Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.14204 del 08/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27845-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.D.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 7, presso lo studio dell’avvocato ENRICO VALENTINI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 558/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 19/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO

che:

1.- La Agenzia delle entrate ha accertato un maggior imponibile a carico della impresa edile individuale F., per costi dedotti ma ritenuti non inerenti (fatture subappalti, ritenute generiche e prive di riscontri contrattuali documentali). Il contribuente ha impugnato i conseguenti avvisi di accertamento relativi a IRPEF, IVA e IRAP dell’anno 2008. Il ricorso del contribuente è stato rigettato in primo grado. Ha proposto appello il contribuente e la CTR della Emilia Romagna con sentenza del 19 gennaio 2018 ha riformato la sentenza di primo grado.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso il contribuente. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

RITENUTO

Che:

3.- Con il primo motivo del ricorso, la Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5 del TUIR e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo l’Agenzia ha errato la CTR nel ritenere deducibili tutti costi per prestazioni d’opera, sull’erroneo presupposto che, non avendo l’Agenzia contestato la inesistenza delle operazioni poste in essere non avrebbe potuto neppure contestarne l’inerenza.

Il motivo è fondato.

La CTR ha ritenuto che la mancanza di documentazione in merito ai rapporti di subappalto con i prestatori d’opera non abbia influito sull’accertamento, in quanto non è stata contestata l’inesistenza delle fatture ma solo il difetto di inerenza, stante la genericità del loro contenuto e pertanto non ricorrerebbero nella fattispecie quelle elementi di gravità precisione e concordanza che consentono di raggiungere la certezza “non essendo rilevante il discostamento di un solo indice dello studio di settore”.

Così motivando, la CTR ha fatto errata applicazione principio di cui all’art. 2697 c.c. e della norma data dall’art. 109 TUIR.

Il principio di inerenza dei costi, intesa quale condizione per la loro deducibilità, attiene al rapporto tra costo ed attività di impresa e viene comunemente ricondotto alla matrice normativa cristallizzata nell’art. 109 TUIR, secondo cui “Le spese e gli altri componenti negativi (…f sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”. Spetta al contribuente l’onere di provare l’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, la coerenza economica dei costi deducibili, non essendo sufficiente a tal fine che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, ma occorrendo anche l’esistenza di una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa (Cass. n. 450/2018). La prova, dunque, deve investire i fatti costitutivi del costo, e il contribuente deve provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perchè in correlazione con l’attività di impresa (Cass. n. 33504/2018).

Non è quindi sufficiente che si consideri la spesa esistente (o non inesistente) dovendo il contribuente provarne la inerenza.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla CTR della Emilia Romagna in diversa composizione per un nuovo esame e anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Emilia Romagna in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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