LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 16776-2018 proposto da:
Z.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. SECCHI 9, presso lo studio ZIMATORE, rappresentato e difeso da se stesso unitamente all’avvocato GIUSEPPE SPADAFORA;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO, 12, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO FALDUTO;
– controricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 637/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 05/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VALLE CRISTIANO.
FATTO E DIRITTO
L’avvocato Z.V. impugna, con atto affidato a tre motivi, la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, n. 00637 del 5 aprile 2018, che confermando sentenza del Tribunale della stessa sede, ha ritenuto non dovuto in favore del professionista, il compenso per l’espletamento di attività di difesa in giudizio in favore del Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti della Regione Calabria;
resistono, con separati controricorsi, la Regione Calabria e la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
il ricorrente, a seguito della comunicazione della proposta di definizione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha depositato memoria nel termine di legge.
Tanto premesso il Collegio:
rilevato che i tre motivi di ricorso denunciano: il primo, violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente del R.D. n. 1611 del 1933, art. 1 e dell’art. 113 c.p.c., non ravvisandosi norme che comminano la nullità del mandato difensionale ad avvocato del libero foro da parte di Pubbliche Amministrazioni; il secondo, violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 2041 c.c., affermandosi che all’avvocato competeva comunque l’ingiustificato arricchimento; il terzo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame diversi profili di responsabilità;
rilevato che l’affermazione della sentenza impugnata – laddove ritiene la successione della Regione Calabria al Commissario e quindi la legittimazione passiva soltanto della prima, alla stregua della legislazione speciale (Ordinanze del Presidente Consiglio dei Ministri del 22/03/2012, n. 4011 e del 14/03/2013, n. 57, in riferimento poi alla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 422) – di esclusione della legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, non è stata in alcun modo impugnata dallo Z.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
ritenuto che il primo motivo di ricorso non censura adeguatamente la sentenza d’appello, in quanto il mezzo non attinge il ragionamento decisorio della sentenza in scrutinio sull’essere il patrocinio dell’organo commissariale devoluto necessariamente all’Avvocatura erariale con la conseguenza che il conferimento di mandati difensivi ad avvocati del libero foro era del tutto, e radicalmente, precluso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso non censura adeguatamente la motivazione della sentenza d’appello in ordine all’inoperatività dell’istituto dell’ingiustificato arricchimento in caso di nullità del contratto, in quanto l’avvocato non può avvalersi contro il cliente dell’azione di indebito arricchimento, di cui all’art. 2041 c.c. perchè la funzione sussidiaria ed integrativa di detta azione osta all’esperibilità della medesima per la tutela di un interesse derivante dalla violazione di norma cogente (Cass. n. 00467 del 13/02/1976 Rv. 379118 – 01);
ritenuto che il terzo motivo, formulato con riferimento alla fattispecie di omesso esame di fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile, non trattandosi di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, bensì di esclusione di fondatezza di altri titoli giustificativi della pretesa e comunque difettando, nel ricorso, autosufficienti indicazioni su come e quando le tesi sarebbero state sviluppate;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nei confronti della Presidenza del Consiglio e rigettato nei confronti della Regione Calabria;
ritenuto che le spese di lite seguono la soccombenza e tenuto conto del valore della causa e dell’attività defensionale, sono liquidate come da dispositivo, in favore di ciascuna delle controparti costituite (Presidenza del Consiglio dei Ministri e Regione Calabria);
ritenuto che sul ricorrente grava, altresì, l’onere del rimborso delle spese prenotate a debito dall’Avvocatura Generale dello Stato.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
rigetta il ricorso nei confronti della Regione Calabria;
condanna il ricorrente al pagamento di Euro 3.000,00 per spese, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge, in favore della Regione Calabria e di Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito per l’Avvocatura dello Stato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020