LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2364-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso VAVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.R.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5488/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUSSO RITI.
RILEVATO
CHE:
1.- C.R. ha impugnato l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate ha rideterminato la sua capacità contributiva ai fini IRPEF, IVA e IRAP per l’anno di imposta 2013. Ha dedotto il difetto di contraddittorio endoprocedimentale. L’agenzia ha resistito deducendo che l’accertamento era stato eseguito con metodo analitico induttivo. Il ricorso della contribuente è stato rigettato in primo grado. La contribuente ha proposto appello e la CFR della Campania con sentenza depositata in data 5 giugno 2018, ha accolto l’appello rilevando che vi era obbligo di preventivo contraddittorio per l’IVA, in quanto tributo armonizzato, e che le vendita sottocosto erano giustificate considerando le documentate condizioni di salute della contribuente, protratte fino al 2014, le perdite crescenti dichiarate negli ultimi anni fino alla chiusura del 2013, e che le vendite riguardavano le rimanenze iniziali.
2.- Avverso la predetta sentenza propone ricorso la Agenzia affidandosi a due motivi. Non si è costituita la contribuente. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.
RITENUTO
CHE:
3.- Con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12 del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Deduce che la parte che lamenti il difetto di contraddittorio endoprocedimentale deve dimostrare in sede giudiziale che in mancanza di tale violazione il procedimento avrebbe comportato un risultato diverso.
Il motivo è infondato. E’ giurisprudenza costante di questa Corte cui il Collegio intende dare continuità che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Cass. sez. un. 24823/2015, ord. n. 11283/2016, 8628/2016, ord. n. 5502/2016) Si è anche affermato che la c.d. prova di resistenza non va intesa nel senso dedotto dalla Agenzia e cioè come necessità che in giudizio il contribuente offra la prova che il risultato sarebbe stato diverso, ma nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifica allorchè, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali (Cass. 24823/2015). Nel caso di specie la contribuente ha allegato alcune difese che la CTR non solo non ha considerato pretestuose, ma le ha anche ritenute fondate in punto di fatto.
Con il secondo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. L’Agenzia deduce che la sussistenza di un costo del venduto superiore di circa dieci volte all’ammontare dei ricavi è circostanza di fatto contraria a ogni logica gestionale se non giustificata da eventi straordinari. L’avviso di accertamento, deduce ancora l’Agenzia non è stato emesso in base a studi di settore ma con il metodo analitico induttivo. Lamenta che la contribuente avrebbe dovuto produrre prova circa la insistenza della pretesa e che la documentazione prodotta dalla contribuente, segnatamente la documentazione medica, non è idonea allo scopo.
Il motivo è inammissibile perchè propone delle censure di merito. Il giudice d’appello ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto giustificate le vendite sottocosto valutando i documenti offerti dalle parti e dando particolare rilievo alle condizioni di salute della contribuente e alla chiusura della attività avvenuta a fine 2013. A fronte di ciò le censure della Agenzia appaino chiaramente rivolte a sollecitare un revisione del giudizio di fatto. Deve qui richiamarsi il principio già affermato da questa Corte secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. s.u. 34476/2019). In particolare in tema di prova questa Corte ha affermato che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 1229/2019).
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Nulla sulle spese in difetto di costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 1 luglio 2020
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