Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.18467 del 30/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7060/2014 proposto da:

B.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Dell’Aquila ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Angela Fiorentino in Roma, Via Ennio Quirino Visconti n. 11;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Achille Janes Carratù ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Francesca Giuffrè in Roma, Via dei Gracchi n. 39;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 338/15/2013 della Commissione tributaria Regionale della Campania, depositata il 9/9/2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/05/2021 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

RITENUTO

Che:

1. Con sentenza n. 338/15/2013, depositata il 9/9/2013, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto da B.P. e, per l’effetto, confermato la sentenza di primo grado sul rilievo che, diversamente da quanto affermato dal contribuente, risultava dalla documentazione in atti l’avvenuta notifica delle cartelle riportate negli avvisi di intimazione impugnati.

2. Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

3. l’Agenzia delle entrate – Riscossione ha depositato controricorso.

4. In prossimità della camera di consiglio la controricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo B.P. deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1 e del D.Lgs. n. 112 del 1999.

Il ricorrente lamenta “la nullità delle intimazioni di pagamento, nonchè delle sottostanti cartelle esattoriali, qualora non sia stato possibile qualificare il soggetto che ha provveduto alla notifica di tali atti”.

Rileva sul punto il ricorrente la mancata prova richiesta al concessionario circa le necessarie abilitazioni richieste dalla norma sopra indicata in capo ai soggetti che avevano provveduto a notificare le intimazioni e le cartelle poste a presupposto delle prime.

Dalla mancata prova sopra indicata, a parere del ricorrente, discenderebbe l’inesistenza degli atti emessi da EQUITALIA SUD, non potendo essa essere sanata dall’indicazione contenuta sulla raccomandata dove si faceva riferimento a “nostro messo notificatore (…) notificatore da noi incaricato, nostro ufficiale della riscossione”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, non avendo la CTR ritenuto inesistenti le intimazioni di pagamento in ragione della mancata loro allegazione delle copie delle corrispondenti cartelle.

Il ricorrente censura, altresì, la sentenza della CTR per aver omesso di motivare in ordine alla questione relativa alla apposizione della relata in uno spazio dell’atto diverso da quello previsto dall’art. 148 c.p.c., comportando la notifica sul frontespizio la nullità della notificazione.

3. Con il terzo motivo viene dedotta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 140 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. b) bis. Con tale motivo il ricorrente lamenta che la CTR ha omesso ogni pronuncia circa l’eccepita nullità delle intimazioni di pagamento in ragione della mancata prova da parte di EQUITALIA SUD dell’avvenuta notifica delle prodromiche cartelle di pagamento.

In particolare, il ricorrente deduce la nullità di due cartelle per mancato perfezionamento della notifica ex art. 140 c.p.c. e di altre nove per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett b-bis).

4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2948 c.c..

Il contribuente osserva che al momento della notifica delle intimazioni di pagamento, avvenuta il 30.3.2011, era prescritto il termine quinquennale entro il quale poter ottenere il pagamento delle somme riferite alla cartella esattoriale n. *****, considerato che essa recava la data di notifica del 9.7.2002; nonchè delle ulteriori sei cartelle afferenti ad omesso versamento di ICI e TARSU notificate dal 9.7.2002 al 20.1.2015 5. In via preliminare va osservato che seppure il ricorrente nel formulare i motivi di ricorso propone i relativi quesiti di diritto tale ulteriore indicazione non risulta rilevante ai fini del giudizio di ammissibilità del ricorso, laddove i suddetti quesiti erano previsti dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, limitatamente ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2.3.2006 (data di entrata in vigore dello stesso decreto) e fino al 4.7.2009 (data dalla quale opera la successiva abrogazione disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d).

5. Nel merito i primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, non sono fondati.

5.1 Occorre premettere che la notificazione dell’atto impositivo non è un requisito di validità, ma solo una condizione integrativa dell’efficacia dello stesso, sicchè l’inesistenza della notifica non determina in via automatica anche quella dell’atto, se di questo il contribuente ha avuto piena conoscenza entro i termini decadenziali di legge. (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 5556 del 26/02/2019 Rv. 652787 – 02); nella specie l’atto amministrativo di imposizione tributaria aveva raggiunto lo scopo per essere stato impugnato dal destinatario.

In argomento, questa Corte ha affermato anche il seguente principio di diritto per cui la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’Amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, con la conseguenza che la estensione anche all’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato e la proposizione del ricorso del contribuente produce, pertanto, l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c. (cfr. Cass. n. 27561 del 30/10/2018 Rv. 651066 – 02).

5.2 Fatte tali necessarie premesse l’art. 26 (Notificazione della cartella di pagamento) nel testo vigente “ratione temporis” prescriveva che “La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. (…) Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni del predetto decreto, art. 60”.

In tale disposizione, in prima battuta, vengono dettagliate le categorie professionali legittimate alla notifica dell’atto, delineando una dualità tra i soggetti direttamente abilitati dal concessionario e quelli che possono essere autorizzati solo a seguito di stipula di apposita convenzione tra il Comune e il concessionario.

Nella prima categoria rientrano gli ufficiali della riscossione o gli altri soggetti abilitati dal concessionario; nella seconda, i messi comunali e gli agenti di polizia municipale.

Gli ufficiali della riscossione, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 42, sono soggetti nominati dallo stesso concessionario fra le persone la cui identità allo svolgimento delle funzioni è stata conseguita con le modalità previste dalla L. 11 gennaio 1951, n. 56 e dalle altre norme vigenti.

I predetti soggetti sono abilitati all’esercizio della professione, previa l’acquisizione di una specifica idoneità alle funzioni di ufficiali di riscossione rilasciata, dopo il superamento di un esame, dal prefetto nel cui ambito territoriale ricade il domicilio fiscale del richiedente.

Secondo quanto previsto dall’art. 42 cit., la nomina e la eventuale revoca della stessa sono disposte dallo stesso concessionario il quale “comunica la nomina alla competente direzione regionale delle entrate e consegna l’atto di nomina all’ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, è tenuto ad esibirlo quando ne è richiesto”. Il successivo art. 45 sancisce che “1. Il concessionario, per la notifica delle cartelle di pagamento e degli avvisi contenenti l’intimazione ad adempiere, può nominare uno o più messi notificatori. 2. Il messo notificatore esercita le sue funzioni nei comuni compresi nell’ambito del concessionario che lo ha nominato e non può farsi rappresentare nè sostituire”.

5.3 Nel caso di specie la CTR, confermando il giudizio espresso dai giudici di primo grado, ha affermato l’avvenuta corretta notifica delle cartelle indicate nelle intimazioni di pagamento e ciò sulla base “dalla documentazione esibita dalla EQUITALIA POLIS ed in particolare dalle copie delle relate delle notifiche delle cartelle esattoriali; le quali sono state tutte puntualmente esaminate dai primi Giudici ed ulteriormente controllate da questo Collegio”.

Il ricorrente ha, poi, riportato nel proprio ricorso (pag. 13) che la CTR ha confermato la statuizione della CTP nella parte in cui ha ritenuto corrette le notificazioni degli atti (cartelle e intimazioni di pagamento) in ragione dell’attestazione contenuta sulla raccomandata informativa del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, dalle quale risultava che esse erano avvenute per mezzo di “nostro messo notificatore”, “notificatore da noi incaricato”, “nostro ufficiale della riscossione”.

5.4 Alla luce della motivazione della CTR, del contenuto del ricorso sopra riportato e del pieno esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente risulta la non fondatezza delle censure proposte afferenti: alla non provata qualifica di persona abilitata a notificare gli atti da parte dell’agente della riscossione (qualifica che presuppone una nomina da parte del concessionario che va esibita solo se richiesto ex art. 42 cit.); alla inesistenza delle intimazioni di pagamento in ragione della mancata allegazione delle copie delle corrispondenti cartelle (in realtà notificate per come provato dalla documentazione prodotta da EQUITALIA SUD); alla omessa motivazione circa l’eccepita nullità delle intimazioni di pagamento in ragione della mancata prova da parte di EQUITALIA SUD dell’avvenuta notifica delle prodromiche cartelle di pagamento (oggetto, al contrario, di specifica motivazione).

6. Il quarto motivo è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo di quest’ultimo in materia di diritti da esso disponibili, configura un’eccezione in senso proprio che, in sede giudiziale, deve essere dedotta dal contribuente, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice. In particolare, Cass. n. 171 del 09/01/2015 Rv. 634246 – 01 ha affermato che “Il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicchè è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio, nè proponibile per la prima volta in grado d’appello”.

Nella specie, per come risulta dagli atti (pag 3 e 4 del ricorso e pag. 13 e 14 del controricorso) il contribuente ha sollevato la questione afferente alla intervenuta decadenza dell’Amministrazione solo nell’atto di appello e, dunque, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

– Rigetta il ricorso.

– Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia dell’entrate che si liquidano in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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