opposizione a cartella esattoriale, sul modello dell’opposizione a decreto ingiuntivo, non si risolve nella mera verifica della regolarità del titolo, ma comporta la valutazione di merito nel rapporto debito-credito fra datore di lavoro ed ente previdenziale. Ed infatti, l’accertata irritualità della notifica della cartella (mero atto di comunicazione del credito iscritto a ruolo) comporta soltanto l’ammissibilità di una opposizione tardiva da parte dell’opponente; ma non comporta certo, in mancanza di motivi sostanziali di opposizione, il venir meno della pretesa impositiva sottostante, legittimando, per contro, il giudice a ritenere sussistenti gli stessi crediti iscritti a ruolo, e senza che allo scopo occorra alcuna domanda riconvenzionale da parte dell’ente creditore.

Nel caso di specie la Corte d’appello, rilevata la nullità della notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. ed esclusa qualsiasi rilevanza al dedotto vizio formale concernente la mancanza di sottoscrizione del ruolo da parte del capo ufficio, ha correttamente pronunciato la condanna dell’appellante al pagamento in favore dell’INPS delle somme iscritte a ruolo.

3.- Col terzo motivo viene dedotto error in procedendo per omessa pronuncia e conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte d’appello pronunciato sulla censura relativa al calcolo degli interessi di mora e dell’aggio di riscossione emergenti dall’estratto di ruolo avendo erroneamente dichiarato assorbite le censure in oggetto, in virtù della statuizione avente per oggetto le cartelle ritenute regolarmente notificate, nonostante si tratti di oneri aggiuntivi maturati successivamente alla notifica delle stesse cartelle e calcolati nell’estratto di ruolo nell’importo aggiornato alla data della stampa, allo scopo di attualizzare il debito.

Il motivo va respinto in quanto, ancorchè la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciare in proposito, tuttavia lo stesso motivo deve essere ritenuto inammissibile per la genericità della doglianza sollevata sul quantum degli importi in discussione, essendo onere della parte opponente, tanto più a fronte di importi quali quelli in oggetto calcolati sulla scorta di norme di legge, sollevare una specifica contestazione del quantum ex art. 416 c.p.c. e prospettare l’asserita illegittimità in modo specifico con indicazione degli importi erroneamente richiesti e di quelli asseritamente dovuti.

Pertanto, pur in presenza dell’omissione di pronuncia, il contenuto dell’eccezione formulata dal ricorrente si rivelerebbe inammissibile e quindi inidonea a condurre alla cassazione della sentenza, essendo in tal caso inutile il ritorno della causa alla fase di merito, anche alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2 (Cass. n. 5729/2012).

4.- Per gli esposti motivi il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

5.- Deve darsi atto che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascun controricorrente dell’importo di Euro 3000 oltre ad Euro 200 per esborsi, al 15% di spese generali ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019

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