LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14627/2015 proposto da:
Istituto Diagnostico Varelli Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, V. Antoniniano 14, presso lo studio dell’avvocato Borraccino Antonio, rappresentato e difeso dall’avvocato Ricigliano Maurizio, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Asl Napoli *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1912/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2020 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli ha dichiarato improponibile l’istanza monitoria, ha revocato il decreto ingiuntivo e rigettato la domanda proposta dall’Istituto Diagnostico Varelli srl, nei confronti della ASL Napoli *****, per il pagamento del saldo delle prestazioni erogate (branca di chimica clinica) in favore degli assistiti nei mesi di aprile, settembre, novembre e dicembre del 2004, per illegittimo frazionamento del credito scaturito da un unico rapporto obbligatorio.
La Corte d’appello di Napoli, giudicando sul gravame dell’Istituto Diagnostico, con sentenza del 2 maggio 2014, ha confermato la conclusione del tribunale con diversa motivazione.
Ad avviso della corte, la domanda era proponibile poichè non si era in presenza di un unico rapporto obbligatorio ma di rapporti distinti; ha poi esaminato i motivi di opposizione a decreto ingiuntivo, non esaminati dal tribunale, ed ha giudicato la domanda dell’Istituto Diagnostico Varelli comunque infondata, essendo il credito azionato non esigibile, per mancata prova incombente sul predetto Istituto del non superamento del tetto di spesa e del mancato esercizio della regressione tariffaria da parte dell’ASL, quali presupposti dell’azionabilità del credito relativo al saldo delle prestazioni erogate.
Avverso questa sentenza l’Istituto Diagnostico Varelli ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria; la ASL Napoli ***** non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 25 e 102 Cost., per illegittima sottrazione della causa al giudice naturale; il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizi motivazionali per essere il giudice di merito stato orientato nella decisione da “una giurisprudenza di sezione eccessivamente sensibile a logiche localistiche di contenimento della spesa pubblica, soprattutto sanitaria”.
Entrambi (sub 1 del ricorso) non possono essere configurati come motivi di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., non contenendo alcuna indicazione delle statuizioni impugnate e illustrazione delle ragioni della impugnazione, risolvendosi in affermazioni astratte e avulse dal contesto decisionale della causa.
Il terzo motivo (sub 2 e 2.1), che denuncia violazione del R.D. n. 2240 del 1923, artt. 16 e 17, per non avere rilevato d’ufficio l’irregolare costituzione in giudizio dell’ASL Napoli ***** nel giudizio di primo grado, per l’assenza di un atto deliberativo di conferimento dell’incarico agli avvocati Vingiani e De Nicola, è inammissibile, deducendo una asserita nullità processuale riferibile al giudizio di primo grado, senza che il motivo specifichi se e in quale atto processuale la nullità sia stata eccepita tempestivamente nello stesso grado del giudizio e se abbia costituito oggetto di specifico motivo di gravame, tenuto conto che non risulta che la questione sia entrata nel dibattito processuale nel giudizio di appello.
Il quarto motivo (sub 2.2) denuncia violazione dell’art. 346 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata, per avere la corte territoriale esaminato d’ufficio la questione – posta a fondamento della decisione – del superamento del tetto di spesa e della regressione tariffaria ed erroneamente ritenuta “riproposta” in sede di gravame dall’ASL, pur non essendo stata devoluta ai giudici di appello nè esaminata dal tribunale, nè essendosi sviluppato il contraddittorio al riguardo.
Il motivo è infondato, avendo l’ASL riproposto la predetta questione nel giudizio di appello (rimasta assorbita all’esito del giudizio di primo grado), a norma dell’art. 346 c.p.c., mediante specifico richiamo alle conclusioni svolte nel giudizio di primo grado, e in tal modo investito il giudice di appello dell’esame della stessa.
Con il quinto motivo (sub 2.3 del ricorso) l’Istituto Diagnostico Varelli denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 8 e del D.L.gs. n. 502 del 1992, modificato dal D.Lgs. n. 229 del 1999, per avere posto a carico della parte attrice l’onere di provare il mancato superamento del tetto di spesa e il mancato esercizio della regressione tariffaria, erroneamente intesi come fatti costitutivi della domanda, essendo invece onere dell’ASL dare la prova positiva al riguardo.
Il motivo è fondato, avendo la sentenza impugnata deciso in senso difforme dal principio secondo cui, in tema di pretesa creditoria della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, il mancato superamento del tetto di spesa, fissato secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti, non integra un fatto costitutivo la cui prova deve essere posta a carico della parte creditrice (struttura sanitaria accreditata), mentre rileva come fatto impeditivo, il cui avvenuto superamento, con conseguente onere della prova, ex art. 2697 c.c., a carico della parte debitrice (cfr. Cass. n. 3403 del 2018).
Ne consegue che, in relazione al predetto motivo che è accolto, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto e, in accoglimento del quinto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020