LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Gianluca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6639/2015 R.G. proposto da:
T.E., rappresentato e difeso dall’avv. Sabatino Ciprietti, con domicilio eletto in Roma, via Germanico n. 96, presso l’avv. Letizia Tilli;
– ricorrente –
contro
C. COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. C.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzo Baldassarre e Federica Campione, con domicilio in Roma, via Lagotana n. 59, presso l’avv. Alessandra Mattioli;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 139 depositata il 15 aprile 2008;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:
– il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 504 del 2008, rigettava le domande di rimozione o di arretramento delle opere realizzate a distanza inferiore a quella legale, nonchè di risarcimento dei danni, proposte da T.E. nei confronti della C. Costruzioni s.r.l.; quanto alle domande di rimozione o di arretramento delle opere il Tribunale accertava che i provvedimenti emessi dal Comune di Montesilvano, prodotti dal T., non dimostravano la lamentata violazione delle distanze legali, ma unicamente la difformità dell’opera realizzata dalla C. Costruzioni s.r.l. rispetto alla comunicazione di inizio lavori; quanto alla domanda risarcitoria, il Tribunale verificava, alla luce della CTU e delle risultanze testimoniali, l’insussistenza di un nesso causale tra i danni presenti sull’immobile di proprietà dell’attore e i lavori realizzati dalla C. Costruzioni s.r.l., essendo preesistenti rispetto all’inizio delle opere;
– sul gravame interposto da T.E., la Corte d’appello di L’Aquila, nella resistenza degli appellati, rigettata la richiesta formulata dall’appellante di disporre ulteriore CTU per accertare il rispetto delle distanze da parte dalla C. Costruzioni s.r.l. nella realizzazione della costruzione in contestazione, sulla considerazione che si trattava di istanza volta a sopperire a una carenza probatoria imputabile al T., nel merito, respingeva l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado;
– per la cassazione della decisione della Corte d’appello de l’Aquila ricorre T.E. sulla base di due motivi;
– la società intimata resiste con controricorso;
– in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
Atteso che:
– con il primo motivo viene lamentata, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 61 e 191 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto non provata dal T. la violazione delle distanze nella costruzione del fabbricato da parte della C. Costruzioni s.r.l.. A detta del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe dovuto disporre una CTU, già richiesta in sede di giudizio di primo grado, ai fini dell’accertamento della dedotta violazione, non effettuabile altrimenti, data la necessità di specifiche conoscenze tecniche. Aggiunge il ricorrente che erroneamente il giudice del gravame avrebbe ritenuto tardiva siffatta istanza.
Il motivo è fondato.
In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica non costituisce un vero e proprio mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice del merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze.
Infatti, il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi in situazioni rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni tecniche (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova ed ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza è essa stessa fonte oggettiva di prova.
Ora, la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, che non può mai ritenersi tardiva (proprio perchè non è prova in senso tecnico), dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza, specie a fronte di una istanza di parte in tal senso, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza, anche a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, integrando ipotesi di motivazione apparente ovvero assente (Cass. n. 17399 del 2015).
Pertanto, va accolta la censura avente ad oggetto la statuizione che ha negato l’ammissione di “una ulteriore consulenza tecnica” relativa alla valutazione della violazione delle distanze, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che “il potere istruttorio attribuito al giudice di appello non può essere esercitato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel giudizio di primo grado”. Trattasi, infatti, di formula che presuppone l’esperimento di uno sforzo conoscitivo e valutativo appropriato, anche mediante l’uso dei mezzi istruttori nella disponibilità del giudice, allorchè la fattispecie concreta lo richieda;
– il secondo motivo – con il quale il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice di merito errato a ritenere non provato il danno che la costruzione dell’immobile da parte della C. Costruzioni s.r.l. avrebbe arrecato alla proprietà del T. – risulta assorbito dall’accoglimento della prima censura, rimanendo sottoposto ad ulteriore accertamento tecnico ogni ipotesi di danno collegata alla costruzione de qua.
In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza dev’essere cassata e la relativa causa rinviata alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, che si uniformerà al principio di diritto dianzi ribadito e provvederà a regolare anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019
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