LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23100-2018 proposto da:
D.D.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA PINETA SACCHETTI, 201, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FONTANELLA, che la rappresenta e difende:
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UTG DI ROMA, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4376/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 28/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO CORRENTI.
FATTO E DIRITTO
D.D.S. propone ricorso per cassazione contro la Prefettura di Roma, che non svolge difese in questa sede, avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 28.2.2018 che ha dichiarato inammissibile il suo appello per tardività.
Il relatore ha formulato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
Manifesta fondatezza posto che il termine di sei mesi per la impugnazione decorre dalla pubblicazione della sentenza e cioè il 30.11.2015.
Il Collegio condivide e fa propria la proposta, avendo il giudice di appello erroneamente applicato la giurisprudenza, pur citata, in relazione a due possibili date di pubblicazione, emergendo, invece, dalla decisione di primo grado impugnata che la causa era stata decisa in una certa data ma il deposito della motivazione era avvenuto successivamente per cui solo quella era la data di pubblicazione.
Questa Corte non ignora la giurisprudenza sul punto in ordine alla possibile indicazione di due date di pubblicazione della sentenza (Cass. 17.11.2011 n. 24178, Cass. 1.8.2012 n. 13794, Cass. 30.4.2014 n. 9482), e l’intervento della Corte costituzionale, con la sentenza n. 3 del 2015, la quale ha dichiarato non fondata, nei termini indicati in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 133 c.p.c., commi 1 e 2, e dell’art. 327 c.p.c., comma 1 (nel testo anteriore alla modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17), impugnati in riferimento all’artt. 3 Cost., comma 2, e dall’art. 24 Cost., commi 1 e 2, in quanto, nell’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione, farebbero decorrere il termine lungo per l’impugnazione dalla data di deposito della sentenza, ove diversa ed anteriore rispetto alla data di effettiva pubblicazione. I giudici della Consulta hanno sancito che la separazione temporale dei due passaggi in cui si articola la procedura di pubblicazione (deposito da parte del giudice e presa d’atto del cancelliere), comprovata dalla apposizione di date differenti, costituisce una patologia gravemente incidente sulle situazioni giuridiche degli interessati e che, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata del censurato diritto vivente, per costituire dies a quo del termine per l’impugnazione, la data apposta in calce alla sentenza deve essere qualificata dalla contestuale adozione delle misure volte a garantirne la conoscibilità e solo da questo concorso di elementi consegue tale effetto che, in presenza di una seconda data, deve ritenersi di regola realizzato esclusivamente in corrispondenza di quest’ultima.
Sulla scia di questa decisione sono intervenute le SS.UU con la sentenza 22.9.2016 n. 18569 affermando il principio che il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità degli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione.
Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due date diverse, ai fini della verifica della tempestività della impugnazione, il giudice deve accertare quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del numero identificativo.
Più recentemente (Cass. ord 18.3.2019 n. 7635) questa Corte ha statuito che, in tema di impugnazione, nel caso in cui su una sentenza risulti apposta un’unica data relativa alla sua pubblicazione con attestazione del competente cancelliere, non rileva, ai fini della individuazione del termine ordinario ex art. 327 c.p.c., il mero previo inserimento della sentenza nel registro cronologico qualora manchino l’attestazione di altra data di deposito e, quindi, la scissione temporale tra il momento del deposito e quello della pubblicazione, che devono di regola essere coincidenti.
Nella fattispecie emerge chiaramente una unica data di deposito in cancelleria della sentenza, donde l’accoglimento del ricorso con cassazione e rinvio, anche per le spese.
P.Q.R.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Roma in persona di altro Magistrato.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019