LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4906/2018 proposto da:
C.G., C.C., CA.GI. nella qualità di eredi di S.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVORNO, 6, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE TEDESCO, rappresentati e difesi dall’avvocato CRISTIAN CARPINETA;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, ***** in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1278/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 30/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso notificato il 29 gennaio 2018 gli eredi di S.M. hanno impugnato la sentenza della Corte d’appello de l’Aquila n. 1278/2017, pubblicata il 30 giugno 2017, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale de l’Aquila che ha dichiarato prescritta l’azione di risarcimento dei danni proposta dalla loro congiunta il 15 aprile 2002, in conseguenza alla acquisita consapevolezza di avere contratto, nel *****, una infezione da epatite C, a causa di una emotrasfusione ricevuta in concomitanza con un parto cesareo. La parte intimata ha notificato il controricorso nei termini indicati in epigrafe. Le parti hanno prodotto memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, L. n. 210 del 1992, ex art. 1, comma 3.
2. Il motivo è fondato.
3. In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, ai fini dell’individuazione dell'”exordium praescriptionis”, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle “praesumptiones de praesumpto” (v. per tutte Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 1741 del 28/06/2019: nella specie la Corte ha ritenuto che il fatto noto non potesse essere desunto dalla mera preesistenza della malattia, al fine di stabilire il dies a quo della prescrizione).
4. In sintesi, la Corte di merito non ha dimostrato di essersi attenuta al suddetto principio di diritto, mentre ha dato rilievo al fatto, in sè poco significativo, che nel 1994 la vittima si era sottoposta a un primo accertamento, ove era risultata la presenza di anticorpi dell’epatite C, definitivamente accertata nel 1998 tramite un esame istologico delle cellule del fegato prelevate mediante biopsia, mediante il quale si è potuta appurare l’irreversibilità della malattia e la sua riconducibilità all’emotrasfusione praticata in occasione dell’intervento cesareo.
5. Accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello de l’Aquila in diversa composizione affinchè decida anche in merito alle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata, con rinvio a Corte d’ appello de l’Aquila in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019