Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20656 del 20/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21918/2014 R.G. proposto da:

Equitalia Sud S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Michela Gabriella Nocco, elettivamente domiciliata presso l’avv. Bianca Maria Casadei, in Roma, a via Cicerone n. 28;

– ricorrente –

contro

G.M., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Di Cicco, elettivamente domiciliato presso l’avv. Gianluca Ursitti, in Roma, a via Bacchiglione n. 3;

– controricorrente –

avverso la sentenza n.218/25/13 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, pronunciata in data 18 settembre 2013, depositata in data 25 settembre 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 febbraio 2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

RILEVATO

CHE:

Equitalia Sud S.p.A. ricorre con due motivi avverso G.M. per la cassazione della sentenza n. 218/25/13 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, pronunciata in data 18 settembre 2013, depositata in data 25 settembre 2013 e non notificata, che, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’iscrizione ipotecaria ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, avvenuta a seguito del mancato pagamento della cartella esattoriale per Irpef ed Irap 2006 (per la quale pendeva giudizio di opposizione presso la C.t.p. di Potenza), ha rigettato l’appello dell’Equitalia Sud S.p.A. avverso la sentenza della C.t.p. di Foggia, favorevole al contribuente;

con la sentenza impugnata, il giudice di appello, premesso che i beni oggetto d’iscrizione ipotecaria erano stati conferiti in un fondo patrimoniale, ex art. 167 c.c., per far fronte ai bisogni della famiglia, riteneva che, nel caso di specie, i debiti erariali non erano connessi a tale finalità, in quanto riguardavano l’attività imprenditoriale di uno dei coniugi;

pertanto, secondo la C.t.r., l’iscrizione ipotecaria risultava illegittima per violazione del citato art. 167 c.c.;

a seguito della notifica del ricorso, G.M. si costituisce e resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 24 febbraio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONDSIDERATO CHE:

la ricorrente preliminarmente chiede di essere rimessa in termini per l’impugnazione della sentenza, a causa della comunicazione tardiva del dispositivo di udienza, che le avrebbe impedito di impugnare tempestivamente la decisione della C.t.r.;

passando ai motivi di ricorso, Equitalia Sud S.p.A. denunzia la violazione degli artt. 167,169 e 170 c.c., contenenti la disciplina dell’istituto del fondo patrimoniale, nonché dell’art. 2697 c.c., sulla ripartizione dell’onere probatorio;

la Corte rileva l’inammissibilità del ricorso;

invero, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 37, prevede che “1. La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria entro trenta giorni dalla data della deliberazione. Il segretario fa risultare l’avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data.

2. Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di cui al precedente comma”;

l’art. 38, comma 2, prevede che “Le parti hanno l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti”;

a norma del successivo comma 3, “Se nessuna delle parti provvede alla notifica della sentenza, si applica l’art. 327 c.p.c., comma 1. Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notifica del ricorso e dell’avviso di fissazione di udienza”;

con orientamento consolidato, questa Corte ha affermato che la comunicazione del dispositivo a cura della cancelleria non determina il decorso del termine per l’impugnazione, in quanto il termine breve decorre dalla notifica della sentenza a cura della parte interessata, mentre il termine lungo, previsto in caso di mancata notifica, decorre dalla data di pubblicazione della sentenza, sostanzialmente coincidente con quella del deposito (cfr. Cass. S.U. n. 13794/2012);

il dies a quo per la decorrenza del termine lungo dell’impugnazione coincide con la data di pubblicazione della sentenza e non con la data di comunicazione del dispositivo, integrando tale adempimento un’attività meramente informativa, estranea al procedimento di pubblicazione (cfr. Cass. sez. VI, 17/08/2017, n. 20144);

tuttavia, nel giudizio tributario, la disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, prevede che l’art. 327 c.p.c., comma 1, non trovi applicazione nel caso in cui la parte, non costituita, non abbia avuto conoscenza del processo, per la nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza;

si ritiene che i due requisiti debbano entrambi coesistere, nel senso che, oltre alla nullità della notificazione del ricorso, idonea a giustificare la mancata costituzione della parte, non debba essere sopravvenuta la conoscenza del processo, sebbene derivante dalla comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza, non prevista per la parte non costituita;

coerentemente con la ratio della disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, la parte non costituita, che sia incolpevolmente all’oscuro del processo, decade dal potere di impugnazione con il decorso del termine lungo dal giorno di sopravvenuta conoscenza del giudizio;

sul punto, questa Corte ha precisato che “nel processo tributario l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, presuppone che la parte dimostri l'”ignoranza del processo”, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza” e che tale interpretazione è “conforme ai principi costituzionali e all’ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche” (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23323 del 15/10/2013);

nel caso di specie, la parte appellante ritualmente costituita nel giudizio innanzi alla C.t.r., ha regolarmente partecipato al giudizio e si duole unicamente della tardiva comunicazione del dispositivo della sentenza, che, a suo dire, le avrebbe impedito di esercitare tempestivamente il diritto di impugnazione;

pertanto, l’ipotesi non rientra tra quelle previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, non potendosi ravvisare la mancata conoscenza del processo per causa non imputabile, circostanza neanche dedotta dalla ricorrente;

la ricorrente, quindi, chiede preliminarmente la rimessione in termini, essendosi trovata nell’impossibilità di esercitare tempestivamente il diritto all’impugnazione, avendo ricevuto la comunicazione del dispositivo della sentenza solo in data 10 giugno 2014, oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza, avvenuto in data 25 settembre 2013;

l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, trova applicazione anche nel processo tributario, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, in caso di decadenza dai poteri processuali interni al giudizio o a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione;

tuttavia, in caso di ricorso proposto oltre il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non è applicabile l’art. 153 c.p.c., comma 2, se l’errore in cui il ricorrente assume di essere incorso non può ritenersi non imputabile (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 13305 del 26/05/2017);

come è stato detto, “Il contribuente costituito in giudizio deve rispettare gli ordinari termini di impugnazione anche se la segreteria della Commissione non comunica la data dell’udienza e del deposito della sentenza. Il contribuente costituito in giudizio ha l’onere di verificare lo stato del procedimento, senza doversi affidare alle comunicazioni della cancelleria. Infatti, anche ove non vengano trasmesse dalla Commissione le notizie sulla fissazione dell’udienza di discussione e sull’avvenuto deposito della sentenza, i termini di impugnazione rimangono quelli stabiliti per legge, senza possibilità di ottenere una rimessione in termini per non aver avuto contezza dell’esito del giudizio” (Cass., sez. VI, 14/10/2019, n. 25727);

ciò in quanto rientra nei compiti professionali del difensore della parte, che, come nel caso di specie, sia costituita in giudizio a mezzo di un avvocato, verificare, qualora non abbia ricevuto comunicazioni di cancelleria in una fase processuale in cui ne era destinatario, se a causa di un mancato adempimento di cancelleria siano state svolte attività processuali a sua insaputa;

sotto altro profilo, in fattispecie analoga a quella in contestazione, questa Corte ha ulteriormente chiarito che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, non trova applicazione in caso di decadenza conseguente ad errore di diritto, consistente nel ritenere che il dies a quo per l’impugnazione decorra dalla comunicazione del dispositivo e non dalla pubblicazione della decisione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5946 del 08/03/2017; conf. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4585 del 21/02/2020);

per i motivi esposti il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presuppostì processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

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