Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.10558 del 04/06/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E.L. – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20497/2012 R.G. proposto da:

H.X., elettivamente domiciliata in Roma, Via Carlo Poma n. 2, presso lo Studio dell’Avv. Fabio Massimo Orlando, che con l’Avv. Cristina Marsili Libelli la rappresenta e difende, anche disgiuntamente, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 13/30/12, depositata il 21 febbraio 2012.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 15 gennaio 2020 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

RILEVATO

1. che con l’impugnata sentenza la Regionale della Toscana ha accolto l’appello principale dell’Agenzia; respinto quello incidentale di H.X., esercente l’attività di produzione di articoli di pellame, appello incidentale proposto limitatamente alla compensazione delle spese processuali; in riforma della prima decisione, respingeva il ricorso promosso dalla contribuente avverso un avviso di accertamento che, facendo applicazione delle presunzioni derivate dallo studio di settore TD27U, recuperava imponibile ai fini IRPEF IVA IRAP 2005, comminando altresì sanzioni per infedele dichiarazione e per errata compilazione del modello Intrastat;

2. che la Regionale, dopo aver affermato che la Provinciale aveva “mantenuto un silenzio che valeva come reiezione” delle eccezioni formulate dalla contribuente di inesistenza delle notificazioni dell’avviso e dell’invito al preventivo contraddittorio amministrativo, oltrechè dell’eccezione di difetto di motivazione della ripresa, osservava che queste “reiezioni” non erano state oggetto di specifico appello incidentale, con il conseguente loro passaggio in giudicato; nel merito, dopo aver dato atto che la contribuente si era “sottratta al contraddittorio”, la Regionale reputava che la maternità avuta dalla H.X. nel corso del 2005, non fosse idonea a giustificare lo scostamento dalle presunzioni di reddito discendenti dallo studio di settore applicato, atteso che l’attività di impresa era stata condotta “con l’ausilio di collaboratori”, ciò che poteva consentire la produzione anche in costanza di gravidanza;

3. che la contribuente ricorreva per undici motivi, successivamente anche illustrati da memoria, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.

CONSIDERATO

1. che, con il primo complesso motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la contribuente censurava la Regionale per aver erroneamente ritenuto necessario, nonostante fosse stata integralmente vittoriosa in primo grado, appellare incidentalmente la prima decisione, pur se la Provinciale non aveva statuito sulle eccezioni di inesistenza delle notificazioni dell’avviso e dell’invito a comparire al preventivo contraddittorio amministrativo, oltrechè sull’eccezione di difetto di motivazione della ripresa; diversamente, secondo la contribuente, essendo stata integralmente vittoriosa in primo grado, ad evitare la decadenza dalle suddette eccezioni, comminata dal D.Lgs. 31 gennaio 1992, n. 546, art. 56, era stato sufficiente averle ribadite nelle controdeduzioni d’appello; trattavasi di un errore processuale che, sempre secondo la contribuente, aveva indotto la CTR a non pronunciare sulle ridette eccezioni, con la conseguente ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c.;

1.1. che le doglianze, in disparte il vizio di omessa pronuncia, invero inconferente, trattandosi in realtà di un diverso errore processuale (Cass. sez. III n. 25154 del 2018), sono fondate, bastando a riguardo rammentare la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte, formatasi sulla disposizione contenuta nell’art. 346 c.p.c., per cui: ” La necessità dell’appello incidentale sussiste le quante volte – in presenza di un rigetto della domanda e, quindi, di esito favorevole al convenuto, che, dunque, si trovi in posizione di c.d. soccombenza soltanto teorica – una sua eccezione di merito sia stata oggetto di valutazione da parte della sentenza di primo grado con una motivazione espressa, che abbia enunciato il suo rigetto, oppure sia stata oggetto di una motivazione che, pur non enunciando espressamente il rigetto, lo evidenzi indirettamente, cioè riveli, in modo chiaro ed inequivoco, che il giudice parimenti abbia inteso rigettare l’eccezione” (Cass. sez. un. 11799 del 2017); giurisprudenza alla quale si è conformata, in più di un’occasione, anche quella della sezione tributaria, in tema di interpretazione dell’omologo D.Lgs. 31 gennaio 1992, n. 546, art. 56, (Cass. sez. trib. n. 14534 del 2018); che, quindi, per quanto trascritto dalla contribuente ai fini dell’autosufficienza, del resto confermato dalla Regionale, in particolare laddove quest’ultima aveva ricordato che sulle eccezioni in parola la Provinciale non si era espressa in alcun modo, avendo “mantenuto silenzio”, la contribuente, essendo stata totalmente vittoriosa, non era tenuta a proporre appello incidentale, essendo stato sufficiente, per non decadere, riproporre le eccezioni nelle sue controdeduzioni d’appello;

2. che, con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denunciando la violazione dell’art. 112 c.p.c., la contribuente censurava la Regionale per non aver pronunciato sull’eccezione di illegittimità della ripresa in quanto fondata sullo studio di settore “obsoleto” TD27U, invece che sullo studio di settore più evoluto UD27U, applicando retroattivamente il quale non vi sarebbero state le gravi incongruenze; con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), oltrechè la violazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies, comma 3, conv. in L. 29 ottobre 1993, n. 427, la contribuente censurava la Regionale per non aver annullato la ripresa in quanto fondata sull’applicazione dello studio di settore meno evoluto; con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente censurava la Regionale per aver basato l’accertamento esclusivamente sulle presunzioni statistiche derivate dallo studio di settore, con ciò violando l’art. 2697 c.c., il D.P.R. n. 600 cit., art. 39, comma 1, lett. d), e il D.L. n. 331 cit., art. 62 sexies, comma 3;

2.1. che i motivi, che è conveniente esaminare congiuntamente, sono da accogliere nella misura più sotto precisata; in effetti, deve essere dapprima ricordato che la contribuente non si era presentata al preventivo controllo amministrativo; fatto, quest’ultimo, che, se volontario, poteva consentire all’ufficio di fondare l’accertamento sulla base delle sole presunzioni derivate dall’applicazione dello studio di settore (Cass. sez. trib. n. 27617 del 2018), salva sempre la possibilità, per la contribuente, di giustificare lo scostamento in giudizio; in ragione di quanto appena rammentato, la doglianza di cui al quarto motivo, laddove la contribuente ha lamentato che l’ufficio aveva fondato l’accertamento unicamente sulle presunzioni derivate dallo studio di settore, resta assorbita dall’accoglimento del primo motivo, dovendo il giudice del rinvio preliminarmente accertare se davvero alla contribuente fosse stato regolarmente comunicato l’invito al preventivo contraddittorio amministrativo; se, cioè, la contribuente fosse stata o meno posta in grado di presentarsi al preventivo contraddittorio amministrativo; circostanza da cui, appunto, dipende la possibilità di basare l’accertamento sulla sola applicazione dello studio di settore; per altro verso, occorre osservare che non è qui questione di omessa pronuncia circa l’applicazione dello studio di settore più evoluto, dovendosi ricordare che per aversi violazione dell’art. 112 c.p.c., deve mancare del tutto la statuizione indispensabile a risolvere la questione (Cass. sez. II n. 6368 del 2019); condizione, nella concreta fattispecie, che non è dato ravvisare, avendo la Regionale ritenuto che fosse stato legittimamente applicato l’anteriore studio di settore TD27U; è tuttavia vero che “che l’accertamento tributario mediante studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, per cui si giustifica l’applicazione retroattiva dello strumento più recente, che prevale rispetto a quello precedente, in quanto più raffinato e più affidabile” (Cass. Sez. un. 26635 del 2009; Cass. sez. trib. n. 17807 del 2017); ma, questo, semprechè, ovviamente, l’applicazione dello studio di settore più evoluto faccia emergere la congruità e coerenza dell’imponibile dichiarato (Cass. sez. trib. n. 23554 del 2015), che è questione di fatto, evidentemente riservata al giudice di merito, in sede di rinvio;

3. che, con il nono motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deducendo la violazione dell’art. 112 c.p.c., la contribuente censurava la Regionale, tra l’altro, per non aver pronunciato sulla eccepita inapplicabilità della sanzione irrogata per l’errata compilazione del modello Intrastat; e, la doglianza, è chiaramente fondata, non avendo in alcun modo la Regionale deciso l’eccezione;

4. che gli altri motivi, in parte rivolti a censurare l’apprezzamento che la Regionale ha fatto delle circostanze allegate dalla contribuente per giustificare lo scostamento, in parte rivolti a censurare l’omessa pronuncia sulla eccezione di inapplicabilità delle sanzioni per infedele dichiarazione, in parte rivolti a censurare le statuizioni sulle spese, restano tutti assorbiti, essendo dipendenti dall’accertamento della legittimità o meno dell’avviso; un accertamento che è difatti ancora sub iudice, atteso che la definitiva ricognizione sul punto, a seguito della cassazione dell’impugnata sentenza, viene ad essere affidata, per quanto sopra, al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso come in motivazione, cassa l’impugnata sentenza, rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana che, in altra composizione, dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi, oltrechè regolare le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472