Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20392 del 16/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5231/2015 proposto da:

B.E., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DAMIANO PALO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BATTIPAGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LULLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 941/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 25/08/2014 R.G.N. 129/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/03/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.

RILEVATO

1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta nei confronti del Comune di Battipaglia da B.E., custode addetto al Palazzetto dello Sport ***** dello stesso Comune, domanda volta alla condanna di quest’ultimo al pagamento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario, che il ricorrente aveva dedotto di avere espletato dal settembre 2001 al maggio 2005;

2. la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello, che il B. aveva formulato sul rilievo della sua non conformità alle prescrizioni di cui all’art. 342 c.p.c., nel testo novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. Oa), conv con modif. nella L. n. 134 del 2012;

3. essa, poi, ha accertato che la prova documentale e orale non aveva dimostrato che le prestazioni di lavoro straordinario, che il lavoratore aveva dedotto di avere espletato, fossero state autorizzate e, nemmeno, che l’autorizzazione fosse stata richiesta; ha ritenuto che l’autorizzazione preventiva e formale costituisce, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, presupposto indispensabile per il riconoscimento del diritto al compenso per l’espletamento di prestazioni di lavoro oltre l’orario ordinario di lavoro;

4. ha, poi, rilevato che, pur essendo rimasto provato che non tutto l’importo previsto nella Delib. 25 marzo 2004, n. 69, con la quale era stato riconosciuto ex post il diritto al compenso per lavoro straordinario, era stato effettivamente corrisposto al lavoratore, nondimeno, quest’ultimo nel ricorso introduttivo non aveva indicato, nemmeno in via subordinata, la misura della differenza eventualmente ancora dovuta in relazione alle ore indicate in detto atto;

5. avverso questa sentenza B.E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso il Comune di Battipaglia.

CONSIDERATO

Sintesi dei motivi.

il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5:

6. con il primo motivo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 342 c.p.c., dell’art. 348 bis c.p.c., nonché contraddittorietà e carenza di motivazione ed errore nei motivi e nei presupposti; imputa alla Corte territoriale di avere omesso di pronunciarsi sull’eccezione preliminare di nullità dell’appello proposto da Comune;

7. con il secondo ed il terzo motivo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 97 Cost., artt. 2041 e 2697 c.c., art. 111 Cost., nonché contraddittorietà e carenza della motivazione ed errore nei motivi e nei presupposti, per avere il giudice di secondo grado valutato malamente la documentazione, per avere errato nell’individuare i presupposti del diritto al compenso per il lavoro straordinario (secondo motivo) e per non avere il giudice di secondo grado attribuito l’esatto valore probatorio alla documentazione prodotta in primo grado e alle dichiarazioni dei testimoni (terzo motivo);

8. con il quarto motivo, violazione e falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare dell’art. 115 c.p.c., nonché contraddittorietà e carenza della motivazione ed errore nei motivi e nei presupposti, per avere il giudice di secondo grado fondato la sua decisione su circostanze e documenti non contestati da controparte nel corso del giudizio di primo grado.

esame dei motivi.

9. il primo motivo è inammissibile perché: a) il ricorrente non si è confrontato affatto con la statuizione con la quale la Corte territoriale ha preso in esame l’eccezione di inammissibilità dell’appello e l’ha rigettata, spiegando che il Comune aveva esposto in maniera adeguata le ragioni di censura formulate avverso la sentenza di primo grado; b) perché il ricorrente, pur avendo fondato la censura sulla dedotta genericità dell’atto di appello, non ha riprodotto nel ricorso il contenuto dell’atto di appello e la sentenza di primo grado, nelle parti salienti ed in modo idoneo a ricostruirne la portata, non ha allegato tali atti al ricorso e non ne ha indicato la sede di produzione processuale; va, al riguardo, ribadito che anche qualora venga dedotto un “error in procedendo”, rispetto al quale la Corte è giudice del fatto processuale, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012; Cass. nn. 20998/2019, 17140/2019, 15367/2014, 21226/2010; Cass. n. 19048/2016, quest’ultima concernente la non sovrapponibilità dei due requisiti);

10. sono inammissibili tutti i motivi di ricorso nella parte in cui imputano alla sentenza impugnata il vizio di motivazione contraddittoria perché: a) tale vizio è estraneo al rimedio impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che, nel testo oggi vigente, e applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 25 agosto 2014), consente solo la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. Un. 34476/2019 Cass. Sez. Un. 33679/2018, Cass. Sez. Un. 9558/2018, Cass. Sez. Un. 8054/2014); b) perché il ricorrente sollecita la rivalutazione del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità (Cass. Sez. Un. 8054/2014, Cass. Sez. Un. 24148/2013; Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007);

11. sono inammissibili i motivi che addebitano alla sentenza il vizio di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (secondo, terzo, quarto motivo), dell’art. 2697 c.c. (secondo e terzo motivo), dell’art. 97 Cost. (terzo motivo), dell’art. 111 Cost. (secondo e terzo motivo), dell’art. 2041 c.c. (secondo motivo), in quanto il ricorrente: a) non specifica in che modo e perché le norme richiamate nelle rubriche sono state violate e quali sono i principi di diritto asseritamente trasgrediti (ex multis Cass. n. 17178/2014 e giurisprudenza ivi richiamata); b) propone una diversa ricostruzione dei fatti e una diversa valutazione del materiale probatorio, per tal via prospettando una lettura alternativa delle risultanze di causa, inammissibile in questa sede (cfr. p. n. 10 lett. b) di questa ordinanza;

12. sono inammissibili le censure formulate con riferimento all’art. 115 c.p.c., per mancata applicazione del principio di non contestazione (quarto motivo), perché il principio di non contestazione riguarda i fatti storici, non la loro qualificazione giuridica (Cass. n. 26395/2016), e non può essere invocato al fine di limitare il potere/dovere del giudice di accertare, sulla base delle risultanze ritualmente acquisite, l’esistenza o l’inesistenza del fatto costitutivo della domanda (Cass. n. 26395/2016);

13. è inammissibile la censura (terzo motivo) che addebita alla sentenza impugnata l’omessa considerazione della domanda subordinata, formulata nelle note autorizzate depositate nel giudizio di primo grado, volta al pagamento del compenso relativo alle ore di lavoro straordinario riconosciute come effettuate e non retribuite; ciò perché essa è formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, nella lettura datane da questa Corte (cfr. p. n. 9, lett. b) di questa ordinanza); il ricorrente non riproduce, quantomeno nelle parti essenziali, il contenuto degli atti processuali sui quali è fondata la censura (scritti difensivi del giudizio di primo grado, Delib. 25 marzo 2004, n. 69), atti non allegati al ricorso e di cui non è indicata la specifica sede di produzione processuale;

14. il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

15. le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

16. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

PQM

La Corte;

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 11 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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