Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.30241 del 20/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2687/2015 R.G., proposto da:

Totalerg s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Maletta e dall’avv. Pietro Cavasola, con domicilio eletto in Roma, Via de Petris n. 86.

– ricorrente –

contro

G. Costruzioni di G.G. s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Gian Battista Boscaini e dall’avv. Marco Lombardi, con domicilio eletto in Roma, Via Fulcieri Paulucci De Calboli, n. 1.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1338/2014, depositata in data 22.10.2014, notificata in data 28.11.2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.11.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

La G. s.r.l. (già G. s.p.a. ed ora G. s.a.s.) ha convenuto in giudizio la Total Italia s.p.a. (ora Totalerg s.p.a.), assumendo di aver acquistato, in data 28.6.2006, da C.A. e C.P. due fondi siti nel Comune di *****, in catasto ai fl. *****, partt. *****; che, precedentemente, in data 7.7.1995, queste ultime avevano stipulato con la Fina Italia s.p.a. (ora Totalerg s.p.a.) due convenzioni con cui erano state costituite, a carico di detti immobili, due servitù di non edificare in favore del mappale *****, su cui era prevista la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburante; che le suddette servitù avevano la durata di sei anni, prorogabile di anno in anno, con facoltà di recesso da comunicarsi tre mesi prima della scadenza; che in data 22.2.2006 C.A. e C.P. avevano esercitato il recesso, con conseguente estinzione delle servitù.

Ha chiesto di ordinare l’arretramento del serbatoio di GPL realizzato dalla società convenuta in violazione delle distanze legali, con condanna al risarcimento del danno.

Il Tribunale ha ordinato l’arretramento dell’impianto fino al rispetto di mt. 5 dal confine, con risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.

L’appello della Totalerg s.p.a. è stato respinto dalla Corte di Brescia, la quale ha ritenuto che, per effetto del recesso dalle convenzioni del 7.7.1995 le servitù si fossero estinte e che il serbatoio realizzato in loco dovesse arretrare nel rispetto delle previsioni dell’art. 890 c.c. e del D.P.R. n. 340 del 2003, non avendo le parti inteso derogare al regime delle distanze e non essendo invocabile il principio della prevenzione. Per la cassazione di questa sentenza la Total Erg ha proposto ricorso in 2 motivi e depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

La G. s.a.s. ha depositato controricorso e memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che, nel valutare la legittimità dell’impianto, la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che l’opera era stata assentita con Delib. Presidente Giunta Regionale n. 4994 del 1993, che ne aveva accertato la conformità rispetto al regime delle distanze legali, ed era stata realizzata due anni prima della stipula delle convenzioni del 7.7.1995, per cui non poteva sostenersi che “la costituzione della servitù di non edificare fosse necessaria affinchè l’impianto venisse autorizzato e realizzato”.

Il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 890 c.c. e D.P.R. n. 340 del 2003, art. 13, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, asserendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, l’art. 890 c.c., non impone un distacco minimo da osservare nell’installazione dei serbatoi, rinviando alla disciplina di settore; che, nel caso concreto, il D.P.R. n. 340 del 2003, art. 13, comma 2, regolava la distanza tra edifici per cui, essendo il fondo della G. s.r.l. all’epoca inedificato, non sussisteva alcuna prescrizione che imponesse di arretrare il serbatoio dal punto in cui era stato collocato.

2. Il ricorso è inammissibile.

La Totalerg s.p.a. ha notificato il ricorso per cassazione con raccomandata del 23.1.2015 ai sensi della L. n. 53 del 1994, con invio presso lo studio del difensore della G. s.a.s. sito in *****.

Non essendosi perfezionata la notifica per irreperibilità del destinatario, la società ricorrente ha provveduto ad effettuare una seconda notifica, sempre ai sensi della L. n. 53 del 1994, mediante raccomandata spedita in data 24.4.2015.

Dalla certificazione del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia, risulta tuttavia che, in data 29.7.2014, il difensore della resistente aveva trasferito lo studio in *****, comunicando alla controparte il nuovo indirizzo in occasione della notifica della sentenza impugnata, in data 28.11.2014.

Solo in data 14.4.2015 è stato riattivato e si è, quindi, perfezionato il procedimento notificatorio.

Occorre ribadire che la notificazione dell’impugnazione presso il domicilio dichiarato nel giudizio di primo grado, che abbia avuto esito negativo per l’avvenuto trasferimento dello studio, non ha alcun effetto giuridico.

La notifica va difatti effettuata al domicilio reale (quale risulta dall’albo professionale ovvero dagli atti processuali), poichè il dato di riferimento personale prevale su quello topografico.

La parte impugnante ha, in tal caso, la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio e la successiva notificazione avrà effetto dalla data di attivazione del procedimento, semprechè detta ripresa sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto – non superiore alla metà del termine per impugnare – tenuti presenti i tempi necessari per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni necessarie a provvedere alla rinnovazione (Cass. s.u. 17352/2009; Cass. s.u. 15594/2016; Cass. s.u. 15295/2014).

In tale ipotesi, la possibilità di superare eventuali decadenze è subordinata a due condizioni: l’errore sul domicilio del destinatario non deve essere imputabile al notificante e la nuova notifica deve essere eseguita entro un termine ragionevole (non superiore alla metà di quello stabilito a pena di decadenza).

Riguardo al profilo, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio eletto nel giudizio, se questi esercita l’attività in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, in alternativa, nel domicilio effettivo, previo riscontro, da parte dell’interessato, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione, non essendo giustificata la notificazione ad un indirizzo diverso (Cass. s.u. 14594/2016; Cass. s.u. 17532/2009; Cass. s.u. 3818/2009).

Ciò posto, deve ritenersi che nel caso in esame la ricorrente fosse in condizione conoscere la sede dello studio, considerato che il trasferimento era avvenuto nell’ambito del circondario di Brescia e risultava dall’albo del locale Consiglio dell’ordine.

L’errore in cui è incorsa la ricorrente non può, quindi, ritenersi scusabile ed inoltre il procedimento è stato riattivato dopo circa tre mesi dalla prima notifica, ben oltre un termine pari alla metà di quello fissato dall’art. 325 c.p.c., considerato che la sentenza appellata è stata notificata in data 14.11.2015.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza con liquidazione in dispositivo. Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della G. Costruzioni di G.G. s.a.s., pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5200,00 a titolo di compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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