LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11019/2015 R.G. proposto da:
C.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Afeltra, per procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliato in Roma presso il suo studio al viale Bruno Buozzi n. 36;
– ricorrente –
contro
Provincia di Venezia, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Stefano Vinti e Roberta Brusegan per procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del primo alla via Emilia n. 88;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, n. 529, depositata il 3 marzo 2014.
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nella Camera di consiglio del 5 novembre 2019.
Letta la memoria depositata dalla controricorrente.
FATTO E DIRITTO
atteso che:
Per quanto ancora d’interesse, la controversia riguarda l’opposizione proposta da C.M. avverso le ordinanze-ingiunzione nn. 52170/1999 e 52177/1999 emesse nei suoi confronti dalla Provincia di Venezia per illeciti amministrativi in attività di cava: confermato in appello il rigetto dell’opposizione, l’ingiunto ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi.
La norma di riferimento si trova nella L.R. Veneto n. 44 del 1982, art. 2, che considera attività di cava pure il miglioramento fondiario (quello di specie), ove avvenga con estrazione di materiale destinato a scopi industriali o edilizi, “anche se secondari”, sì da rendere applicabili le sanzioni amministrative previste dall’art. 33, in rapporto al valore commerciale del materiale abusivamente scavato.
Abrogata dalla L.R. Veneto n. 13 del 2018, art. 36, la disciplina del 1982 si applica ratione temporis, neppure ponendosi, in tema di sanzioni amministrative, una questione di automatica retroattività della legge successiva più favorevole (Cass. 25 giugno 2009, n. 14959; Cass. 28 dicembre 2011, n. 29411; Cass. 16 aprile 2018, n. 9269); in disparte, quindi, la constatazione della maggiore severità del trattamento sanzionatorio di fattispecie, riveniente dagli artt. 3 e 28 della novella, nel confronto col trattamento originario.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione della L.R. Veneto n. 44 del 1982, artt. 2, 33, L. n. 689 del 1981, art. 14 e omesso esame, il secondo motivo violazione della L.R. Veneto n. 44 del 1982, artt. 2, 33, art. 2729 c.c., artt. 115,163,167 c.p.c.: i motivi vanno scrutinati insieme per connessione logica, essi imputando al giudice d’appello di aver omesso di rilevare sia che i verbali di accertamento non avevano contestato l’utilizzo del materiale a scopi industriali o edilizi, sia che questo elemento costitutivo dell’illecito non era stato dalla Provincia neppure allegato in giudizio.
I due motivi sono infondati: a norma della L. n. 689 del 1981, art. 14, la contestazione dell’illecito è funzionale alla difesa dell’ingiunto, tramite il principio di correlazione tra fatto contestato e fatto sanzionato (Cass. 18 febbraio 2000, n. 1876; Cass. 2 maggio 2006, n. 10145; Cass. 4 maggio 2011, n. 9790; Cass. 28 luglio 2017, n. 18883); nella specie, i verbali di accertamento, per come trascritti nello stesso ricorso di legittimità, indicano la condotta dell’escavazione abusiva e qualificano la norma sanzionatrice, a guisa che una lettura non atomistica, e non formalistica, permette di individuare con sicurezza il fatto contestato, garantendone l’immutabilità ai fini difensivi e trasferendone la verifica in sede giudiziale.
Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione della L.R. Veneto n. 44 del 1982, artt. 2, 33, L. n. 689 del 1981, art. 23, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 36, artt. 2697,2729 c.c., per aver il giudice d’appello invertito l’onere probatorio col mettere a carico dell’ingiunto la prova che il materiale non fosse stato asportato e ceduto.
Il terzo motivo è infondato: il giudice d’appello non ha invertito l’onere della prova, ma ha solo ritenuto che l’onerato, cioè la Provincia, abbia assolto il proprio onere per via presuntiva, dacchè, a norma dell’art. 2727 c.c., noto essendo, in base ai verbali di accertamento e alle deposizioni testimoniali, che il materiale estratto non era presente in loco, poteva risalirsi al fatto ignoto, che quel materiale fosse stato asportato e ceduto, secondo un criterio probabilistico di normalità (Cass. 30 novembre 2005, n. 26081; Cass. 31 ottobre 2011, n. 22656; Cass. 30 maggio 2019, n. 14762).
Al fatto che l’ingiunto non abbia chiarito in giudizio dove fosse finita la sabbia estratta il giudice d’appello ha attribuito soltanto il valore concorrente di un argomento di prova, come ammette l’art. 116 c.p.c., dal medesimo giudice espressamente richiamato.
Qualora poi, sotto l’apparenza della denuncia per violazione di legge, il motivo di ricorso fosse diretto ad ottenere una riedizione del giudizio di fatto operato dal giudice territoriale, esso si rivelerebbe inammissibile, pena la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in terzo grado di merito (Cass. 4 aprile 2017, n. 8758).
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione della L.R. Veneto n. 44 del 1982, artt. 2, 33, L. n. 689 del 1981, art. 23, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 36, artt. 2697,2729 c.c., per aver il giudice d’appello invertito l’onere probatorio col mettere a carico dell’ingiunto la prova dell’esatta quantità di materiale asportato.
– Il quarto motivo è infondato: anche qui, il giudice d’appello non ha invertito l’onere della prova, ma ha solo ritenuto che l’onerato, cioè la Provincia, abbia assolto il proprio onere, provando, con verbali e testimoni, di aver elaborato in ufficio i dati di misura raccolti in loco.
– Anche qui, al fatto che l’ingiunto non abbia fornito in giudizio una qualche misurazione alternativa il giudice d’appello ha attribuito soltanto il valore concorrente di un argomento di prova, come ammette l’art. 116 c.p.c., dal medesimo giudice espressamente richiamato.
– La correttezza del riparto dell’onere probatorio emerge nitidamente laddove la sentenza d’appello conclude: “dunque la Provincia, come suo onere, ha fornito elementi presuntivi e fattuali, atti ad assumere valenza di prova, e con relazione alla destinazione del volume mancante, e con relazione alla quantità dello stesso” (pag. 9)
– Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, per non aver il giudice d’appello rilevato la nullità delle ordinanze-ingiunzione emesse senza la preventiva, e pur richiesta, audizione dell’interessato.
Il quinto motivo è infondato: la mancata audizione dell’interessato che pur ne abbia fatto richiesta, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 18, non rende nulla l’ordinanza-ingiunzione, poichè gli argomenti che l’interessato avrebbe potuto esporre in sede amministrativa possono essere da lui esposti nel giudizio di opposizione, che invero non riguarda l’atto, ma il rapporto (Cass., sez. un., 28 gennaio 2010, n. 1786).
Si può quindi prescindere dal fatto che un’audizione preventiva vi fu (Commissione consultiva dell’8 aprile 1997), fatto riferito da entrambe le parti, seppur discordi circa l’idoneità difensiva della conferenza.
Il ricorso va respinto, con aggravio di spese processuali e raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 5 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019
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