LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23312-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE;
– ricorrente –
contro
F.M.R.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1478/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 18/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE MARGHERITA MARIA.
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Napoli nord con la sentenza n. 1478/2018, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato che F.M.R. era soggetto meritevole dell’assegno di invalidità con decorrenza dal gennaio 2017 ed aveva condannato l’Inps al pagamento in suo favore dei ratei della prestazione oltre interessi legali.
Avverso detta decisione l’Inps proponeva ricorso affidato a un motivo.
La F. rimaneva intimata.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
1) Con unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 118 del 1971, art. 13, della L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, degli artt. 414 e 416 c.p.c. in relazione all’art. 445 bis c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).
Rileva l’Inps che il tribunale aveva condannato l’Istituto al pagamento della prestazione senza aver accertato il requisito reddituale.
L’articolato motivo attiene all’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c. ed alla finalità dello stesso. Questa Corte ha di recente chiarito che “Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici. (Cass. n. 27010/2018).
L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni medico-legali, lasciando all’Inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta.
Il ricorso merita dunque accoglimento nel suo motivo relativo alla erronea condanna al pagamento dei ratei di prestazione in quanto fondata la censura inerente la mancata valutazione della eccezione inerente l’assenza del requisito reddituale, non essendo, quest’ultima onere del giudice.
Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice nel procedimento in questione, deve darsi peraltro atto che comunque la finalità di quest’ultimo era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria, allorchè l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando fermo il requisito sanitario accertato.
Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte decidendo sul ricorso, accoglie il ricorso, cassa la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la F. meritevole della prestazione ed ha condannato l’Inps al pagamento dei ratei della prestazione. Resta fermo l’accertamento del requisito sanitario. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020
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