Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20300 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizo – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso di ricusazione nel procedimento 5693-2020 proposto da:

I.M., rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO SASSI, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLLIA 29 (TORVERGATA);

– ricorrente –

contro

UNIONE DI BANCHE ITALIANE SOCIETA’ PER AZIONI, in persona del procuratore speciale, rappresentata e difesa dagli avvocati ANGELO GIUSEPPE CHIELLO, CESARE POZZOLI, GIOVANNI VECA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO 71, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PAGNOTTA;

– controricorrente –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

Uditi il Sig. Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE e l’Avv. FRANCESCO SASSI.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Sassi, ha proposto ricorso per cassazione iscritto al R.G. n. 5693/2020 avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 755 del 2019; la Unione di Banche Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso.

2. La relatrice della sezione designata di cui all’art. 376 c.p.c., comma 1, ha depositato proposta per l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ed il presidente ha fissato l’adunanza camerale del 4 maggio 2021.

E’ stata altresì disposta la comunicazione alle parti, al P.G. ed al consigliere ricusato per l’esercizio della facoltà di essere eventualmente ascoltato, ai sensi dell’art. 53 c.p.c., comma 2.

La società controricorrente non ha svolto attività difensiva nel procedimento di ricusazione.

Nell’adunanza camerale del 10 giugno 2021 sono intervenuti il Procuratore Generale, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, e l’Avv. Francesco Sassi.

4. Nella dichiarazione di ricusazione si deduce che la proposta della relatrice Cons. L.G. “non è verosimile e non è attendibile”; ricordati i contenuti dell’originario ricorso per cassazione, si eccepisce che il difetto di specificità e di autosufficienza su cui sarebbe fondata la proposta “di inammissibilità del ricorso” sarebbe “smentito e confutato” da “circostanze preliminari di fatto e diritto” nonché da “altre circostanze di fatto ignote al relatore (ma acquisite dalla cancelleria della Suprema Corte)”; si sostiene che la relatrice sarebbe “assolutamente compromessa nel presente processo, in quanto è apparsa priva di terzietà, indipendenza ed imparzialità; che, infatti, nella sua relazione, ha avuto l’ardire di non rilevare ‘la questione di merito essenziale del processò come la sentenza impugnatà, che è inficiata da ‘insanabile nullità’ per tutte le ragioni su evidenziate”; conclusivamente “si chiede che sia preliminarmente invitata la Dott.ssa L.G. ad astenersi dal presente processo ed, in caso negativo, atteso che sono stati sovrabbondantemente esposti i motivi specifici – sia di fatto che di diritto – ma anche addotto elementi di prova, si domanda, infine, che il Relatore predetto, sia surrogato da altro Magistrato”.

5. Preliminarmente, deve darsi atto che il procedimento camerale attivato con l’istanza di ricusazione è regolato dall’art. 53 c.p.c., comma 2, con le formalità partecipative ivi previste, quale disciplina speciale applicabile catione materiae rispetto a quella di cui al D.L. n. 168 del 2016, convertito con modificazioni dalla L. n. 197 del 2016 (Cass. SS.UU. n. 4098 del 2017).

6. Ad avviso del Collegio non ricorrono le condizioni per l’accoglimento dell’istanza di ricusazione.

7. Ai sensi dell’art. 52 c.p.c., comma 1, la parte può proporre la ricusazione “nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi”; tali casi sono delineati dall’art. 51 c.p.c., comma 1, e sono tradizionalmente suddivisi in due categorie a seconda che dipendano dal rapporto in cui il giudice si trova con l’oggetto della causa ovvero con le parti, collocandosi nella prima categoria l’avere “il giudice conosciuto del processo in altro grado” (art. 51 c.p.c., n. 4), che è l’unica ipotesi che richiama la pregressa attività del giudice e riguarda il medesimo processo, riferendosi al dato oggettivo della pregressa “conoscenza” (cfr. Cass. SS.UU. n. 16627 del 2014).

Per risalente ed incontrastato insegnamento di questa Corte si è affermato che l’art. 51 c.p.c. enumera in maniera tassativa i casi di astensione obbligatoria del giudice, ai quali soli corrisponde la facoltà di ricusazione ad iniziativa delle parti (Cass. n. 2455 del 1972; successivamente, tra le altre, Cass. SS. UU. n. 12345 del 2001; Cass. n. 12525 del 2003; Cass. SS.UU. n. 16627/2014 cit.).

Infatti, i casi di astensione e ricusazione, in quanto incidono sulla capacità del giudice e determinano una eccezionale deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di applicazione per via di interpretazione analogica (Cass. SS.UU. n. 665 del 1964; Cass. n. 22930 del 2017).

Ancora ai sensi dell’art. 52 c.p.c., comma 1, incombe su chi propone il ricorso individuare “i motivi specifici” per i quali ricusa il giudice tra quelli tassativamente elencati nell’art. 51 c.p.c., fornendo altresì i relativi “mezzi di prova”.

8. Ciò posto in diritto, nella specie parte ricorrente non indica specificamente per quale dei casi tra quelli dettagliati nell’art. 51 c.p.c. abbia inteso ricusare il giudice.

Dal rilievo che in ricorso si deduce che il Cons. L. apparirebbe “priva di terzietà, indipendenza ed imparzialità” in relazione alla proposta dalla stessa formulata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. discende che la parte istante ravvisa il “motivo” di ricusazione e la sua causa in detto provvedimento, il quale viene diffusamente criticato.

9. Il ricorrente, tuttavia, non si confronta con la giurisprudenza di legittimità in materia, che va qui ribadita ai fini del rigetto del ricorso.

9.1. Già con riferimento alla previgente disposizione di cui all’art. 380 bis c.p.c., che prevedeva la redazione da parte del relatore non già di una semplice proposta, come oggi avviene in conseguenza della novella di cui al D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. in L. n. 197 del 2016, ma di una “relazione con la concisa esposizione delle ragioni” che potessero giustificare la relativa pronuncia, questa Corte ha sancito che non era dato ricusare il relatore ad istanza delle parti in rapporto al contenuto della proposta. Come ricordato da Cass. n. 7541 del 2019 “si era evidenziato che la relazione delineata dall’art. 380 bis c.p.c., non era né un segmento di decisione sottoposto alla ‘approvazioné del Collegio né una qualificata opinione versata agli atti: era una proposta di definizione processuale accelerata che traeva le mosse dalla ricorrenza delle condizioni normative di cui all’art. 375 c.p.c., nn. 1 – 2 – 3 – 5 ed indicava alle parti ed al Collegio l’ipotesi di siffatta ricorrenza. Per rendere chiara e ‘discutibile’ tale proposta il relatore non doveva limitarsi ad una indicazione sintetica conclusiva ma doveva formulare una concisa relazione che, all’esito della sintetica narrativa, offrisse pubblica attestazione delle ragioni di fatto e di diritto alla base della proposta. Si è reputato quindi evidente che la relazione in questione non avesse efficacia decisoria e che la stessa non potesse in alcun modo considerarsi come una sorta di anticipazione del giudizio da parte del consigliere relatore (e per di più del collegio, che peraltro procedeva all’esame del ricorso solo dopo aver letto le memorie delle parti, con le loro osservazioni eventualmente critiche rispetto ai contenuti della relazione). Sempre in tale prospettiva si è assimilata l’attività del consigliere relatore, in questa fase, a quella che viene svolta dal giudice istruttore in applicazione dell’art. 182 c.p.c., con la conseguenza che non sussisterebbe alcun obbligo di astenersi né per il consigliere relatore, né per il presidente che ha fissato l’adunanza di camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., e ciò anche qualora il pubblico ministero o le parti private invochino la erroneità delle considerazioni svolte nella relazione” (in tal senso, v. Cass. n. 24140 del 2010; Cass. n. 18047 del 2008; Cass. n. 24612 del 2007; Cass. n. 9094 del 2007).

9.2. Tali conclusioni sono state tenute feline anche a seguito della novella dell’art. 380 bis c.p.c. (cfr. Cass. n. 2720 del 2020 e Cass. n. 7541 del 201.9).

La proposta di trattazione camerale che il consigliere relatore rivolge al presidente per la definizione nell’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., commi 1 e 2, come modificato nel 2016, per vero non si prevede neppure che possa e debba essere motivata, potendo essa contenere sommarie o schematiche indicazioni, ritenute dal presidente meritevoli di segnalazione alle parti, al momento della trasmissione del decreto di fissazione della camera di consiglio, al fine di una spontanea agevolazione nell’individuazione dei temi della discussione (cfr. Cass. n. 4541 del 2017). Piuttosto – in sede di Protocollo di intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l’Avvocatura generale dello Stato intervenuto in data 15 dicembre 2016 – si è convenuto che, “tenuto conto dell’esigenza Manifestata dall’Avvocatura di una adeguata informazione circa le ragioni dell’avvio del ricorso alla trattazione in adunanza camerale, e contemperata tale esigenza con la necessità di evitare che l’indicazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. si trasformi in una pur sintetica relazione, vanificando la portata innovativa della riforma”, la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. venga altresì notificata ai difensori unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza ed al relativo avviso, con una succinta motivazione.

Pertanto, tale “informazione circa le ragioni dell’avvio del ricorso alla trattazione in adunanza camerale”, in adempimento della regola protocollare, “se da un lato non equivale ad una motivazione dovuta per obbligo di legge, tanto meno può prospettarsi, poi, ai fini della ricusazione, come indebita anticipazione del giudizio ad opera del consigliere relatore” (così Cass. n. 2720/ 2020 cit.).

La volontà del legislatore di ridurre al minimo gli oneri motivazionali connessi alla proposta (sebbene poi temperata in sede di adozione del citato Protocollo) conferma la non decisorietà di tale atto, destinato semplicemente a fungere da prima interlocuzione tra il relatore ed il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la più ampia possibilità per il collegio stesso, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di poter confermare ovvero rivisitare la proposta anche mediante la soluzione, alternativa alla decisione in sede camerale, di rinvio della causa alla pubblica udienza come previsto dall’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c. (v. Cass. n. 7541 del 2019).

9.3. Risultano quindi non pertinenti, rispetto al giudizio incidentale azionato, le osservazioni rivolte al contenuto della proposta redatta dal Cons. L., così come quelle esposte in sede di discussione orale dall’Avv. Sassi, atteso peraltro che, secondo le Sezioni unite di questa Corte, la ricusazione non può “essere proposta (…) per l’adozione di un provvedimento giurisdizionale tipico, sol perché il detto provvedimento accolga una soluzione contraria all’interesse della parte. In altri termini, ove la ricusazione venga proposta addebitando al giudice di avere adottato o concorso ad adottare un provvedimento giurisdizionale tipico, al di fuori di quanto previsto dall’art. 51 c.p.c., n. 4, si è fuori dello statuto della ricusazione, non essendo individuabile nelle ipotesi tassative descritte nel citato articolo, richiamate dall’art. 52 come altrettante ipotesi di ricusazione, quella dell’adozione di un provvedimento che non accolga le istanze della parte” (in termini: Cass. SS.UU. n. 13018 del 2015).

10. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la condanna del ricorrente al pagamento della pena pecuniaria determinata in dispositivo, a mente dell’art. 54 c.p.c., comma 3.

Non vanno invece regolate le spese nei rapporti con la società controricorrente che non ha svolto attività difensiva nel procedimento di ricusazione.

Il testo della presente ordinanza deve essere comunicato, ai sensi dell’art. 54 codice di rito, comma 4.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna I.M. al pagamento della pena pecuniaria pari ad Euro 200,00.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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