Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33141 del 16/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7293/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

Z.W.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1484/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/03/2013 R.G.N. 506/2010.

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’Appello di Milano ha respinto l’appello proposto dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza del Tribunale di Monza che aveva condannato l’appellante al pagamento in favore di Z.W. delle differenze retributive spettanti, a decorrere dal 16 novembre 2004, per lo svolgimento di mansioni corrispondenti a quelle del livello C3;

2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellato, ufficiale giudiziario inquadrato nel livello C1, sulla base di atti formali, aveva diretto l’ufficio UNEP di ***** e in relazione al periodo 9 novembre 2002/16 novembre 2004 aveva già ottenuto, con sentenza della stessa Corte d’appello n. 223/2008, il riconoscimento del diritto a percepire le differenze retributive rivendicate, sul presupposto che l’incarico fosse riconducibile al livello C3;

3. il giudice d’appello, nel richiamare il percorso argomentativo della precedente decisione, ha rilevato che secondo la declaratoria prevista dal CCNI 5.4.2000 per i dipendenti del Ministero della Giustizia la direzione dell’ufficio UNEP di ***** comportava lo svolgimento di mansioni riconducibili al livello superiore, perchè si trattava di ufficio di notevole complessità, suddiviso in due distinte unità, tanto che nella pianta organica era prevista una posizione C3, pacificamente vacante;

4. la Corte territoriale ha inoltre escluso che il diritto a percepire le differenze retributive potesse essere negato per il periodo successivo all’entrata in vigore della nuova classificazione del personale introdotta dal CCNL 14 settembre 2007 ed ha rilevato che l’appellante non aveva “allegato l’applicazione dei diversi profili professionali di cui all’art. 7 c.c.n.l.” ai quali è ricollegato il nuovo sistema classificatorio e pertanto, sulla base del regime transitorio fissato dalle stesse parti collettive, occorreva fare comunque riferimento alla contrattazione collettiva integrativa vigente;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di tre motivi, ai quali Z.W. non ha opposto difese rimanendo intimato.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il Ministero ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ed addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto che la sola previsione nella pianta organica di una posizione C3 comportasse il diritto dello Z. a percepire le differenze retributive, a prescindere da ogni altra indagine;

1.1. assume che, al contrario, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare ed interpretare il CCNI 2000 ed avrebbe dovuto accertare se la complessità dell’ufficio comportasse lo svolgimento di mansioni superiori o se dalla stessa le parti collettive avessero voluto fare discendere solo una mera progressione economica;

1.2. aggiunge che la modifica delle dotazioni organiche era stata disposta per consentire l’espletamento delle procedure di riqualificazione del personale ed infatti gli uffici avevano continuato ad operare con gli stessi dipendenti e con le medesime modalità esistenti prima della modifica delle dotazioni organiche;

2. con la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente si duole della “violazione del D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 47 e 48 e 59 – violazione dell’art. 15 e dell’art. 24 CCNL comparto Ministeri 1998/2001, nella parte in cui descrive le attribuzioni della figura dell’ufficiale giudiziario C1 e C3 – violazione del D.P.R. n. 44 del 1990, di recepimento dell’accordo sindacale 26 settembre 1989 per il personale del comparto Ministeri”;

2.1. il ricorrente, richiamando integralmente la motivazione della sentenza di questa Corte n. 13718/2006, ripercorre l’evoluzione del quadro normativo e contrattuale sostenendo, in sintesi, che: a) nel sistema delle qualifiche funzionali gli ufficiali giudiziari dirigenti dovevano essere inquadrati nella settima qualifica, senza che ci fosse spazio per qualifiche superiori, in quanto le attività svolte non potevano essere assimilate a quelle proprie di uffici a rilevanza esterna; b) il D.P.R. n. 44 del 1990, di recepimento dell’accordo sindacale 26.9.1989, non poteva modificare la declaratoria dell’8^ qualifica funzionale e incidere sull’organizzazione degli uffici, perchè a tal fine sarebbe stata necessaria una fonte di rango primario; c) il CCNL 1998/2001 aveva previsto la corrispondenza fra la 7^ qualifica funzionale e l’area C, posizione economica C1 e pertanto non poteva essere riconosciuto il diritto alle differenze retributive proprie della posizione C3 in assenza dell’espletamento di procedure selettive interne per la riqualificazione del personale;

3. infine con il terzo motivo il Ministero denuncia la violazione degli artt. 6 e 7 del CCNL 2006/2009 per il personale del comparto Ministeri nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, ed assume che la riscrittura del sistema di classificazione, ispirata alla massima flessibilità, comporta l’equivalenza di tutte le mansioni riconducibili all’area di appartenenza, ad eccezione di quelle per le quali siano richieste specifiche abilitazioni professionali;

3.1. nel nuovo sistema le fasce retributive non sono correlate ad una diversità sostanziale di contenuti mansionali e costituiscono solo un mero sviluppo economico giustificato dalla maggiore professionalità acquisita nel corso del rapporto;

3.2. il nuovo inquadramento non è stato subordinato, quanto all’efficacia, alla revisione dei profili professionali, perchè con la disposizione transitoria le parti collettive hanno voluto solo fare salvi i profili già vigenti in caso di mancato intervento della nuova contrattazione integrativa;

4. i primi due motivi, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, sono inammissibili, perchè si è formato giudicato sulla sentenza n. 223/2008 della stessa Corte d’Appello di Milano, richiamata nella decisione gravata, che aveva ritenuto riconducibili al livello C3 le medesime mansioni di dirigente dell’Ufficio UNEP di *****, svolte dallo Z. dal 20 dicembre 2002 al 16 novembre 2004, valorizzando la classificazione dell’ufficio, ritenuto dallo stesso Ministero di notevole complessità, e la previsione in pianta organica di una posizione, pacificamente vacante, di livello C3;

4.1. premette al riguardo il Collegio che l’esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, in quanto destinato a fissare la regola del caso concreto; il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. n. 16847/2018);

4.2. è stato, inoltre, precisato che, qualora il giudicato si formi in pendenza del giudizio di legittimità ed in conseguenza della pronuncia della sentenza della stessa Corte di cassazione, “la cognizione del giudice di legittimità può avvenire anche mediante quell’attività di ricerca (relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 ord. giud. e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati” (Cass. n. 24740/2015 e negli stessi termini Cass. n. 18634/2017);

4.3. nella specie risulta che con sentenza n. 25344 del 28.11.2014 questa Corte ha rigettato il ricorso proposto dal Ministero della Giustizia avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Milano n. 223/2008, sicchè opera il principio di diritto, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui nel rapporto di impiego contrattualizzato, “il diritto a ricevere le retribuzioni proprie delle mansioni superiori rispetto a quelle di formale inquadramento sorge, di tempo in tempo, in ragione del concreto esercizio di esse e non dà luogo a modificazioni definitive del rapporto sotto il profilo dell’acquisizione della corrispondente migliore qualifica (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 1, seconda parte e, precedentemente, D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998), con la conseguenza che il giudicato maturato rispetto a periodi in cui è stato riconosciuto il diritto a tali retribuzioni superiori, per esservi stato esercizio delle corrispondenti mansioni, non pone a carico del datore di lavoro l’onere di allegare e dimostrare, rispetto ai periodi successivi, per i quali il lavoratore rivendichi il persistere del diritto alle differenze retributive, il verificarsi di mutamenti fattuali, spettando al lavoratore la prova in concreto di avere continuato a svolgere mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento. Il pregresso giudicato può risultare vincolante, una volta accertato il reiterarsi dell’esercizio della medesima attività e a condizione del permanere della medesima disciplina collettiva, rispetto alla qualificazione di tale attività come inerente mansioni superiori ed alle conseguenze retributive che ne derivano” (Cass. n. 18901/2019);

4.4. quest’ultima evenienza ricorre nel caso di specie, limitatamente al periodo antecedente l’entrata in vigore del CCNL 14.9.2007, perchè nella pronuncia gravata, non oggetto di specifica censura sul punto, si dà atto dello svolgimento delle medesime mansioni di dirigente dell’ufficio UNEP di ***** e si precisa che le censure mosse dal Ministero appellante alla sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda dello Z., erano circoscritte alla qualificazione dell’Ufficio in questione nonchè all’interpretazione del CCNI 5 aprile 2000 ed andavano respinte sulla base delle medesime argomentazioni già sviluppate nella precedente decisione intervenuta fra le stesse parti;

4.5. il giudicato esterno, pertanto, preclude il riesame delle questioni di fatto e di diritto comuni ad entrambe le cause, non rilevando che il successivo giudizio si riferisca ad un periodo diverso di svolgimento del rapporto di durata, a fronte della pacifica persistenza degli stessi presupposti fattuali e della medesima disciplina, legale e contrattuale, del rapporto stesso;

5. merita, invece, accoglimento il terzo motivo, con il quale si addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto non applicabile la diversa disciplina dettata in tema di mansioni dal CCNL 14.9.2007 sul presupposto, erroneo, che l’efficacia della stessa fosse stata differita al momento della definizione dei nuovi profili professionali;

5.1. occorre premettere che il CCNL 16.2.1999, nel disegnare un nuovo sistema di classificazione del personale del comparto Ministeri, aveva accorpato le nove qualifiche funzionali nelle tre aree A, B e C ed aveva previsto la collocazione all’interno di ciascuna area di profili professionali, che potevano essere ricondotti a posizione economiche diverse se “caratterizzati da mansioni e funzioni contraddistinte da differenti gradi di complessità e di contenuto” (art. 13, comma 3);

5.2. l’art. 13 del CCNL stabiliva che l’inquadramento dovesse avvenire nell’area e nella posizione economica, secondo le corrispondenze previste dalle parti collettive, ed aggiungeva, al comma 4, che ogni dipendente era tenuto a svolgere “tutte le mansioni considerate equivalenti nel livello economico di appartenenza nonchè le attività strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo attribuito”;

5.3. in quel sistema solo le posizioni “super” costituivano meri sviluppi economici all’interno delle aree (art. 17) e, pertanto, non venivano prese in considerazione ai fini dello svolgimento di mansioni superiori che, secondo la disciplina dettata dall’art. 24, si configurava in caso di assegnazione al dipendente di compiti che, all’interno della stessa area, erano riconducibili “alla posizione di livello economico immediatamente superiore a quella in cui egli è inquadrato, secondo la declaratoria riportata nell’allegato A”, e, per i lavoratori inquadrati nell’ultima posizione economica dell’area di appartenenza, in relazione allo svolgimento di mansioni proprie della “posizione economica iniziale dell’area immediatamente superiore”;

6. il CCNL 14.9.2007 ha ridisegnato il sistema di classificazione del personale confermando le tre aree di inquadramento, nelle quali sono confluite le ex posizioni economiche (art. 6, comma 1), e al fine di realizzare l’obiettivo della massima flessibilità nella gestione delle risorse umane (art. 5) ha previsto che le aree “corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative” (art. 6, comma 2) con la conseguenza che ” ogni dipendente è tenuto a svolgere le mansioni considerate professionalmente equivalenti all’interno dell’area, fatte salve quelle per il cui espletamento siano richieste specifiche abilitazioni professionali” (art. 6, comma 5);

6.1. all’interno delle tre aree sono collocati profili professionali definiti in base ai settori di attività, secondo le indicazioni contenute nell’art. 8, ispirato al “superamento dell’eccessiva parcellizzazione del precedente sistema, attraverso la costituzione di profili che comprendano al proprio interno attività tra loro simili e riconducibili ad una tipologia lavorativa comune, pur nel rispetto della differenziazione dei contenuti tecnici” (art. 8, comma 2, n. 1);

6.2. l’esigenza di semplificazione viene assicurata attraverso l’individuazione di “profili unici con riferimento ai contenuti dèlle mansioni” (art. 8, comma 2, n. 2) che, a differenza del regime previgente, ricomprendono “sia il profilo di base che quello o quelli più evoluti comunque appartenenti ad una medesima famiglia professionale o riconducibili ad una stessa tipologia lavorativa” (art. 8, comma 3);

6.3. in ragione dell’affermata omogeneità delle competenze, conoscenze e capacità richieste per l’inquadramento in ciascuna area, la declaratoria allegata al contratto descrive le specifiche e i contenuti professionali per l’accesso alle tre aree, superando le precedenti diversificazioni all’interno dell’area stessa, con la conseguenza che nel nuovo sistema le fasce retributive rappresentano mere progressioni economiche riconosciute “in relazione all’arricchimento professionale conseguito dai dipendenti nello svolgimento della propria attività” (art. 6, comma 8) e, quindi, non implicano una diversità di contenuto delle mansioni assegnate;

7. in tal modo le parti collettive, in ragione degli obiettivi dichiarati nell’art. 5, hanno disegnato, nel rispetto della competenza alle stesse attribuita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2,40 e 52, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2009, un sistema di inquadramento, non dissimile da quello previsto per il comparto degli enti pubblici non economici (in relazione al quale si rimanda a Cass. n. 29624/2019), improntato al criterio della massima flessibilità all’interno dell’area, ritenuta espressiva di livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità, e ciò giustifica la diversità della formulazione dell’art. 6, comma 5, del CCNL 2007 rispetto all’art. 13, comma 4, del CCNL 1999;

8. se si compara il testo originario del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, con quello risultante all’esito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2009, si può dire che la tornata contrattuale 2006/2009 ha anticipato la riscrittura della norma di legge, che, nella versione modificata, fa esclusivo riferimento all’area e considera qualifica superiore acquisita dopo l’originario inquadramento solo quella ottenuta a seguito del superamento delle procedure di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), non già quella, valorizzata dal testo originario della norma, conseguente allo “sviluppo professionale”;

9. l’art. 10 del CCNL ha, poi, dettato una complessa disciplina del passaggio dall’uno all’altro sistema ed ha innanzitutto previsto, al comma 1, che già dalla data di entrata in vigore del contratto “il personale in servizio… è inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data mediante il riconoscimento all’interno di ciascuna area della posizione economica già conseguita nell’ordinamento di provenienza e la collocazione nella fascia retributiva corrispondente secondo la tabella di trasposizione B”;

9.1. si prevede, altresì, che le procedure di selezione in corso saranno portate a compimento sulla base del regime previgente e, all’esito, il nuovo inquadramento avverrà tenendo conto delle corrispondenze indicate al comma 1 (commi 2 e 4) e, quanto alle dotazioni organiche, si stabilisce che “i contingenti delle originarie posizioni economiche di cui al precedente sistema di classificazione, sono portati alla posizione di accesso in ogni profilo in applicazione dell’art. 6, comma 6”;

9.2. infine si legittimano le amministrazioni ad effettuare, in via prioritaria e con le procedure previste dal CCNL per il passaggio di area, “la ricomposizione dei processi lavorativi per i profili della medesima tipologia lavorativa articolati su aree diverse”;

9.3. la tabella B allegata al contratto, in armonia con la declaratoria delle aree (che accorpa le posizioni di livello economico A, Al, A1S – B1, B2, B3, B3S – C1, C1S, C2, C3 e C3 S) prevede la corrispondenza fra aree e posizioni economiche del precedente sistema di classificazione, da un lato, e, dall’altro, aree e “fasce retributive all’interno delle aree”, corrispondenza evidentemente realizzata tenendo conto di quegli stessi obiettivi imposti alla contrattazione integrativa dall’art. 8, comma 2, n. 5, ossia della necessità di “garantire il rispetto dell’inquadramento già acquisito nel sistema di classificazione, nonchè di evitare che il personale appartenente ad una posizione giuridico-economica inferiore venga inquadrato in una posizione retributiva più elevata con conseguente aggravio di spesa”;

9.4. dal complesso delle disposizioni contrattuali sopra richiamate ed in particolare dal chiaro tenore dell’art. 10, comma 1, si desume che le parti collettive hanno ritenuto pienamente operante il nuovo sistema di classificazione sin dalla data di entrata in vigore del contratto, tanto che hanno ancorato a quella data la trasposizione di cui alla tabella B, elemento, questo, che porta a disattendere la tesi, fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui l’operatività della diversa classificazione sarebbe stata condizionata dalla definizione dei profili professionali di cui all’art. 8, e quindi dalla sottoscrizione dei contratti integrativi;

9.5. la disposizione finale posta in calce all’allegato A, contenente la descrizione delle specifiche professionali e dei contenuti di base delle tre aree, secondo cui “sino all’applicazione dell’art. 7 (profili professionali), i dipendenti rimangono inquadrati nei profili professionali previsti dalla contrattazione integrativa ai sensi dell’art. 13 del CCNL del 16 febbraio 1999, oppure, qualora la contrattazione integrativa non vi abbia ancora provveduto, quelli di cui al D.P.R. 29 dicembre 1984, n. 1219 e dal D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, allegati 1, 2 e 3”, deve essere interpretata alla luce della disciplina dettata dal richiamato art. 10 e sulla stessa non si può fare leva per sostenere l’ultrattività del precedente sistema, e, a maggior ragione, di quello fondato sulle qualifiche funzionali;

9.6. la disposizione, infatti, pur valorizzando i precedenti profili in attesa di una nuova definizione, non incide sul principio, di immediata applicazione, secondo cui i profili collocati nella medesima area esprimono livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità, con la conseguenza che per i profili in precedenza collocati in posizione economiche diverse, ferma restando la conservazione del livello economico acquisito assicurata dalle tabelle di corrispondenza, non è più configurabile una differenziazione qualitativa fra il profilo base e quello superiore;

10. nè si può sostenere l’illegittimità del nuovo sistema classificatorio, che comporta evidenti ricadute sulla disciplina dell’assegnazione a mansioni superiori, perchè valgono al riguardo i medesimi principi affermati da questa Corte, anche a Sezioni Unite, in relazione al passaggio dall’inquadramento per qualifiche funzionali a quello per aree, in ordine al quale fu precisato che “la materia degli inquadramenti del personale contrattualizzato è stata affidata dalla legge allo speciale sistema di contrattazione collettiva del settore pubblico, che può intervenire senza incontrare il limite della inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato. Ne consegue che le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramento del personale e di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree sono sottratte al sindacato giurisdizionale…” (Cass. S.U. n. 16038/2010);

11. non rileva neppure che la nuova disciplina contrattuale, potenziando l’ambito dello ius variandi attraverso un’estensione dell’equivalenza, riferita all’area anzichè alla posizione economica, produca quale effetto che il dipendente possa essere legittimamente assegnato, senza diritto a maggiorazioni retributive, a svolgere mansioni che nel precedente sistema, in quanto superiori a quelle del livello di inquadramento, avrebbero potuto fondare la richiesta delle differenze economiche fra i due livelli;

12. è principio generale, recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, quello secondo cui “nell’ambito del rapporto di lavoro sono configurabili diritti quesiti, che non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva in mancanza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori, solo con riferimento a situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come nel caso dei corrispettivi di prestazioni già rese, e non invece in presenza di quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono frequenti nel contratto di lavoro, da cui scaturisce un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa, autonome tra loro e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi” (Cass. S.U. n. 21972/2017 e negli stessi termini in motivazione Cass. S.U. n. 19164/2017);

13. in relazione allo svolgimento di mansioni superiori nell’ambito del rapporto di impiego pubblico contrattualizzato si è già ricordato, al punto 4.3., che la modificazione della contrattazione è idonea ad imporsi anche rispetto alla qualificazione come “superiori” di determinate mansioni che lo fossero secondo il sistema collettivo previgente, ponendosi quale limite, nonostante la ricorrenza di un rapporto di durata, alla efficacia verso il futuro del pregresso giudicato, perchè il diritto deve essere verificato de die in diem e sulla base della contrattazione collettiva vigente nel momento in cui la prestazione viene resa;

14. in via conclusiva merita accoglimento il terzo motivo di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame, attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato, sulla base delle considerazioni espresse nei punti che precedono: “nell’impiego pubblico contrattualizzato, nel quale ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, l’assegnazione a mansioni superiori non comporta la definitiva acquisizione della qualifica corrispondente, la materia della classificazione del personale è rimessa alla contrattazione collettiva, alla quale compete anche l’individuazione delle mansioni esigibili da parte del datore di lavoro perchè equivalenti a quelle di inquadramento. Il CCNL 14.9.2007 per il personale non dirigenziale del comparto Ministeri ha previsto un nuovo sistema di classificazione improntato a criteri di flessibilità, fondato, da un lato, sulla previsione di aree esprimenti livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità e, dall’altro, sulla sostituzione delle posizioni economiche, che esprimevano un diverso livello di professionalità connesso all’espletamento delle mansioni proprie del profilo, con le fasce retributive, volte a compensare l’arricchimento conseguito dal dipendente nello svolgimento della propria attività. Nel nuovo sistema, di immediata applicazione, tutte le mansioni all’interno dell’area sono considerate professionalmente equivalenti e sono esigibili dal datore di lavoro del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 52”;

15. alla Corte territoriale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;

15.1. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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