LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1572-2019 R.G. proposto da:
J.S. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso d’Italia, n. 19, presso lo studio dell’avvocato Bruno Sed, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MANIFATTURE 7 BELL S.P.A. e SEVEN RETAIL S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Viale Bruno Buozzi, n. 32, presso lo studio dell’avvocato Michele Rosario Luca Lioi, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato Michele Mirenghi;
– resistenti –
per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 23267/2018 del Tribunale di Roma, depositata il 03/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. Cosimo D’Arrigo;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO
Il Tribunale di Roma ha dichiarata la litispendenza tra la causa, dinanzi a sè pendente, di opposizione proposta dalla Seven Retail s.r.l. e dalla Manifatture 7 Bell s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla J.S. s.r.l. per i canoni di affitto d’azienda dovuti dal luglio 2018 a settembre 2019 (n. 51341/2018 R.G.) e il giudizio pendente dinanzi alla Corte d’appello di Roma di risoluzione del contratto di affitto e condanna al pagamento dei canoni scaduti e a scadere (n. 837/2018 R.G.).
Avverso tale sentenza la J.S. s.r.l. ha presentato istanza di regolamento di competenza.
La Seven Retail s.r.l. e Manifatture 7 Bell s.p.a. hanno resistito depositando una memoria di costituzione.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’infondatezza del regolamento. La J.S. s.r.l. ha depositato memorie difensive.
CONSIDERATO
In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione relativa al difetto di procura speciale in capo al difensore della società ricorrente.
Rispetto ad ogni altra considerazione risulta assorbente la considerazione che l’eccezione è infondata anche solo nella sua prospettazione astratta. Infatti, il difensore della parte munito di procura speciale per il giudizio di merito è legittimato alla proposizione dell’istanza di regolamento di competenza ove ciò non sia espressamente e inequivocabilmente escluso dal mandato alle liti, in quanto l’art. 47 c.p.c., comma 1, è norma speciale che prevale sull’art. 83 c.p.c., comma 4, il quale presume la procura speciale conferita per un solo grado del giudizio (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 28701 del 27/12/2013, Rv. 629748 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4157 del 26/04/1999, Rv. 525765 – 01).
Sempre in via preliminare, va esaminata l’eccezione secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Anche in questo caso, si tratta di un’eccezione infondata, poichè la parte ricorrente ha adempiuto l’onere di riprodurre il contenuto degli atti rilevanti per la decisione e la lettura della sentenza conferma quanto allegato.
Passando alla questione principale, si deve rilevare che – come risulta anche dalla sentenza impugnata – il giudizio pendente innanzi al Tribunale di Roma (r.g. n. 51241/18), nel corso del quale è stata resa la sentenza impugnata, ha ad oggetto i canoni di affitto per il periodo compreso dal luglio 2018 al settembre 2019; invece, innanzi alla Corte d’appello di Roma è stata appellata una sentenza che, in primo grado, aveva condannato la Seven Retail s.r.l. e la Manifatture 7 Bell s.p.a. al pagamento del canoni scaduti dall’aprile 2017 all’attualità (la sentenza è del dicembre 2017) e quelli a scadere.
Ne segue che il nesso fra le due domande non è di litispendenza, bensì di continenza.
Infatti, il rapporto di continenza tra due cause è determinato dalla pendenza, davanti a giudici diversi di cause aventi identità di elementi soggettivi e una parziale coincidenza di elementi oggettivi. Ciò si può verificare quando il petitum di una di esse sia più esteso, in modo da comprendere, in una relazione di contenente a contenuto, la pretesa che forma oggetto dell’altra causa; se la causa petendi dell’una combaci solo parzialmente con quella dell’altra causa (Sez. 2, Sentenza n. 1908 del 19/03/1986, Rv. 445172 – 01); oppure qualora le due cause siano caratterizzate da un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività; nonchè quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo (Sez. U, Ordinanza n. 20596 del 01/10/2007, Rv. 599252 – 01).
Nel caso di specie, ricorre l’ipotesi – quantomeno – della differenza quantitativa del petitum, dato che nella causa pendente innanzi alla Corte d’appello sono stati richiesti i canoni d’affitto, in relazione al medesimo contratto, per un periodo più ampio (dall’aprile 2017) rispetto a quello dedotto nel secondo giudizio (dal luglio 2018).
Orbene, nell’ipotesi di continenza fra un giudizio in grado di appello ed altro in primo grado, non può realizzarsi la rimessione della seconda causa al giudice dell’impugnazione della decisione sulla prima, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, per il diverso grado in cui risultano pendenti (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5455 del 10/03/2014, Rv. 630197 – 01). Ne consegue che l’esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell’art. 39 c.p.c., comma 2, dev’essere assicurata mediante l’art. 295 c.p.c., cioè per il tramite della sospensione della causa, che avrebbe dovuto subire l’attrazione all’altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione con sentenza passata in giudicato della causa che avrebbe esercitato l’attrazione (Sez. 3, Ordinanza n. 19525 del 21/09/2007, Rv. 600488 01).
In conclusione, il ricorso è fondato va dichiarata e deve essere dichiarata la competenza del Tribunale di Roma, innanzi al quale le parti dovranno riassumere il giudizio. Spetterà a quest’ultimo, nel prosieguo, sospendere il giudizio ex art. 295 c.c., in quanto “contenuto” in quello pendente dinanzi alla corte territoriale.
P.Q.M.
dichiara la competenza del Tribunale di Roma, cui demanda di provvedere sulle spese del regolamento di competenza.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020