LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 666-2018 proposto da:
R.G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
V.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1140/2017 del TRIBUNALE di FORLI’, depositata il 22/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO FRANCESCO MARIA.
FATTI DI CAUSA
1. L’avv. R.G.L. convenne in giudizio V.L. davanti al Giudice pace di Forlì, chiedendo che fosse condannato a corrispondergli la somma di Euro 1.570 a titolo di compensi relativi all’attività da lui prestata in favore del medesimo in un giudizio di risarcimento danni da irragionevole durata del processo conclusosi davanti alla Corte d’appello di Ancona.
Si costituì in giudizio il convenuto, sostenendo che la somma richiesta non era conforme alle tabelle professionali ed offrendo la somma di Euro 1.037,96, che venne accettata dall’attore in conto della maggiore asseritamente dovuta.
Il Giudice di pace accolse in parte la domanda e riconobbe che all’attore spettava la somma da lui già accettata banco iudicis.
2. La pronuncia è stata impugnata dall’avv. R. e il Tribunale di Forlì, con sentenza del 22 novembre 2017, ha dichiarato il gravame inammissibile per mancanza dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., condannando l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.
Ha osservato il Tribunale che l’atto di appello era una riedizione dell’atto di citazione di primo grado e che non chiariva quali fossero le parti della sentenza meritevoli di censura, nè le relative ragioni giuridiche.
3. Contro la sentenza del Tribunale di Forli ricorre l’avv. R.G.L. con atto affidato a due motivi.
V.L. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Rileva il Collegio, in via preliminare, che il ricorso è inammissibile per ragioni formali, posto che il ricorrente non ha provato, tramite la produzione dell’apposita cartolina, di aver perfezionato il procedimento di notifica del ricorso alla controparte.
Risulta dagli atti a disposizione della Corte che il ricorrente ha spedito a mezzo posta una copia del ricorso per cassazione a V.L., presso il domicilio da questi eletto nel giudizio di appello, ossia presso lo studio dell’avv. Arianna Pollini. Non vi è in atti, però, alcuna prova della ricezione di tale raccomandata da parte del destinatario.
Com’è noto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (sentenza 14 gennaio 2008, n. 627, più volte ribadita dalla giurisprudenza successiva).
Ora, poichè nel caso in esame l’intimato non si è costituito ed il ricorrente non si è attivato nè per produrre la cartolina attestante il ricevimento del ricorso notificato, nè per chiedere un’eventuale rimessione in termini nei termini previsti dalla suindicata pronuncia, l’esito non può essere che quello della inammissibilità.
2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 16 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019