LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25030-2018 proposto da:
S.M.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO VOLTA 45, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE BENEVENTO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO BRUNO;
– ricorrente –
contro
G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ANELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPINA NAZZARO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
ASSICURAZIONI GENERALI SPA, M.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 699/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 21/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.
RILEVATO
che:
S.M.Y. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore M.A. ed G.A. per sentirli dichiarare responsabili del sinistro stradale verificatosi in data *****, e, per l’effetto, condannarli al risarcimento del subito danno; l’azione venne proposta anche nei confronti della Generali Assicurazioni SpA, quale impresa designata per la Campania del Fondo Garanzie Vittime della Strada, in quanto il veicolo investitore alla data del sinistro risultava sprovvisto di copertura assicurativa.
A sostegno della domanda espose che nella detta data si trovava in località ***** (SA) alla guida del proprio ciclomotore Piaggio Free, allorchè fu investito dall’autovettura Alfa 55, di proprietà del G. e condotta dal M.; con conseguenti gravi lesioni personali e postumi invalidanti.
L’adito Tribunale accertò la responsabilità al 50% dei convenuti e li condannò, in solido anche con la Generali, al pagamento della somma di Euro 213.728,31, a titolo di risarcimento danni Con sentenza 1669/2018 del 21-5-2018 la Corte d’Appello di Salerno ha rigettato il gravame principale proposto da S.M.Y. e, in parziale accoglimento di quello incidentale proposto dalla Generali SpA, ha rideterminato in Euro 189.718,00 il risarcimento spettante a S.M.Y.; in particolare la Corte territoriale ha confermato, ai sensi dell’art. 2054 c.c., la corresponsabilità dello stesso danneggiato nella causazione del sinistro; tanto, tuttavia, non per le circostanze valorizzate dal primo Giudice (mancata assicurazione del motorino, targhino non corrispondente al veicolo, mancanza dei documenti al momento dell’incidente, eventuale mancanza di casco protettivo), che non avevano alcuna efficienza causale sull’evento dannoso o che comunque (vedi il mancato uso del casco) non erano provate, ma per carenza della necessaria diligenza da parte dello stesso danneggiato nell’impegnare un incrocio provvisto di semaforo; al riguardo ha infatti evidenziato che, in base alla localizzazione dei danni sul lato destro dell’autovettura, doveva desumersi che l’impatto era avvenuto mentre la stessa stava attraversando l’incrocio per immettersi su una via posta alla sua sinistra, e quindi quando il veicolo aveva già impegnato l’intersezione, mentre il motorino non era riuscito a frenare per evitare l’ostacolo costituito dal veicolo che improvvidamente ed improvvisamente aveva eseguito la svolta; di conseguenza, doveva ritenersi che il conducente del ciclomotore non aveva eseguito le manovre necessarie ad evitare l’impatto, e quindi non aveva adoperato la necessaria cautela richiesta dall’attraversamento dell’incrocio.
Avverso detta sentenza S.M.Y. propone ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi.
G.A. resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale..
M.A. e la Generali non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
G.A. ha presentato in data 7-12-2019, e quindi tardivamente, ulteriore memoria.
Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dellì’art. 2054 c.c., comma 2, artt. 115 e 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale non abbia considerato che l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità e dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., e art. 154 C.d.S., si duole che la Corte territoriale abbia applicato, in mancanza in concreto dei necessari presupposti (e, in particolare, in assenza di colpa del danneggiato), la presunzione di pari responsabilità dei conducenti di cui all’art. 2054 c.c., comma 2.
Con il terzo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, e art. 2697 c.c., art. 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale abbia riconosciuto la pari responsabilità in assenza di colpa del danneggiato.
Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 2054, comma 2, si duole che la Corte territoriale abbia applicato, in mancanza di richiesta della parte, e quindi d’ufficio, la detta presunzione di pari responsabilità.
I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono tutti inammissibili.
Va, in primo luogo precisato che il giudice di appello, ove applichi la presunzione di cui all’art. 2054, c.c., benchè non espressamente dedotto tra i motivi di gravame, non supera i precisi limiti del “petitum” e delle eccezioni dedotte, ma pronunzia nell’ambito della “res in iudicium deducta”, sia sotto il profilo della fattispecie prospettata dalle parti sia della applicazione della previsione legislativa, che contempla espressamente il ricorso alla detta presunzione.
Va, poi, ribadito che, nel caso di scontro tra veicoli, solo l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054 c.c., comma 2.
Nella specie, invece, la Corte territoriale, per ribadendo la grave violazione del conducente dell’autovettura, ha tuttavia, in concreto, accertato anche una responsabilità dello stesso danneggiato, che, alla guida del motorino, non si era attenuto alle comuni norme di cautela e prudenza da seguire nell’attraversamento di un incrocio con semaforo; siffatta valutazione, operata dalla Corte d’appello sulla base dell’esame delle risultanze istruttorie, è insindacabile in sede di legittimità.
Al riguardo va, invero, rilevato che, come già chiarito da questa S.C., in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, spettando in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge; di conseguenza, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012,” (Cass. 23940/2017; conf. 2434/2016; v. anche Cass. 2700/2016, secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione”.
Il ricorso principale va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale G.A., denunciando – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, commi 2 e 3 bis, si duole che la Corte, nonostante il deposito nel fascicolo telematico del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio e la richiesta di liquidazione dei compensi dovuti al suo difensore avvocato Giuseppina Nazzaro, non abbia poi proceduto alla liquidazione dei detti compensi.
Il motivo è inammissibile, non essendo tenuta la Corte territoriale a provvedere a detta liquidazione con l’impugnata sentenza..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, invero, “l’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento…” e non quindi nella sentenza conclusiva del procedimento (conf. Cass. 22448/2019 e Cass. 7504/2011, secondo cui “la liquidazione dei compensi al difensore debba avvenire con apposito decreto, senza che quindi possa essere effettuata in sentenza. In conclusione, pertanto, entrambi i ricorsi (sia quello principale sia quello incidentale) sono inammissibili.
In considerazione dell’inammissibilità di entrambi i ricorsi, si ritiene sussistano giusti motivi per compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè i ricorsi (principale ed incidentale) sono stati presentati successivamente al 301-2013 e sono stati dichiarati inammissibili, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale; dichiara compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti (principale ed incidentale) dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020
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