LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29237-2019 proposto da:
V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE SANZIO, 1, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MAZZELLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO PIERPAOLO PRINETTO;
– ricorrenti –
nonché contro AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 537/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 25/03/2019.
RILEVATO
che:
con atto di citazione del 6 luglio 2016 V.A. evocava in giudizio davanti al Tribunale di Torino, Equitalia Nord S.p.A. e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – direzione territoriale del lavoro di Torino, deducendo di avere appreso, a seguito di una visura eseguita presso Equitalia, dell’esistenza di una cartella di pagamento di Euro 53.561,93 a proprio carico, che risultava notificata il 14 marzo 2014. Lamentava che, al tempo della presunta notificazione, l’attore era stato cancellato dall’anagrafe dei residenti del Comune di Torino da circa due mesi, a seguito di un procedimento avviato d’ufficio dall’amministrazione comunale che ne aveva verificato l’irreperibilità all’indirizzo anagrafico originario. Ciò in quanto si era allontanato da casa per poi farvi ritorno, ottenendo la nuova iscrizione anagrafica con decorrenza 17 marzo 2015. Aggiungeva che, nonostante dette risultanze, il concessionario di riscossione aveva notificato la cartella ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e non attraverso l’affissione all’albo pretorio dell’avviso di avvenuto deposito del piego presso la casa comunale come richiesto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. c) ed e). Precisava di non aver avuto conoscenza neppure dell’ordinanza di ingiunzione di pagamento della Direzione Provinciale del Lavoro di Torino con la quale era stata irrogata la sanzione amministrativa per la violazione delle norme a tutela del lavoro, notificata anche essa, con le medesime formalità. L’irritualità della notifica della cartella di pagamento, secondo l’attore, avrebbe determinato l’estinzione della pretesa per decorso del termine prescrizionale di cinque anni;
il Tribunale di Torino, con sentenza dell’11 luglio 2017, affermava che il termine di prescrizione era quinquennale, riteneva irrituale la notifica, in quanto difforme dalle prescrizioni oggetto della disciplina del 1973, atteso il mancato espletamento delle ricerche da parte dell’ufficiale notificatore, presso l’indirizzo risultante dall’anagrafe del Comune di Torino. Conseguentemente, poiché il diritto si era prescritto, accoglieva la domanda attorea, condannando la società concessionaria al rimborso delle spese processuali;
avverso tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, rilevando che erano state osservate le modalità di notificazione e che, comunque, l’avvenuto conseguimento dello scopo rendeva inutile ogni ricerca. In secondo luogo, ribadiva la decennalità del termine, attesa l’irretrattabilità del titolo e contestava la regolamentazione delle spese. Si costituiva V.A. contestando i motivi di impugnazione;
la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 25 marzo 2019, rilevava che la cartella esattoriale aveva esaurito la propria efficacia, per cui sarebbe stata necessaria la reiterazione della pretesa di pagamento che, nel caso di specie, non era stata formulata, potendosi rinvenire solo una domanda di accertamento negativo in ordine alla sussistenza del credito già iscritto a ruolo. Rilevava che la scadenza del termine perentorio di opposizione non mutava il termine di prescrizione quinquennale in quello decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. Quanto alla notificazione, la riteneva rituale atteso che le modalità con le quali era stata espletata avevano determinato maggiori probabilità di raggiungimento dell’effettiva conoscenza dell’atto. Conseguentemente, accoglieva l’appello e, in parziale riforma della sentenza impugnata, respingeva la domanda di V.A., di accertamento negativo in ordine alla ragione creditoria, rappresentata dalla cartella in parola e condannava l’appellato al pagamento delle spese di lite;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione V.A. affidandosi a tre motivi. L’Agenzia delle entrate – Riscossione (ADER) si costituisce al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c. Parte ricorrente deposita memoria.
CONSIDERATO
che:
con il ricorso si censura il capo della sentenza nel quale il giudice di appello ha ritenuto che l’adozione delle formalità contemplate dall’art. 140 c.p.c. avrebbe verosimilmente consentito all’ufficiale incaricato della notifica di percepire circostanze (quali il nominativo sul citofono o sulla cassetta ovvero informazioni acquisite da altri residenti dello stabile) rilevatrici del collegamento tra il destinatario dell’atto e quel luogo, con conseguente potenziale conoscibilità della notifica. Il presunto espletamento di accertamenti circa la reperibilità del destinatario all’indirizzo in esame avrebbe richiesto, secondo il ricorrente, o la sussistenza dei presupposti per la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c. oppure la nullità della notifica, sanata dal raggiungimento dello scopo. Il primo gruppo di motivi si occupa della prima ipotesi, il secondo gruppo della seconda ed il terzo gruppo di censure esamina entrambe le affermazioni presuntive. In particolare:
con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 60, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La Corte territoriale avrebbe mancato di considerare il tenore della norma, che prevede che le variazioni dell’indirizzo del contribuente hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal 30^ giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica. Nel caso di specie, tale variazione si riferiva alla data del 17 gennaio 2014, con la conseguenza che gli adempimenti espletati tra la fine di febbraio e il 14 marzo 2014 rientravano nel periodo di opponibilità della variazione anagrafica. L’effettività delle risultanze anagrafiche e cioè l’irreperibilità del destinatario, era stata accertate d’ufficio dai pubblici ufficiali comunali, che avevano eseguito l’attività istruttoria precedente il provvedimento di cancellazione del ricorrente dall’anagrafe della popolazione del Comune di Torino, proprio per irreperibilità all’indirizzo in questione. La Corte territoriale non avrebbe potuto prescindere dall’esistenza di tale accertamento d’ufficio, trasfuso nel pubblico registro anagrafico;
con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 140 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oltre che la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 4, e del citato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. c) e e). La notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. presuppone l’esatta individuazione del luogo di residenza e si riferisce all’ipotesi di difficoltà di eseguire la notifica nelle mani del destinatario, per assenza temporanea e altri casi analoghi. Nel caso di specie, la cancellazione dall’anagrafe del Comune di Torino per irreperibilità, costituiva una circostanza pacifica, con conseguente inapplicabilità dell’art. 140 c.p.c. Pertanto, “congetturare” che il notificante avrebbe eseguito accertamenti in loco, non documentati nella relata di notifica, senza considerare il contenuto vincolante del certificato di irreparabilità, dotato di fede privilegiata, costituisce una violazione chiara delle norme indicate;
con il terzo motivo si lamenta la violazione l’art. 2729 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La sentenza impugnata avrebbe attribuito valore presuntivo a circostanze prive dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, desumendo dalla semplice esistenza di una notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. il positivo espletamento di indagini e il raggiungimento dello scopo della conoscibilità dell’atto;
la Corte territoriale avrebbe violato la disciplina della prova per presunzioni nella parte in cui ha fondato il ragionamento presuntivo solo sul fatto dell’avvenuta notifica. Tale circostanza, priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, non consente di ritenere dimostrata l’effettiva residenza o dimora o l’effettiva conoscenza o conoscibilità dell’atto;
inoltre, la Corte non avrebbe tenuto conto del dato documentale di senso opposto, costituito dall’accertamento d’ufficio dell’irreperibilità e la conseguente variazione anagrafica;
tali elementi – secondo parte ricorrente – erano caratterizzati da gravità, precisione e concordanza ai fini della inferenza, da esso, della conseguenza ignota;
con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e 115 c.p.c. La Corte territoriale avrebbe congetturato sull’esistenza di presunti accertamenti da parte dell’ufficiale postale, sulla base di atti smentiti dalle risultanze anagrafiche, senza considerare che il profilo della irreperibilità costituiva un dato pacifico e non contestato;
con riferimento all’insussistenza del raggiungimento dello scopo della notificazione, si deduce la violazione dell’art. 156 c.p.c.,. e l’omessa declaratoria di nullità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. rendendo così irrilevante l’eventuale raggiungimento dello scopo. La decisione impugnata non avrebbe dimostrato il conseguimento, comunque, della conoscenza dell’atto notificato e del suo contenuto. Questo in quanto le risultanze processuali non dimostrerebbero tale requisito, tant’e’ vero che la decisione si esprime in termini di semplice probabilità di raggiungimento dello scopo;
con l’ulteriore doglianza si lamenta la violazione delle disposizioni previste dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 oltre alla violazione degli artt. 24 e 101 Cost.. In particolare, se le formalità legali di notificazione richiedevano il deposito del piego presso la casa comunale e l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo pretorio, tali adempimenti sarebbero stati pacificamente omessi. Se si sostiene, al contrario, che tali modalità non erano idonee a offrire al destinatario una potenziale conoscenza, allora quelle disposizioni devono ritenersi incostituzionali. Ma in ogni caso, non sarebbe possibile disapplicare la norma sulla conoscenza legale derivante dall’affissione all’albo pretorio, individuando una diversa formalità atipica;
con riferimento a entrambi i capi gravati della sentenza, si deduce, altresì, la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4. La decisione impugnata sarebbe insanabilmente contraddittoria perché, da un lato, presuppone la nullità del procedimento di notificazione utilizzato (art. 140 c.p.c.) valorizzando il profilo del raggiungimento dello scopo, mentre dall’altro assume che lo scopo sarebbe stato raggiunto, in quanto il destinatario doveva presumersi effettivamente residente all’indirizzo in questione. Tale ipotesi di motivazione perplessa sarebbe sindacabile ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4;
preliminarmente, la questa Corte osserva che l’Agenzia delle Entrate, depositando atto di costituzione al solo fine della eventuale partecipazione all’udienza pubblica, ha sanato la nullità della notificazione del ricorso, giusta il seguente principio di diritto: “in tema di giudizio di legittimità, l’ultrattività del mandato in origine conferito al difensore dell’agente della riscossione, nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso avverso la sentenza pronunciata nei confronti dell’agente della riscossione originariamente parte in causa, poiché la cessazione di questo e l’automatico subentro del successore sono disposti da una norma di legge, quale il D.L. n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore “ex lege”, cioè l’Agenzia dell’entrate – Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’agenzia stessa, vuoi a seguito della rinnovazione dell’atto introduttivo del giudizio da ordinarsi – in caso carenza di attività difensiva della parte intimata – ai sensi dell’art. 291 c.p.c. presso la competente avvocatura dello Stato da indentificarsi nell’Avvocatura generale in Roma” (Cass. Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 2087 del 30/01/2020 – Rv. 656705 – 01);
i motivi vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi. Il giudizio di primo grado è stato introdotto con atto notificato il 6 luglio 2016, qualificato come opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c. Nell’atto di opposizione, infatti, si legge che, il riferimento all’art. 615 c.p.c. è in “ragione della natura della cartella, attesa la duplice funzione di comunicazione dell’estratto di ruolo di intimazione ad adempiere, corrisponde al titolo esecutivo e all’atto di precetto nel rito ordinario… inoltre, in ragione della natura della domanda, che essendo volta l’accertamento della estinzione per prescrizione del credito azionato, integra le caratteristiche di tale opposizione”;
nell’opposizione si precisa che, a seguito della notificazione della cartella esattoriale, dalla quale risultava l’iscrizione a ruolo di un importo a titolo di sanzione pecuniaria amministrativa, l’interessato “al fine di far valere fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, come la prescrizione, deve proporre opposizione all’esecuzione”. Infatti, l’opponente ha chiesto la dichiarazione di “estinzione, per intervenuta prescrizione, dei crediti inerenti o comunque conseguenti l’ordinanza ingiunzione della Direzione Territoriale del Lavoro, portante n. 1209/2010, notificata il 16 novembre 2010”;
conseguentemente, si tratta di una opposizione alla cartella, la quale ha natura di atto di precetto, con richiesta di declaratoria di estinzione per prescrizione del titolo azionato. L’opposizione, si fonda, tra l’altro, sulla nullità della notifica della cartella e sull’intervenuta prescrizione del diritto di credito azionato, concludendo per la nullità della notificazione e per la dichiarazione di estinzione;
dalle risultanze processuali emerge che nel giudizio di primo grado è stato esibito l’estratto di ruolo di Equitalia Nord (allegato n. 1, recante la data del 14 marzo 2016). Pertanto in applicazione dei principi espressi da questa Corte a Sezioni Unite, con le decisioni n. 22080 del 2017 e n. 7822 del 2020 (in motivazione), l’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria, ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione, deve essere proposta ex art. 617 c.p.c. e non nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.;
nei casi di dedotta inesistenza, mancanza o nullità della notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento, la conoscenza del primo atto esecutivo, in quanto idonea a far conseguire quella dei detti atti, il rimedio è quello dell’opposizione agli atti esecutivi di cui All’art. 617 c.p.c., comma 1;
le Sezioni Unite hanno chiarito che, nell’ipotesi – ricorrente nella fattispecie in esame – di contestazioni riferite alla notifica della cartella, lo strumento processuale da adottare per la eliminazione della cartella è quello dell’opposizione agli atti esecutivi. Successivamente, nell’ipotesi di rituale e tempestiva opposizione ex art. 617 c.p.c. il giudice del merito potrà esaminare la questione relativa all’estinzione del titolo;
nel caso di specie, la citazione relativa alla ritualità o meno della notifica della cartella costituisce un’ipotesi di opposizione agli atti esecutivi. Mentre, la richiesta di estinzione del credito, per intervenuta prescrizione, va qualificata come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.;
infatti, l’azione esercitata, essendo diretta a dedurre in prima battuta l’inesistenza o comunque la nullità della notifica della cartella, cioè dell’atto equivalente, nell’esecuzione esattoriale, alla notifica del titolo esecutivo, va qualificata, sotto tale profilo, un’opposizione agli atti esecutivi e solo in via subordinata a tale richiesta di accertamento, si prospettava, sul presupposto della mancata interruzione della prescrizione (appunto con la notificazione), una contestazione in ordine alla esistenza della pretesa esecutiva.
trattandosi di un’opposizione agli atti esecutivi, essa soggiaceva al termine di cui all’art. 617 c.p.c. e, dunque, risulta preliminare verificare se il giudizio è stato introdotto nei venti giorni da quando il ricorrente ha avuto conoscenza di fatto dell’avvenuta esecuzione;
tale termine, nel caso di specie, non è rispettato, atteso che la conoscenza del ruolo va riferita alla data del 14 marzo 2016, mentre l’atto di citazione è del 6 luglio 2016. Pertanto, l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. è tardiva;
conseguentemente l’opposizione agli atti non poteva essere proposta e la sua sorte assorbe la domanda subordinata relativa al (preteso) decorso della prescrizione, che costituiva profilo dell’opposizione all’esecuzione;
sussistono, pertanto, i presupposti dell’art. 382 c.p.c. secondo cui la Corte di Cassazione cassa senza rinvio “in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito”. Conseguentemente la decisione della Corte d’appello va cassata senza rinvio sul punto, in quanto la censura oggetto della opposizione agli atti esecutivi non poteva essere presa in esame, in quanto tardivamente formulata e ciò diversamente da quanto ha disposto la Corte d’appello, la quale ha valutato la questione, concludendo per la validità della notifica;
quanto all’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il profilo della eventuale nullità della notificazione non è stato ritualmente impugnato, perché, per quanto detto, l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) è tardiva. Conseguentemente l’appello non era ammissibile e ciò incide sulla opposizione all’esecuzione, avente ad oggetto la possibilità di interrompere il decorso del termine di prescrizione quinquennale;
inoltre, siccome l’opponente richiede espressamente di accertare l’inesistenza della cartella, neppure è possibile qualificare la citazione come domanda di mero accertamento negativo del credito, attesa la chiara ed esplicita richiesta di annullare la cartella;
ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito con riferimento alla opposizione ex art. 615 c.p.c., in quanto, in difetto di rituale censura sulla validità della notifica, l’opposizione all’esecuzione con la quale si chiede espressamente di dichiarare l’estinzione del credito per intervenuta prescrizione, deve essere rigettata;
quanto alle spese processuali, le stesse devono essere compensate, relativamente ai giudizi di primo e secondo grado, atteso che solo a seguito delle decisioni delle Sezioni Unite del 2017 la Corte di Cassazione, esaminando le due opzioni interpretative, ha chiarito le modalità processuali necessarie per far vedere le contestazioni riguardanti la notifica della cartella. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, alcun provvedimento va adottato atteso che Equitalia non ha depositato controricorso.
PQM
visto l’art. 382 c.p.c., comma 3, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, perché la domanda proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. non poteva essere proposta;
cassa la sentenza impugnata, relativamente alla decisione sulla opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione;
compensa integralmente tra le parti le spese di primo e secondo grado. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 23 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2729 - Presunzioni semplici | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2953 - Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 4 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 132 - Contenuto della sentenza | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 291 - Contumacia del convenuto | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 615 - Forma dell'opposizione | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 617 - Forma dell'opposizione | Codice Procedura Civile
Codice Penale > Articolo 156 - Estinzione del diritto di remissione | Codice Penale