Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9753 del 26/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36560-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

T.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITO GIUSEPPE GALATI 100/C, presso lo studio dell’avvocato ANNA D’ALISE, rappresentata e difesa dagli avvocati GAETANO IROLLO, SEBASTIANO SCHIAVONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2626/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 29/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

CHE:

Il tribunale di Napoli nord, con sentenza n. 2626/2018 resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., per quel che in questa sede rileva, aveva dichiarato T.C. invalida al 100/0 con diritto alla indennità di accompagnamento con decorrenza dal maggio 2016 e condannato l’Inps a pagare i ratei così maturati. Il tribunale aveva ritenuto di disattendere l’eccezione dell’Inps con riguardo alla carenza della domanda amministrativa, in quanto presentata la stessa e redatta secondo il modello predisposto dall’istituto.

Avverso detta decisione l’Inps aveva proposto ricorso affidato a un motivo cui aveva resistito la T. con controricorso Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo l’Inps denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7, art. 2697 c.c., D.M. 19 novembre 1990, artt. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1980, del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.).

L’Istituto rileva che la sentenza impugnata ha erroneamente riconosciuto il beneficio dell’indennità di accompagnamento in mancanza di idonea certificazione allegata alla domanda amministrativa.

Deve premettersi che lo stesso Istituto ricorrente dà atto della presenza nel caso di specie di domanda amministrativa e certificazione medica, e che le censure riguardano quindi l’adeguatezza di siffatti documenti rispetto alla prestazione domandata (indennità di accompagnamento). L’assistito aveva in origine presentato domanda amministrativa utilizzando i moduli predisposti dall’Inps..

Secondo l’Istituto tale situazione, caratterizzata dal fatto che il medico avesse “spuntato” nel certificato, allegato alla domanda, la casella “NO”, riguardante la condizione di non essere in grado di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, rendeva improcedibile il ricorso.

Questa Corte in fattispecie analoga ha di recente statuito che “In tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda amministrativa, di cui all’art. 443 c.p.c., non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’INPS o l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinchè la procedura, anche amministrativa, si svolga regolarmente; ne consegue che non costituisce requisito ostativo all’esercizio dell’azione per il riconoscimento del beneficio dell’indennità di accompagnamento la circostanza che la domanda amministrativa sia corredata da un certificato medico negativo rilasciato all’assistito dal medico curante, non potendo l’istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost” (Cass. 24896/2019; Cass.n. 14412/2019).

Il ragionamento seguito da questa Corte evidenzia la discrasia esistente tra disposizione legislativa dispositiva di una generale necessità di attestazione della infermità invalidanti nella domanda amministrativa proposta e la specifica richiesta dell’Inps di “barrare”

positivamente, nel modulo predisposto, l’indennità di accompagnamento ovvero le condizioni che ne impongano il riconoscimento. La estraneità di siffatta ultima circostanza al dettato normativo deve far quindi escludere che ” l’istituto previdenziale (possa) introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.” (Cass.n. 14412/2019).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Con distrazione al procuratore antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, del comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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