Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.9374 del 21/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28166/2015 proposto da:

BIT SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, V. D’ARACOELI 11, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA DIORIO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO FURLANETTO;

– ricorrente –

contro

COPERNIT & C. SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio dell’avvocato ENZO PARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO SCARPARI;

– controricorrente –

e contro

CSM SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2386/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati PIERO SCARPARI E ALFONSO LAMBERTI.

FATTI DI CAUSA

1. La C.S.M. s.p.a., premesso che in data 7 gennaio 1996 aveva appaltato alla G.S. Engineering Srl l’esecuzione della ristrutturazione di un complesso di capannoni siti in *****, ivi compresa la fornitura e posa in opera della copertura del tetto, e che la convenuta, a sua volta, aveva appaltato parte dei lavori a BIT Costruzioni Metalliche Spa, la quale ultima aveva acquistato le lastre in fibrocemento occorrenti per la copertura da Copernit & C. Spa e premesso, altresì, che le lastre avevano manifestato fessurazioni da cui erano derivate infiltrazioni di acqua con danni all’immobile, agli arredi e ai materiali depositati, dopo un accertamento tecnico preventivo, conveniva in giudizio la GS Engineering SRL ex art. 1669 c.c., chiedendo il pagamento dell’importo di Euro Euro 52.769 a titolo di risarcimento dei danni derivanti da vizi e difetti dell’opera.

Si costituiva la G.S. Engineering, chiamando in causa Bit Costruzioni Metalliche che, a sua volta, chiamava la Copernit & C. Spa.

2. Il Tribunale di Treviso, previa esclusione della decadenza dall’azione ex art. 1669 c.c. e della prescrizione, riteneva condivisibili le conclusioni del consulente tecnico secondo cui le infiltrazioni d’acqua provenivano dalle fessurazioni delle lastre e condannava in solido Bit Costruzioni Metalliche e G.S. Engineering al pagamento in favore di C.S.M. dell’importo di Euro 36.779 oltre a rivalutazione e interessi, a fronte di danni subiti a causa delle infiltrazioni. Inoltre, in accoglimento della domanda di manleva di G.S. Engineering, condannava Bit a tenere indenne la prima, mentre respingeva la domanda di quest’ultima di manleva nei confronti di Copernit & C.

3. Avverso la sentenza proponeva appello la Bit Costruzioni Metalliche, resistevano C.S.M. e Copernit & C..

4. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione nei confronti di Copernit e riduceva l’importo della condanna dell’appellante Bit in favore di C.S.M..

Per quel che ancora rileva, la Corte d’Appello riteneva inammissibile il motivo di appello con il quale la società Bit e anche la Copernit avevano eccepito la decadenza dell’attrice sulla scorta del fatto che il motivo non affrontava le argomentazioni del Tribunale con le quali si sottolineava che il termine di un anno ex art. 1669 c.c., decorre solo dal momento in cui il committente consegua un apprezzabile conoscenza oggettiva della gravità dei vizi e della loro derivazione causale. A tal proposito, dalla consulenza tecnica emergeva che le infiltrazioni provenivano da fessurazioni longitudinali diffuse degradate in crepe, e il problema si era manifestato in modo tale che il degrado del tetto non aveva creato problemi fino a quando le microfessurazioni sparse a macchia di leopardo non si erano allargate fino a incidere le lastre per tutta la loro profondità.

La Corte d’Appello rigettava gli altri motivi e, in particolare, il motivo di appello con il quale la Bit aveva dedotto l’erroneità del rigetto della domanda di manleva formulata nei confronti di Copernit, in quanto tale domanda si fondava non già sul rapporto di compravendita, bensì girando al produttore l’azione ex art. 1669, oppure quella ex D.P.R. n. 224 del 1998.

Il Tribunale aveva osservato che la Copernit non poteva essere coinvolta nell’azione ex art. 1669 c.c., perchè non aveva partecipato alla realizzazione dell’opera, in quanto mero fornitore, e non poteva essere ritenuta responsabile in forza del D.P.R. n. 224 del 1988, oggi sostituito dal codice del consumo, perchè applicabile solo alla protezione del consumatore.

L’appellante aveva dedotto che la domanda proposta da C.S.M. e girata verso Copernit doveva essere accolta quantomeno ex art. 2043 c.c..

La Corte d’Appello aveva evidenziato che Copernit aveva eccepito la prescrizione rispetto all’unica azione extracontrattuale avanzata da Bit ex art. 1669 c.c., e l’eccezione era fondata dato il tempo trascorso dalla fornitura che risaliva al 1996 e la notifica della citazione che risaliva al primo giugno 2005. Sicchè, anche riqualificando l’azione per responsabilità del produttore ex D.P.R. n. 224 del 1998, come proposta ex art. 2043 c.c., doveva ritenersi maturata la prescrizione.

5. Bit Costruzioni Metalliche Spa ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un unico motivo.

6. Copernit & C. Spa oggi Isonet Spa in liquidazione ha resistito con controricorso.

7. All’adunanza camerale del 10 maggio 2019 la causa è stata rinviata alla pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1669,2043, 2935 e 2947 c.c.; art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 1669 c.c. e art. 106 c.p.c..

La società ricorrente ritiene erronea la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui, riferendosi alla domanda di chiamata in garanzia aveva affermato che l’azione era prescritta, sul presupposto che il termine di prescrizione quinquennale decorresse dalla data di fornitura delle lastre – 1996 – anzichè dalla data in cui il danno si era reso manifesto oggettivamente e in modo riconoscibile all’esterno. Inoltre la ricorrente contesta anche che, secondo la Corte d’Appello, il momento interruttivo della prescrizione doveva individuarsi con la notifica della citazione per la chiamata del terzo – primo giugno 2005 – mentre vi era stata una lettera del 13 ottobre 2003 con la quale la BIT aveva comunicato alla Copernit i vizi riscontrati dalla G.S. Engineering, diffidandola ad intervenire per risolvere il problema derivante dalla fornitura di materiale difettoso con riserva di richiedere il risarcimento dei danni.

La ricorrente sostiene che in base a un’interpretazione sistematica degli artt. 2947, 2043 e 2935 c.c., deve ritenersi che l’espressione – la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere – debba intendersi nel senso che decorre non dal giorno in cui si è tenuta la condotta illecita bensì dal giorno del verificarsi del danno. A ulteriore supporto di tale tesi il ricorrente cita del D.P.R. n. 224 del 1988, art. 13, secondo cui il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile.

Dunque, non rileva il momento della fornitura delle lastre ma quello in cui i vizi si sono manifestati con evidenza, nella specie la raccomandata del 2 ottobre 2003 con la quale i vizi erano stati denunciati dalla committente alla Bit, cui aveva fatto immediatamente seguito la comunicazione effettuata da BIT alla fornitrice Copernit in data 13 ottobre 2003 (allegata in copia al ricorso).

Tale comunicazione interrompeva il decorso del termine di prescrizione già prima della chiamata in causa del terzo notificata nel giugno 2005 e, peraltro, la stessa Corte d’Appello, con riferimento all’azione ex art. 1669 c.c., aveva affermato il principio consolidato secondo il quale il termine annuale decorre solo dal momento in cui il committente consegue un’apprezzabile conoscenza oggettiva della gravità dei vizi e della loro derivazione causale ma non aveva svolto analogo ragionamento con riguardo alla domanda svolta da Bit verso Copernit, ritenendola erroneamente prescritta.

Infine, la ricorrente evidenzia che la decisione impugnata si pone in contrasto con il principio della girata della domanda in virtù della quale essa aveva agito nei confronti della fornitrice, oggi controricorrente, che non era stata chiamata in causa in garanzia ex art. 1490 c.c., bensì con il meccanismo della girata della domanda ex art. 1669 c.c. o 2043 c.c..

In altri termini BIT aveva girato a Copernit l’azione risarcitoria proposta contro di lei dalla committente C.S.M. comunque si voglia qualificare tale girata, domanda ex art. 1669 c.c. o ex art. 2043 c.c..

2. Il motivo è fondato.

La ricorrente evidenzia che la Copernit è stata chiamata in causa nella qualità di venditrice delle lastre in fibrocemento utilizzate nella costruzione del fabbricato della società C.S.M. (originaria attrice) e causa del danno di cui quest’ultima ha chiesto il risarcimento alla medesima ricorrente.

Dunque, la ricorrente ha chiamato in causa la Copernit per ottenere la condanna al risarcimento dei danni dei quali era chiamata a rispondere nella sua qualità di società costruttrice del fabbricato, risultato gravemente difettoso. L’azione intrapresa con tale chiamata deve essere qualificata come richiesta di risarcimento ex art. 2043 c.c..

La ricorrente, peraltro, aveva agito nei confronti della Copernit anche ex D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, per la responsabilità del produttore e venditore per i danni provocati dai prodotti messi in circolazione che, tuttavia, al tempo in cui si erano verificati i fatti di causa non era ancora in vigore. Ne consegue che anche per questo aspetto la disciplina applicabile è solo quella dell’art. 2043 c.c.. Infatti, anche prima della entrata in vigore del suddetto D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, che non ha effetto retroattivo, il costruttore poteva essere chiamato a risponderne, ai sensi dell’art. 2043 c.c., del danno derivante da un difetto di costruzione di un prodotto messo in commercio (vedi Sez. 2, Sen. 5164 del 2003 Sez. 3, n. 1696 del 1980; sez. 3, n. 10274 del 1995).

3. Ciò premesso, ritiene il collegio che l’appaltatore si trovi, rispetto ai materiali acquistati presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, in una posizione analoga a quella dell’acquirente successivo nell’ipotesi della cd. “vendita a catena”, potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie: quella contrattuale relativa ai danni propriamente connessi all’inadempimento in ragione del vincolo negoziale, e deducibili con l’azione contrattuale ex art. 1494 c.c., comma 2, relativa alla compravendita (corrispondente, per l’appalto, a quella ex art. 1668), e quella extracontrattuale per essere tenuto indenne di quanto versato al committente ex art. 1669 c.c., in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera (vedi Sez. 2, Sent. n. 12704 del 2002).

In altri termini, deve darsi continuità all’orientamento consolidato secondo il quale, nel contratto di vendita, la responsabilità contrattuale concorre con quella extracontrattuale in relazione a un evento dannoso che, unico nella sua genesi soggettiva e risalente allo stesso comportamento del suo autore, leda, oltre ai diritti acquisiti dalla parte in base al contratto, anche i diritti assoluti della medesima. Tale principio è operante anche in tema di responsabilità per i vizi della cosa venduta, giacchè il comma 2 dell’art. 1494 c.c., non riguarda qualsiasi danno giuridicamente rilevante causato dai vizi della cosa, ma si riferisce alla sola lesione degli interessi connessi con il vincolo negoziale e con esclusione, quindi, del pregiudizio arrecato agli interessi del compratore che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti – come il diritto dell’appaltatore -acquirente ad essere tenuto indenne dal danno patito per aver dovuto risarcire il committente per i difetti di costruzione derivanti dal vizio della cosa venduta ex art. 1669 c.c. (Sez. 3, Sentenza n. 3021 del 2014; Sez. 2, Sent. n. 11410 del 2008; Sez. 2, sent. n. 4833 del 1986).

4. Così qualificata la domanda azionata dalla Bit Costruzioni Metalliche con la chiamata in causa della Copernit deve, infine, osservarsi che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che in ogni caso l’azione di responsabilità extracontrattuale era prescritta perchè i fatti risalivano al 1996 epoca della vendita delle lastre in fibrocemento.

Costituisce orientamento consolidato, infatti, quello secondo il quale: “In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il dies a quo dal quale la prescrizione comincia a decorrere va individuato nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato (Sez. 6-3, Ord. n. 1263 del 2012; Sez. 3, Sent. n. 13616 del 2011).

La ricorrente era venuta a conoscenza del difetto di costruzione delle lastre in fibrocemento – difetto che aveva determinato il danno al tetto del capannone – solo a seguito della denuncia fatta dalla G.S. Engineering in data 2 ottobre 2003, ne consegue che nel giugno del 2005, data di notifica della domanda risarcitoria effettuata con la chiamata in causa, il termine quinquennale non era ancora decorso ed era stato validamente interrotto.

5. In conclusione, la Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2020

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