Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32679 del 12/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4296/2015 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DE CRISTOFARO 40, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DI VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE TEODORO;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CASTRENSE 7, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO PORRONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ELISA PEPE, DOMENICA VARONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 330/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 27/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/01/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO che:

1. Con atto di citazione del 27/3/2004 C.E. conveniva in giudizio F.R., chiedendo che venisse dichiarata la risoluzione dell’accordo intervenuto tra le parti, volto a formalizzare la divisione di alcuni fondi in loro comproprietà, a causa del grave inadempimento del convenuto in ordine alla realizzazione della servitù di passaggio di cui al punto 2 dell’accordo; l’attore, inoltre, previo accertamento del proprio acquisto del diritto di servitù di passaggio per usucapione, chiedeva che F. venisse condannato a rimuovere la catena da lui apposta. Costituitosi in giudizio, il convenuto a sua volta chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’attore alla realizzazione della servitù di passaggio indicata al punto 1 del menzionato accordo.

Il Tribunale di Isernia, con sentenza n. 420/2009, rigettava la domanda di risoluzione proposta dall’attore nonchè quella di adempimento proposta dal convenuto in via riconvenzionale; accoglieva la domanda di acquisto per usucapione della servitù e così accertava e dichiarava la titolarità in capo all’attore del diritto di passaggio e per l’effetto condannava il convenuto a rimuovere la catena da egli apposta.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello F.R., lamentando “l’erronea qualificazione della domanda operata dal Tribunale”, che invece di interpretare l’accordo come transazione novativa aveva ritenuto applicabile l’art. 1453 c.c. e l’accoglimento della domanda di usucapione della servitù di passaggio, chiedendo, previo rigetto di tutte le domande dell’attore, la condanna del medesimo alla realizzazione delle opere previste dal punto 1 dell’accordo. C.E. proponeva a sua volta appello incidentale, riproponendo la domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento di F..

La Corte di appello di Campobasso – con sentenza 27 dicembre 2013, n. 330 – in accoglimento dell’appello principale di F. condannava C. alla realizzazione delle opere previste nella scrittura privata al punto 1 e rigettava la domanda di quest’ultimo di accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù di passaggio; rigettava l’appello incidentale.

3. Contro la sentenza propone ricorso per cassazione C.E..

Resiste con controricorso F.R..

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso, parzialmente carente per quanto concerne la ricostruzione dei fatti del processo (in particolare manca l’indicazione delle ragioni della pronuncia di primo grado, di cui è solo riportato il dispositivo) è articolato in quattro motivi.

A) I primi due sono tra loro strettamente connessi:

a) Il primo motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., in relazione agli artt. 1362,1367 c.c. e segg. e artt. 1460,1453,1455,1456 c.c. e segg. e art. 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: la Corte di appello avrebbe errato nel considerare le clausole inerenti la costituzione delle servitù di passaggio come accessorie alla divisione dei terreni intervenuta tra le parti, quando, invece, solo in seguito all’esecuzione degli accessi si sarebbe realizzata in concreto la funzione economica del contratto.

b) Il secondo motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99,112,113,163,345 c.p.c. e artt. 1362 e 1367 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di appello ritenuto le pattuizioni di costituzione delle servitù di passaggio non in rapporto di sinallagmaticità tra loro.

I motivi sono inammissibili: in entrambi viene contestata la lettura operata dal giudice d’appello dell’accordo concluso tra le parti, in particolare il riconoscimento (primo motivo) dell’accessorietà delle due clausole rispetto alla divisione e (secondo motivo) della mancanza di sinallagmaticità tra le pattuizioni di costituzione delle servitù di passaggio, ma manca ogni specifico riferimento al contenuto del medesimo, che non viene nè trascritto nè depositato insieme al ricorso e del quale neppure viene indicato quando è stato prodotto in giudizio, limitandosi il ricorrente a parlare di “scrittura in atti” (v. p. 4 del ricorso). Circa l’onere di specificità dei motivi di ricorso prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., cfr., ex multis, Cass. 5478/2018.

B) Il terzo motivo denuncia nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione degli artt. 99,115,342,112,113 c.p.c., in relazione agli artt. 1058,1079,1165,1350 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), vizio, carenza e contraddittorietà della motivazione su punto decisivo della controversia: la Corte di appello ha riformato la sentenza di primo grado che aveva accertato l’acquisto del ricorrente della servitù di passaggio per usucapione – in quanto C., con la sottoscrizione della scrittura “ha implicitamente, ma inequivocabilmente, rinunciato all’usucapione della servitù” – senza che F. nulla avesse eccepito, nei due gradi di giudizio al riguardo, incorrendo così nel vizio di ultra petizione.

Il motivo non può essere accolto: manca, come per i motivi precedenti, la trascrizione della scrittura privata e, in ogni caso, il giudice d’appello non è incorso, nel riformare l’accoglimento della domanda di usucapione, nel vizio di utrapetizione. F., proponendo appello (cfr. p. 2 della sentenza impugnata) aveva infatti chiesto l’integrale riforma della pronuncia di primo grado e, in particolare, di rigettare “la domanda di avvenuta usucapione da parte del C. della servitù di passaggio”.

C) Il quarto ed ultimo motivo lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: la Corte di appello avrebbe errato nella parte in cui, “liquidando” la questione circa il rapporto di corrispettività delle servitù, si è riportata semplicemente alla mancata risoluzione dell’accordo, senza riferire sulle risultanze processuali acquisite e sulla valutazione delle stesse, la quale avrebbe senz’altro condotto al rigetto del gravame proposto da F..

Il motivo è inammissibile: non avendo il ricorso posto questa Corte nella condizione di valutare la scrittura privata contenente l’accordo concluso tra le parti, è inammissibile la richiesta di esaminare la decisione del giudice d’appello di accogliere la domanda di F. di adempimento a realizzare la servitù di cui al punto 1, decisione basata sulla mancata corrispettività delle due servitù, alla luce delle risultante probatorie del giudizio (risultanze la cui valutazione, in ogni caso, spetta al giudice di merito).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 1.600, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore degli avvocati Elisa Pepe e Domenica Varone, che si sono dichiarati antistatari.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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