Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29301 del 12/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITTI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6943-2017 proposto da:

TALEA SOCIETA’ DI GESTIONE IMMOBILIARE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIO FANI 106/B, presso lo studio dell’avvocato ROSSI MASSIMILIANO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GHIBELLINI STEFANO, GHIBELLINI ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

PAUSE CAFFE’ DI C.S. E M.T. SNC, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO GUIDO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VIALE MIRELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1318/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 29/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO GABRIELE.

RILEVATO

Che:

con sentenza del 25 settembre 2015, il Tribunale di Genova, in accoglimento della domanda proposta da Talea società di gestione immobiliare S.p.A., proprietaria di un immobile in Genova, locato a Pause Caffè s.n.c., dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento della conduttrice, perchè, alla data di intimazione di sfratto, la stessa aveva omesso il pagamento della rata trimestrale scaduta dopo il 1 gennaio 2014, condannandola al rilascio dell’immobile;

avverso tale sentenza proponeva appello la convenuta. Si costituiva in giudizio l’appellata chiedendo la reiezione del gravame;

con l’unico motivo di impugnazione parte appellante contestava la rilevanza del dedotto inadempimento, sostenendo che il ritardo nel pagamento dei canoni nei termini fissati nel contratto, non qualificati come essenziali, fosse stato tollerato in passato dalla locatrice, poichè la stessa era, a sua volta, in ritardo nell’emissione delle fatture. In secondo luogo, tutte le spettanze della locatrice erano state saldate il giorno della notifica dell’intimazione di sfratto. Infine, la somma pagata in ritardo rappresentava solo parte del canone trimestrale e il ritardo non aveva inciso in maniera apprezzabile sull’economia complessiva del rapporto;

costituitasi in giudizio la locatrice sosteneva che l’obbligo di pagamento dei canoni fosse svincolato dall’emissione delle fatture, negando di avere tollerato i ritardi e lamentando un sistematico comportamento della conduttrice caratterizzato da ritardi reiterati, oltre al mancato tempestivo pagamento di circa la metà del canone trimestrale;

con sentenza del 29 dicembre 2016 la Corte d’Appello di Genova, in riforma della sentenza impugnata, respingeva le domande proposte da Talea S.p.A;

rilevava la Corte territoriale che, avuto riguardo all’importo della somma versata in ritardo (Euro 3219 su Euro 6439) e all’entità stessa del ritardo (poche settimane) l’inadempimento non avesse determinato un effettivo squilibrio sinallagmatico contrattuale e che i pregressi ritardi assumevano un significato non univoco, mentre la protratta tolleranza di Talea lasciava intendere che la locatrice non aveva attribuito particolare rilevanza alla mancanza di puntualità della conduttrice, che comunque non aveva mai provocato un accumulo di canoni insoluti;

avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione Talea Società di gestione immobiliare S.p.A. affidandosi a due motivi che illustrava con memoria. Resisteva con controricorso Pause Caffè di S. e M.T.C. snc e depositava memoria ex art. 380-bis c.p.c;

con ordinanza interlocutoria del 9 gennaio 2019 questa Corte rilevava che dalle risultanze processuali emergeva che, al momento del deposito del ricorso per Cassazione, parte ricorrente aveva allegato la copia autentica della sentenza impugnata e la copia cartacea della notifica a mezzo pec, priva sia della relativa asseverazione successivamente integrata con il deposito, in data 31 ottobre 2018, sia dell’asseverazione riferita alla notifica della sentenza impugnata. Ricorrendo pertanto l’ipotesi oggetto di Cass. Sez. 6-3 n. 28844 del 9 novembre 2018 la trattazione veniva rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite e nuovamente fissata per la data odierna. La società ricorrente deposita memoria er art. 380-bis c.p.c.

CONSIDERATO

Che:

in ordina alla regolarità del deposito della sentenza impugnata con la relata di notifica, oggetto della ordinanza interlocutoria, la questione è stata risolta dalla decisione delle sezioni unite del 25 marzo 2019 numero 831211, quale ha affermato che per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, il ricorrente ha l’onere di depositare la asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, sino all’adunanza in camera di consiglio ovvero che il controricorrente non ne disconosca la conformità all’originale della copia analogica depositata. Nel caso di specie parte controricorrente non ha formulato alcuna eccezione in ordine alla notifica della sentenza a mezzo pec prodotta dalla ricorrente la quale, comunque, ha provveduto al deposito della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio pec, prima dell’adunanza camerale del 2 novembre 2018. Conseguentemente non sussistono profili di improcedibilità del ricorso;

con il primo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla conclusione del contratto di locazione che all’art. 3 contiene una clausola risolutiva espressa e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il fatto dell’esistenza della clausola risolutiva espressa la quale prevede che “il mancato puntuale pagamento in tutto o in parte per qualunque causa, anche di una sola rata del canone, può costituire la ragione per il locatore di dichiarare risolto il contratto di locazione per grave inadempimento ai sensi degli artt. 1453 e 1456 c.c., senza obbligo per il locatore di messa in mora”. Le parti avevano discusso della conclusione della clausola risolutiva espressa e della sua operatività che, al contrario, non era stata presa in esame dal giudice di appello;

con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 1456 c.c. e la falsa applicazione dell’art. 1455 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, la Corte d’Appello, anzichè dare atto dell’inadempimento e ricondurre la fattispecie all’art. 1456 c.c., avrebbe compiuto una erronea sussunzione nella diversa ipotesi prevista all’art. 1455 c.c., che riguarda la risoluzione per grave inadempimento. Al contrario, l’ipotesi avrebbe dovuto essere riferita alla norma successiva, in considerazione della clausola risolutiva espressa che attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto senza doverne provare la importanza. Ciò preclude al giudice di merito l’accertamento della gravità dell’inadempimento e ciò sulla base di costante orientamento di legittimità;

appare preliminare l’esame del secondo motivo. La sentenza impugnata è viziata da errore di sussunzione della fattispecie di fatto ricondotta all’ipotesi di cui all’art. 1455 c.c. e non a quella ex art. 1456 c.c., attesa la pattuizione di una clausola risolutiva espressa che non consente al giudice di merito di valutare il profilo della gravità dell’inadempimento (Cass. n. 35751975; n. 4369-1997; n. 20854-2014). La parte ha manifestato di volersi avvalere della clausola con la intimazione di sfratto (pagine 5 e 6 del ricorso);

ricorre pertanto l’ipotesi di preventiva valutazione della gravità dell’inadempimento rimessa direttamente alle parti, sul presupposto del dato non contestato che il conduttore Pause Caffè per sei anni ha provveduto al versamento dei canoni di locazione con ritardo e che il locatore ha manifestato la volontà di avvalersi della clausola, come emerge dal contenuto dell’atto introduttivo correttamente riportato in ricorso (in ordine alla idoneità della dichiarazione di avvalersi della clausola contenuta in un atto giudiziale, senza la preventiva formulazione in via stragiudiziale, si vedano, Cass. 5 gennaio 2005, n. 167; Cass. 16 maggio 2002 n. 7178);

la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la risoluzione del contratto omettendo ogni valutazione riguardo alla gravità dell’inadempimento, non essendo tenuta ad effettuare alcuna indagine su tale profilo. Le parti avevano preventivamente valutato tale aspetto in linea con la ratio della clausola risolutiva, che ha la funzione di accelerare la risoluzione ed eliminare la necessità di indagini specifiche (Cass., 20 dicembre 2012, n. 23624). Il primo motivo è, conseguentemente, assorbito;

il contenuto della memoria della controricorrente non apporta elementi di novità.

ne consegue che il secondo motivo di ricorso per cassazione deve essere accolto ed il primo resta assorbito; la sentenza va cassata con rinvio, per quanto detto in premessa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, il primo assorbito;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2019. Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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