LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26987/2015 proposto da:
P.B., P.A., rappresentati e difesi dall’avvocato FEDERICO GAVINO;
– ricorrenti –
contro
P.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1023/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 12/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione, notificato il 24.06.2002, P.F. conveniva davanti al Tribunale di Genova i figli P.A., B. e T., al fine di ottenere lo scioglimento della comunione ed il rimborso di somme che asseriva di aver anticipato per conto della comunione, oltre al risarcimento dei danni.
1.1 Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domande di pagamento e di quella risarcitoria; in via riconvenzionale, chiedevano l’accertamento dell’effettiva massa ereditaria.
1.2 Con separato atto di citazione, P.A., B. e T. proponevano un procedimento ex art. 2932 c.c., davanti al Tribunale di Genova, al fine di ottenere una sentenza che producesse gli effetti dell’atto preliminare di compravendita stipulato tra P.F. e L.N., atto in relazione al quale avevano esercitato diritto di prelazione ex art. 732 c.c.; ne offrivano l’adempimento e chiedevano che il giudice ordinasse il rilascio degli immobili oggetto di vendita, nonchè la liberazione degli stessi da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, mediante deposito delle somme di denaro necessarie.
1.3 I due procedimenti venivano riuniti ed il giudice di prime cure disponeva due CTU, la prima volta a descrivere gli immobili oggetto di preliminare di vendita, e la seconda volta sia a ricostruire l’attivo ed il passivo dell’azienda agricola intestata alla de cuius S.M.R. – moglie di P.F. e madre di P.A., B. e T. – sia ad accertare la divisibilità in natura dei beni.
1.4 Il Tribunale di Genova, con sentenza non definitiva n. 417/2011, rigettava la domanda ex art. 2932 c.c., di trasferimento coattivo delle quote ereditarie e dei diritti di P.F. sul compendio immobiliare dell’azienda e, con sentenza definitiva n. 694/2012, disponeva la divisione dei beni ereditari sulla scorta del progetto divisionale.
1.5 Avverso le sentenze del Tribunale di Genova nn. 417/2011 e 694/2012, P.A., B. e T. proponevano due distinti appelli, che venivano riuniti.
2. La Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 1023/2015 del 9.09.2015, respingendo gli appelli proposti da P.A., B. e T., confermava le sentenze di primo grado.
2.1 Quanto all’appello proposto avverso la sentenza n. 417/2011, relativo alla presunta tardività dell’esercizio della prelazione, la Corte territoriale, pur ritenendo tempestivo l’esercizio del diritto di prelazione da parte di P.A., B. e T., respingeva l’appello, affermando che l’estinzione dei vincoli di pignoramento ed ipoteca costituisse un facere infungibile, per cui non riteneva possibile il trasferimento degli immobili libero da pesi.
2.2 Quanto alla contestazione da parte di P.A., B. e T., per l’asserita errata divisione, operata dal tribunale sulla base del progetto divisionale predisposto dal ctu, la Corte territoriale respingeva l’appello, condividendo le conclusioni del CTU.
3. Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso P.A. e B..
3.1 P.F. è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o errata interpretazione dell’art. 2932 c.c., comma 2, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto di non poter disporre il trasferimento coattivo dell’immobile oggetto del contratto preliminare, in presenza di un pignoramento e di un’ipoteca gravante sul medesimo, nonostante si trattasse di obbligazioni accessorie in capo a P.F., essendosi il medesimo impegnato a trasferire il bene libero da pregiudizi.
1.1. Con lo stesso motivo (n. 1 b) si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte omesso di pronunciarsi sulla domanda di trasferimento, nonostante l’ipoteca fosse stata cancellata ed il pignoramento vedeva come creditore una delle parti, sicchè il CTU avrebbe potuto determinare il minor prezzo.
1. Il motivo è inammissibile.
1.1. La violazione dell’art. 112 c.p.c., è configurabile nell’ipotesi in cui il giudice ometta di decidere in relazione al bene della vita richiesto, mentre, nel caso di specie la corte di merito ha pronunciato sulla domanda ex art. 2932 c.c., ritenendola infondata.
1.2. Il motivo difetta, inoltre, di specificità in quanto i ricorrenti non trascrivono la clausola del contratto preliminare concluso tra il padre ed il terzo, in relazione al quale essi avevano esercitato il diritto di prelazione, sì da consentire alla Corte di verificare se l’immobile fosse stato promesso in vendita libero da vincoli.
2. Il secondo motivo è articolato in due sottomotivi: con il motivo 2)a, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale posto a fondamento della decisione unicamente le risultanze della CTU, senza tenere conto delle prove richieste dalle parti, che non sarebbero nè state ammesse nè espletate; con il motivo 2)b, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un punto decisivo della controversia discusso dalle parti, in quanto la corte territoriale non avrebbe tenuto conto che, al momento della morte della de cuius, tutti i beni costituenti l’azienda fossero nel solo possesso del coniuge e non avrebbe effettuato alcuna ricerca per ricostruire la gestione dell’azienda.
2.1 I motivi sono infondati.
2.2 La violazione dell’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare mentre la valutazione delle prove e la scelta tra le varie risultanze istruttorie di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, sono rimesse al giudice del merito (Cassazione civile sez. III, 29/05/2018, n. 13395).
2.3. Nella specie, la corte di merito ha posto a fondamento della decisione le risultanze della CTU, alle quali ha aderito, tenendo conto dei rilievi dei consulenti di parte, che ha specificamente esaminato ai punti da 14 a 17 della sentenza impugnata, in tal modo esaurendo l’obbligo della motivazione. (Cass. civ. n. 282/2009; così anche Cass. civ. n. 8355/2007 e n. 12080/2000).
2.4.Quanto alla doglianza relativa alla mancata ammissione dei mezzi istruttori, volti a ricostruire la gestione dell’azienda, il motivo è inammissibile perchè formulato senza il necessario rispetto del richiamato art. 366 c.p.c., n. 6, perchè non sono trascritte nel ricorso, nemmeno sinteticamente, le istanze non accolte dai giudici di merito 2.4. Si è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente non trascriva i capitoli di prova e non indichi i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare, elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto (Cass. n. 9748/2010 e fra le più recenti negli stessi termini Cass. n. 8204/2018).
3. Con il terzo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 165 c.p.c. e dell’art. 74 disp. att. c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente ammesso la produzione di documentazione attestante il versamento di somme di denaro dal de cuius ai ricorrenti, che sarebbe inconferente e generica, in tal modo viziando le risultanze della relazione peritale.
3.1 Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
3.2. Le questioni relativa alla valutazione della rilevanza delle prove sono di esclusivo apprezzamento del giudice di merito e, come tali, sottratte al sindacato di legittimità; del resto, i ricorrenti, solo tardivamente, in sede di legittimità, hanno contestato la rilevanza probatoria della documentazione utilizzata dal CTU mentre in appello si erano limitati a dedurre il mancato rispetto del termine di cui all’art. 184 c.p.c. e l’irregolarità della produzione.
4. Con il quarto motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o omessa applicazione dell’art. 789 c.p.c., in quanto, a seguito della predisposizione del progetto divisionale redatto dal giudice, non sarebbe stata fissata l’apposita udienza per la discussione.
4.1 Il motivo non è fondato.
4.2. Nel procedimento per lo scioglimento di una comunione, non occorre una formale osservanza delle disposizioni previste dall’art. 789 c.p.c. – ovvero la predisposizione di un progetto di divisione da parte del giudice istruttore, il suo deposito in cancelleria e la fissazione dell’udienza di discussione dello stesso-essendo sufficiente che il medesimo giudice istruttore faccia proprio, sia pure implicitamente, il progetto approntato e depositato dal c.t.u., così come non è necessaria la fissazione dell’apposita udienza di discussione del progetto quando le parti abbiano già escluso, con il loro comportamento processuale, la possibilità di una chiusura del procedimento mediante accettazione consensuale della proposta divisione, in tal modo giustificandosi la diretta rimessione del giudizio alla fase decisoria (Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-052017, n. 13621; n. 242 del 11/01/2010; n. 27405 del 06/12/2013).
4.3. Nella specie, la corte di merito ha valutato, sulla base delle difese delle parti, l’impossibilità di giungere ad un accordo ed ha rinviato all’udienza di precisazione delle conclusioni.
5. Con il quinto motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o omessa applicazione dell’art. 2702 c.c., per non avere la corte di merito attribuito efficacia confessoria alla denuncia di successione nei rapporti con i coeredi.
5.1 Il motivo è infondato.
5.2 In virtù di un principio generale, a cui la Corte intende uniformarsi, la dichiarazione di successione non ha valore confessorio ma ha finalità soltanto fiscali, e, comunque tanto da poter subire delle variazioni, ove emerga l’esistenza di ulteriori elementi passivi successivamente alla dichiarazione (Cass. civ. Sez. V Ord., 20/07/2018, n. 19374).
6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
7. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 11 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019
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