Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20424 del 16/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7974/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.D.;

avverso la sentenza n. 4755/64/2014 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata in data 18 settembre 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2021 dal Consigliere Dott. Grazia Corradini.

FATTI DI CAUSA

Con unico ricorso A.D. impugnò davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo due avvisi di accertamento con cui la Agenzia delle Entrate aveva provveduto sinteticamente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, alla determinazione, per le annualità di imposta 2005 e 2006, del reddito della contribuente, la quale non aveva presentato dichiarazione dei redditi.

La ricorrente contestò in parte i calcoli eseguiti dall’Ufficio nonché i presupposti dell’accertamento e la Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 147/1/2011, tenuto conto dei rilievi proposti dalla contribuente nel giudizio, ridusse l’imponibile per l’anno 2005 ad Euro 35.510,00 e per l’anno 2006 ad Euro 52.928,00, rigettando nel resto il ricorso.

Investita dall’appello della contribuente, che aveva lamentato la carenza di motivazione, nonché l’illogicità e l’incongruenza della sentenza e ancora la mancanza di un vaglio critico ad opera dei giudici di prime cure degli elementi che la Agenzia aveva posto a base della propria azione di recupero, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia, con sentenza n. 4755/65/2014, accolse l’appello e dichiarò illegittimo l’accertamento, poiché, avendo il redditometro natura meramente presuntiva e statistica, la motivazione dell’atto impositivo doveva essere corredata da ulteriori dati idonei a sostenere le risultanze e doveva contenere l’esito del contraddittorio necessario per adattare lo strumento al caso concreto, nonché le ragioni per le quali erano state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio ed inoltre la contribuente aveva provato la propria capacità reddituale in considerazione del reddito conseguito dal nucleo familiare nonché della capacità monetaria generatasi per effetto di disinvestimenti patrimoniali e finanziari.

Contro la sentenza di appello, depositata in data 18 settembre 2014 e non notificata, ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, affidato a cinque motivi, con atto consegnato dall’Avvocatura dello Stato all’UNEP della Corte di Appello di Roma in data 16 marzo 2016.

La contribuente non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

L’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse della parte patrocinata, come risulta dalle produzioni documentali in allegato al ricorso per cassazione, ha provveduto a consegnare all’UNEP della Corte d’Appello di Roma richiesta di notificazione alla controparte del ricorso per cassazione a mezzo posta in data 16.3.2015 (indicato come termine ultimo per la notificazione del ricorso) e che il funzionario UNEP nella stessa data ha provveduto a predisporre la notificazione, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., a mezzo del servizio postale nel domicilio fiscale di A.D. e presso lo studio dell’Avv. Antonio Biancato indicato come domiciliatario. Non risulta invece se le raccomandate siano state avviate per la notificazione e quale sorte abbiano avuto, poiché la Avvocatura dello Stato non ha prodotto alcun atto successivo e non ha presentato neppure richiesta di rimessione in termini.

Orbene, costituisce principio consolidato di questa Corte (v, da ultimo, Sez. 5 -, Ordinanza n. 8641 del 28/03/2019 Rv. 653531 – 01) quello per cui la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data, tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all’impugnante di provvedere a tale deposito, salvo che lo stesso ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale, a norma della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6, comma 1, un duplicato dell’avviso stesso (Cass., 1 ottobre 2015, n. 19623; Cass., 30 dicembre 2015, n. 26108; Cass., sez 6-5, 1 ottobre 2018, n. 23793). La prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica può essere data dopo la proposizione del gravame, fino all’udienza di discussione (Cass., Sez. Un., 12 maggio 2010, n. 11429). Pertanto, in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento ed in assenza di attività da parte dell’intimato, l’impugnazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.. Tuttavia, il ricorrente può domandare di essere rimesso in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., purché offra la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso.

Nella specie, però, l’Avvocatura Generale dello Stato, non solo non ha prodotto alcun atto comprovante l’avvenuta notificazione e non si è attivata a chiedere l’eventuale rilascio del duplicato della ricevuta di ritorno, ma non ha neppure richiesto di essere rimessa in termini o un differimento dell’udienza al fine di provvedere al deposito della ricevuta di ritorno, anche se questa Corte si è già pronunciata nel senso che un eventuale differimento d’udienza si porrebbe in manifesta contraddizione con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo stabilito dall’art. 111 Cost., posto che l’omessa produzione,.. determina in modo istantaneo ed irretrattabile l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione nonché il consolidamento del diritto della controparte a tale declaratoria (Cass., 28 aprile 2011, n. 9453). Inoltre, per questa Corte, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass., Sez. Un., 14 luglio 2016, n. 14594; Cass., Sez. Un., 24 luglio 2009, n. 17352). E neppure questo adempimento è stato rispettato dalla ricorrente.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, mentre non si deve provvedere sulle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva svolta dalla controparte.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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